Dunkirk – Recensione

Dunkirk” è il nuovo film di Christopher Nolan, uno dei registi più discussi del nuovo millennio. In molti lo amano, altrettanti lo detestano. Non ci sono vie di mezzo. “Dunkirk” sarà riuscito a convincere gli scettici, e a ripagare i nolaniani di lungo corso?

 

TRE PUNTI DI VISTA, UNA SOLA STORIA

Dal 27 maggio al 4 giugno 1940, il porto di Dunkerque fu teatro della drammatica ritirata dell’esercito britannico, cinto d’assedio e spinto verso la costa dalle truppe tedesche. “Dunkirk” si propone di raccontare lo storico evento da tre punti di vista diversi; i soldati sulla spiaggia, privi di ogni speranza se non quella di salire su una nave; i civili inglesi che, a bordo delle proprie imbarcazioni, partirono alla volta della Francia per salvare più uomini possibile; i piloti degli Spitfire, pronti a disinnescare gli attacchi aerei nemici.

 

Il film è dunque diviso in tre parti, che si alternano lungo tutta la durata della pellicola grazie al montaggio. A distinguerle, non soltanto i personaggi coinvolti, ma anche le differenti tempistiche degli eventi che si svolgono sulla terra, per mare e in aria. I civili hanno impiegato una giornata per raggiungere la costa francese, ma i soldati hanno atteso il loro arrivo per una settimana; l’intervento degli Spitfire si è invece consumato nell’arco di un’ora. La narrazione, come da tradizione nolaniana, diventa allora non-lineare, e sovrappone i tre piani temporali, anticipando e posticipando eventi a seconda dei diversi punti di vista. Un esercizio intellettuale che però si dimostra fine a sé stesso, come buona parte della pellicola. “Dunkirk” è un film che punta tutto sull’apparenza, lasciando poco spazio alla sostanza.

LA CONFEZIONE E’ DI LUSSO…

Il lato tecnico è ineccepibile. Nolan mette in gioco una regia ordinata, pulita, senza voli pindarici, che resta sempre molto vicina agli sfortunati protagonisti della vicenda per garantire il massimo dell’immedesimazione. Tutto quello che vediamo sullo schermo risulta concreto, reale e tangibile. L’utilizzo della CGI è ridotto ai minimi termini. Non è necessaria la sospensione dell’incredulità, perché abbiamo la sensazione che ogni cosa sia dannatamente autentica.

 

Questo anche grazie a effetti sonori da capogiro. Ogni sparo è foriero di morte, violento quanto il colpo di una cannonata. Il rombo nei cieli preannuncia l’arrivo dei caccia nemici, pronti a ghermire inesorabili le loro prede, che non possono far altro che sperare nella buona sorte. Ad accompagnare le vicende degli sfortunati soldati, ecco le inquietanti e nervose composizioni di Hans Zimmer, punteggiate dal ticchettio ansiogeno di un orologio. Poco spazio alla melodia, e tanto alla tensione. Un tappeto musicale che si fonde e diventa tutt’uno con le immagini, valorizzandole e diventando componente irrinunciabile della messa in scena.

 

…MA IL REGALO E’ DI SECONDA MANO

La confezione è perfetta. Quello che manca è il contenuto. Perché nonostante il regista faccia di tutto per immergerci nell’azione, per farci provare le stesse emozioni dei soldati, il risultato dei suoi sforzi è soltanto una mera ricostruzione documentaristica di un fatto realmente accaduto. La sceneggiatura semplicemente non esiste. I dialoghi sono pochi e scarni. Per scelta voluta, certo. Dinanzi ai critici che l’hanno sempre accusato di prolissità e di essere affetto dalla “sindrome dello spiegone”, stavolta Nolan ha optato per l’estremo opposto.

 

Senza avere una vaga idea dell’evento storico raccontato, è difficile capire cosa stia effettivamente succedendo. Manca una contestualizzazione. Mancano soprattutto i personaggi. La caratterizzazione dei soldati e dei civili che si muovono sullo schermo rasenta lo zero. Non c’è stato il minimo tentativo di costruire una vicenda umana coinvolgente. E’ vero, nella guerra tutti sono uguali, a maggior ragione quando si sta parlando di una vicenda corale. Ma, dato che la storia ci ha insegnato che un grandissimo numero di uomini è riuscito a mettersi in salvo, e dunque il finale è già scritto, sarebbe quantomeno opportuno farci temere per le sorti di qualche protagonista, farci sperare che sia proprio quel soldato che abbiamo seguito per 2 ore a mettersi in salvo. Invece, subentra l’indifferenza, e diversi risvolti della vicenda non colgono nel segno perché del destino di quei personaggi anonimi ci importa davvero poco.

Sopperiscono in parte al piattume generale le interpretazioni degli attori. Su tutti spicca quella di Tom Hardy, che riesce a farci temere in parte per le sorti del pilota che interpreta semplicemente perché sappiamo che è Tom Hardy. Altri grandi nomi, come quello di Kenneth Branagh, sono sprecati. Perfettamente inutile, inoltre, la narrazione non-lineare già menzionata. Un espediente che dovrebbe essere utilizzato per creare qualche colpo di scena ad effetto, e che si riduce invece a una mera cifra stilistica.

CONCLUSIONI

“Dunkirk” non è un brutto film, ma è il peggior film di Nolan. Un esperimento riuscito solo a metà. Lodevole l’intenzione di distaccarsi dalla produzione precedente, di rinunciare a sceneggiature complesse e svolazzi pindarici per concentrarsi sulla dura realtà, realizzando un film di guerra senza sentimentalismi e retorica. Esiste però una sana via di mezzo tra piagnistei e glacialità. E in questo caso, si sente solo tanto freddo.

Dunkirk
Pros
Regia
Colonna Sonora
Effetti Sonori
Messa in Scena
Cast di alto livello...
Cons
... ma sprecato
Caratterizzazione dei personaggi assente
Narrazione non lineare, inutile
La vicenda non è contestualizzata
Poco Nolan