Spider-Man – Homecoming: Un’amichevole recensione di quartiere [NO SPOILER]

Spider-Man

Dopo anni di speculazioni, “Spider-Man: Homecoming” è finalmente tra noi. L’improbabile unione tra Sony e Marvel Studios ha partorito un frutto proibito, un film che si pone l’ambizioso compito di farci affezionare al terzo Uomo Ragno in 15 anni, contestualizzandolo nell’universo degli Avengers senza dare la sensazione di già visto. Una missione impossibile che “Spider-Man: Homecoming” riesce a portare a termine con successo, e con il sorriso sulle labbra.

TUTTO CAMBIA PER NON CAMBIARE


Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”: così scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo“. Una citazione che gli sceneggiatori di “Spider-Man: Homecoming” devono conoscere molto bene, e di cui hanno fatto tesoro. Rispetto alla trilogia di Raimi e ai due “Amazing” di Webb, tutto è diverso: nuovi comprimari, nuovo villain, nuova zia, nuovo costume. Soprattutto, nuovo Spidey. Eppure si respira un’incredibile aria di familiarità. E’ uno Spider-Man diverso, ma al contempo è lo Spider-Man di sempre. Eccolo, il paradosso. Per innovare, si è ritornati alle radici fumettistiche del personaggio. Il Peter Parker di Tom Holland è l’amichevole Uomo Ragno di quartiere che abbiamo sempre sperato di vedere sullo schermo. Il più fedele alla controparte cartacea. Se siete dei lettori di lungo corso del fumetto, vi conviene tenere aperti gli occhi e le orecchie alla ricerca di riferimenti e citazioni che vi faranno gongolare. E’ vero, la fedeltà non dev’essere considerata come valore positivo assoluto. Ma in questo caso, dinanzi a un film che abbonda di rivisitazioni e riletture di situazioni e personaggi storici, comprese alcune che faranno storcere il naso a più di un purista, Spider-Man rappresenta una certezza inamovibile. E’ impossibile non voler bene a questo personaggio estremamente umano, fallibile, che si rapporta alla realtà popolata dagli Avengers con stupore e timore reverenziale, ma anche con intraprendenza e voglia di fare.

UN TONY STARK DI TROPPO?

Spider-Man: Homecoming” è pienamente inserito nel Marvel Cinematic Universe, e ci pensa un certo Iron Man a far penetrare il concetto anche tra i più duri di comprendonio. Una presenza, quella di Tony Stark, potenzialmente molto ingombrante, e che rischiava di soverchiare il povero Peter. Fortunatamente, così non è. Il miliardario in armatura compare in poche scene, senza strafare, e si rivela essere non solo una figura “genitoriale” credibile, ma anche un’ottima spinta propulsiva per l’evoluzione di Spider-Man. Se Tony non è di troppo, il costume high-tech che ha fornito a Peter rischia di essere un elemento snaturante. Le funzionalità più avanzate della tuta vengono utilizzate soltanto nella fase intermedia del film, e costituiscono più che altro un ostacolo per il personaggio. Spider-Man, per fortuna, dimostra di poterne fare a meno, ma il rischio di tramutarlo in un Iron-Boy nei sequel è concreto. Gli sceneggiatori dovranno essere abili ad utilizzare i vari elementi con parsimonia.

QUELLO E’ GANKE? QUELLA E’ UNA MILF?

Di sicuro gli autori sono stati impeccabili nel creare il giusto equilibrio tra la vita scolastica e la carriera supereroistica dell’Uomo Ragno. Proprio tra le fila dei banchi di scuola, albergano alcune delle scene più divertenti. Merito del cast di giovanissimi attori, affiatati e ben assortiti, e soprattutto merito di Ganke. Ops, volevo dire Ned Leeds. Ned, interpretato da Jacob Batalon, è il comedy relief che qualsiasi film vorrebbe avere. Divertentissimo, mai fastidioso, ben dosato lungo tutto l’arco della narrazione. Ned è, soprattutto, un personaggio utile ai fini della narrazione, non soltanto in maniera concreta, ma anche come confidente prediletto di Peter. Mi ha convinto meno, invece, la zia May di Marisa Tomei, qui di insospettabili origini italiane. Origini che, ovviamente, vengono messe in mostra facendola gesticolare ampiamente, e rendendola un pò una macchietta. La sua presenza è invero molto risicata, ma quantomeno pone le basi per interessanti dinamiche future.

ATTENTI ALL’AVVOLTOIO

Nessuna perplessità, invece, per l’Avvoltoio di Michael Keaton, che titaneggia sull’intero cast. Il tallone d’Achille dei film del Marvel Cinematic Universe è ormai noto ai più: i villain. Monodimensionali, poco carismatici, dimenticabili. L’Avvoltoio è tutto l’opposto. In effetti, la sua caratterizzazione non è particolarmente innovativa, ma funziona. Il suo movente è chiaro, quasi condisivibile. In alcuni frangenti incute timore, grazie soprattutto all’espressività di Keaton, eppure quasi ci dispiace che sia cattivo. Dopo Ego, l’Avvoltoio è un altro villain Marvel in controtendenza, e per questo decisamente promosso. Peccato solo che il duello finale tra lui e Peter non si risolva in maniera molto appagante. L’espediente utilizzato è perfettamente in linea con il messaggio del film, ma rimanda la consacrazione dello Spider-Man di Tom Holland come eroe a tutto tondo a data da destinarsi.

CONCLUSIONI

Spider-Man: Homecoming” dimostra che l’unione tra due opposti può funzionare. Due opposti rappresentati non solo dalla dicotomia tra Sony e Marvel, ma anche da quel connubio tra originalità e tradizione, tra libera rivisitazione e rispetto della fedeltà, che ha dato vita ad un blockbuster fresco, divertente, e che lascia sazi ma al contempo inappagati, desiderosi di volerne di più.

Spider-Man: Homecoming
Spider-man
Pros
Tom Holland è uno Spider-Man perfetto
L'Avvoltoio è un ottimo villain
Presenza di Iron Man adeguata
Comedy relief irresistibile
Ottimo equilibrio tra vita privata e supereroistica
Cons
Alcune riletture possono far storcere il naso
Costume troppo high-tech
Finale dello scontro Spidey-Avvoltoio
Zia May