LIFE – Recensione (NO SPOILER)

Quando la creatura è un vero e proprio ‘marziano‘, non si può far altro che aspettarsi un classico film, pieno di altrettanto classici stilemi di genere.

LIFE è un ottimo alien-movie, che nulla aggiunge al panorama di pellicole già esistenti ma che in nessun modo delude la fame di intrattenimento dello spettatore.

Le lodi sciorinate da diversi recensori sono forse eccessive, nella mia modestissima opinione. La resa estetica, tecnica e di atmosfera del film sono estremamente piacevoli, ma oltre a questo nulla rimarrà nella memoria del pubblico come elemento proprio e caratterizzante di questo LIFE.

Non vorrei in nessun modo peccare di superbia nel dire che, forse, a tanti recensori o semplici amatori come il sottoscritto servirebbe una rinfrescata di pellicole affini, più o meno recenti, per notare che niente di ciò che viene mostrato in questo ultimo horror – sci-fi non sia già stato raccontato dallo sguardo di altri registi e dalla penna di altri sceneggiatori.

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Fin troppo semplice rimandare il pensiero in primo luogo alla saga di Alien, con particolare riferimento al primo capitolo (Ridley Scott, 1979), dal quale viene presa l’anima orrorifica a piene mani e riversata senza tante correzioni in questo film di Espinosa.

Più puntuali sono invece i richiami a cult contemporanei quali “Moon” (Duncan Jones, 2009) o anche prodotti quali “Gravity” (Alfonso Cuaron, 2013), il fin troppo recente per essere fonte di citazione “Arrival” ( Denis Villeneuve, 2016) o lo storico “Terrore dallo Spazio Profondo” (Philip Kaufman, 1978) soprattutto per certi caratteri somatici della creatura aliena.

Difficile approfondire l’analisi del film senza concedersi qualche riferimento alla pellicola, integrando la temutissima fattispecie dello Spoiler, vero nemico dell’uomo moderno. Quindi credo di preferire finire qui la parte accessibile a chiunque non voglia anticipazioni, e proseguire con una sezione direttamente rivolta a chi il film l’abbia già visto.

Nel complesso ci tengo, però, a sottolineare la mia completa benevolenza nei confronti di LIFE. Il film mi ha davvero divertito, mi ha portato a scomodi picchi di disagio in diversi frangenti e mi ha fatto uscire dalla sala soddisfatto da un ottimo blockbuster di puro intrattenimento. Ciò che NON fa questo film è stupire. Nulla vi sconvolgerà, nulla vi ingannerà. Questo non significa che non siano due ore ben spese davanti allo schermo.

Iniziamo quindi con la parte più ‘spoilerosa‘.

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Il film mi si è piantato in testa idealmente diviso in due principali tronconi, non che risultino malamente assemblati durante la visione, ma che più semplicemente siano due forme narrative diverse, delle quali ho certamente preferito la prima.

Credo sia immediatamente dopo la straordinaria scena di morte del personaggio interpretato da Ryan Reynolds che si possa piazzare l’ipotetico divisore tra i due principali tranci di pellicola.

Fino a quel momento la regia partecipa attivamente in qualità di elemento narrativo: la scelta del lunghissimo piano sequenza iniziale, coadiuvato in montaggio da evidenti innesti in CGI, ma anche il consapevole collocamento della macchina al fianco dei personaggi in osservazione dei primi esperimenti in laboratorio, costruiscono una efficacissima strategia volta al portare lo spettatore a bordo della stazione internazionale. Le vicende nello spazio, nella prima mezz’ora, finiscono per risultare molto più ordinarie di quanto lo sia un bagno di folla a Time Square, ormai troppo distante ed esterno. Con l’avvento della tragedia, lo stile cambia bruscamente e inevitabilmente.

La storia non può più concedere spazi allo stupore, alla ricerca o alla scoperta di ciò che di straordinario è stato reperito nello spazio. Rimangono solo più l’orrore, la claustrofobia, il bisogno di uscire. L’irruenza con la quale subentra l’azione ed il ‘thrilling’ scalza l’immersività e l’empatia instaurata con i protagonisti a bordo. Lo spettatore diventa osservatore esterno. La voglia di uscire dal laboratorio durante il massacro operato sul corpo di Reynolds viene a mancare. Quel che resta è desiderio di salvezza per i caratteri in scena, non empatico ma puramente umano. Come umano è l’odio ineluttabile nei confronti della creatura.

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Funziona più che a dovere lo scontro tra la volontà di abbandonare tutto e scappare e la necessità di assicurarsi che Calvin non arrivi sul suolo terrestre. Elemento da non sottovalutare, perchè altrimenti il film sarebbe stato soltanto un chiedersi per due ore perchè non abbandonare tutto e tornare poi con quattro fucili a pompa per arto.

Mi rimangono alcune riserve logiche in testa, dalle più semplici alle più puntigliose, ma nessuna di queste riesce a spezzare la sospensione dell’incredulità che senz’altro è ossigeno per film del genere.

Insomma, LIFE è un ottimo modo per spendere un paio d’ore con un bel prodotto contemporaneo di fantascienza, senza rinunciare alla giusta dose di gore e di tensione. Come spesso accade, alcuni film nascono per soddisfare durante la visione, senza necessariamente fornire pane di cui cibare la mente nei giorni successivi. I colpi di scena non sono tali ma non sfigurano nel cercare di esserlo, il design della creatura è interessante, ma ispirato a tante bestie già sepolte nella storia del cinema.

La trama di Alien, il finale di Moon, l’ambientazione di Gravity (senza boiate ed errori di fisica elementare), una spolverata di scelte visive prese da Invasion of the Body Snatchers, la curiosità per la scoperta di Arrival: tutto collabora alla resa di un film per il quale non rimpiango i soldi del biglietto.

Si noti che, non a caso, la stessa locandina del film riporti “Entertaining as Hell”. Nessun riferimento al terrore o all’originalità, solo all’ottimo intrattenimento che il film porta con sé.

Ora resta capire come e quando Calvin incontrerà Peter Parker. (Mai, ndr).

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