Toy Story: rivelata l’incredibile storia del padre di Andy?

Tutti voi avrete almeno una volta visto un Toy Story e vi sarete accorti dell’assenza del padre di Andy in tutti e tre i film. Ma perché non si vede? Cosa gli è accaduto?

Queste domande sono salite alla ribalta proprio oggi nel momento in cui Mike Mozart, appassionato di giocattoli e artista, ha da poco pubblicato un video su YouTube in cui mostra le varie teorie, secondo lui certe, della mancanza del padre di Andy. Mozart ha dichiarato che è stato proprio il co-autore di Toy Story, Joe Ranft, morto nel 2006, a rivelargli la verità perché amici di lunga data.

Le parole di Mozart nel video sono comunque queste:

“Non è una teoria, non è la versione di un fan, è la verità di uno degli autori della Pixar che ha davvero lavorato al film e che conosceva tutta la storia.”

La teoria è la seguente:

La vicenda inizia quando Andy, il padre omonimo del nostro protagonista, era solo un bambino, negli anni ’50. La famiglia di Andy Sr. era parecchio povera e non avevano i soldi per permettersi di comprare le numerose scatole di cereali Cowboy Crunchies necessarie per ottenere il pupazzo di Woody. Il bambino [Andy Sr.]  decide, quindi, di inviare all’azienda tutto ciò che era in suo possesso pur di ricevere il cowboy giocattolo, ma quest’ultima interrompe improvvisamente il concorso a causa del nuovo interesse dei più piccoli verso lo spazio e gli astronauti. Nonostante questo però una segretaria dell’azienda commossa del gesto del bambino decide di inviare lo stesso il pupazzo di Woody ad Andy.

La storia non si conclude purtroppo con un lieto fine. Andy Sr. ad un certo punto si ammala di polio e dato che il vaccino non era ancora distribuito a tutte le famiglie il bambino è costretto a bruciare gran parte delle sue cose, riuscendo però a salvare Woody, Mr. Potato e il cane Slinky e decide di inscatolare i giocattoli.

“Sceriffo Woody, devo andare via per un po’, devo andare in un ospedale lontano ma ti prometto che tornerò per te, devi solamente dormire un po’… ti voglio tanto bene”

La salute, con il passare del tempo, migliora, Andy Sr. cresce ed incontra la mamma di Andy. Purtroppo Andy padre si ammala di nuovo e la famiglia torna a vivere nella casa dei genitori di lui, i nonni del protagonista. Il bambino che si vede nelle foto appese, dunque, non è il figlio Andy Jr.(il protagonista), bensì il padre: ecco perché è fotografato mentre indossa degli occhiali e senza i denti davanti. Prima di morire, il padre decide quindi di chiamare Andy in camera sua e gli dona una piccola chiave dicendogli che in soffitta avrebbe trovato qualcuno disposto a diventare il suo migliore amico.

“Hai bisogno di un amico ed io vorrei che tu avessi il mio più caro amico di quando ero bambino” .

Questo sarebbe il motivo per cui Andy ama così tanto Woody, perché gli ricorda il papà.

Per Mozart, la sua spiegazione riempirebbe molti buchi lasciati dal film: “Chi sono le persone rappresentate nelle foto che si vedono salendo le scale? Perché il camion dei traslochi è quasi vuoto? Perché Woody non ricorda nulla dei precedenti proprietari e non sa quali altri giocattoli fossero nella linea di produzione dei cereali? Se fosse stato in un negozio, lo avrebbe saputo”.

Inoltre essendo stati inseriti nella scatola da Andy Sr. ancora bambino, Woody e gli altri non avrebbero notato la differenza in quanto ritirati fuori da un Andy con più o meno con la stessa età del padre nel momento in cui li rinchiuse.

Una teoria davvero interessante e parecchio strappalacrime, ma Disney e Pixar hanno subito smentito la versione della storia e anzi Andrew Stanton, co-autore, l’ha subito definita una notizia falsa tramite Twitter:

“Una notizia completamente falsa. Tornate tutti a casa. Non c’è niente da vedere qui!” usando l’hashtag “I Was There!”.

https://twitter.com/andrewstanton/status/878729189540728832

Ovviamente Stanton potrebbe benissimo non esserne mai venuto a conoscenza ed essere questa solamente la versione del compianto Ranft o potrebbe trattarsi di una storia inventata da Mozart ma una cosa è certa, vera o non vera, nessuno ci toglierà la libertà di sognare, cosa che la Pixar insegna da anni.

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