Il panorama di produzioni giapponese è vario e capace di conquistare i gusti di quasi chiunque. Non servono botte, sangue, robottoni o capelli improbabili per raccontare una storia capace di toccare argomenti importanti e spesso non considerati.
La Forma della Voce affronta il tema del bullismo, l’incapacità di sentire (fisicamente e non) chi ci sta intorno e l’età dell’adolescenza in due ore di film.
Basato sull’omonimo manga di Yoshitoki Ohima, edito in sette volumi nel 2015, trasposto in film da Kyoto Animation e diretto da Naoko Yamada ha ricevuto consensi di pubblico e critica per la veridicità di quanto raccontato.
La Forma della Voce è arrivato nei nostri cinema grazie a Dynit e Nexo Digital lo scorso ottobre, per poi essere disponibile in Blu-ray quest’anno, sempre ad opera di Dynit.
Cogliamo l’occasione dopo la visione dell’edizione speciale, di parlare di uno dei film d’animazione migliori degli ultimi anni, sperando di convincervi a dedicargli un paio d’ore del vostro tempo.
Bullismo e sordità
Shoya è un bambino di sesta elementare, adorato da tutta la classe per la sua stravaganza e indole comica. Shoko è una nuova alunna, che purtroppo soffre di sordità, e chiede ai suoi nuovi compagni di scrivere su un quaderno quando vogliono rivolgerle la parola. Mentre lei è aperta al dialogo, Shoya inizia subito a trattarla male, bullizzandola nei modi più atroci. Da un semplice grido nell’apparecchio acustico, a strapparglieli dall’orecchio e gettarli nel fiume, il ragazzino si fa odiare dallo spettatore fin dai primi istanti.
Non sembra assolutamente lo stesso liceale che nei primi minuti del film vende ogni suo oggetto, pronto a farla finita gettandosi da un ponte.
Man mano che il minutaggio prosegue, gli atti di bullismo di Shoya aumentano, tra colluttazioni fisiche e verbali, i lragazzino ha manforte anche del resto della classe, e di alcuni soggetti in particolare.
Shoko continua a reagire col sorriso, cercando di fare buon viso a cattivo gioco, facendo infuriare sempre di più lo stesso Shoya. All’ennesimo apparecchio strappato, la mamma di Shoko decide di cambiarle scuola, denunciando la presenza di bulli nella classe della figlia. Qui la vita di Shoya cambia ed inizia ad andare a pezzi. Il bullo diventa la vittima degli scherzi dei compagni per il resto dell’anno, e alle medie viene isolato anche da quelli che reputava i suoi migliori amici.
La Forma della Voce cerca di farci empatizzare con Shoya, spinto al limite come Shoko prima di lui, e pronto al suicidio.
Redenzione
Ovviamente, i ltentativo no nva a buon fine, e Shoya decide di cambiare la sua vita con tutte le difficoltà del caso. Innanzitutto dovrà ottenere il perdono di Shoko, dimostrandogli di essere cambiato e cresciuto dai tempi della scuola elementare. La Forma della Voce prosegue il suo viaggio mostrandoci il crescendo nel rapporto dei due ragazzi. Lei, con il sorriso sempre sul volto anche nelle situazioni più cupe, lui, capace di rialzarsi e aprirsi pian piano, dimostrando davvero di essere cambiato. Attorno ai due protagonisti un cast di comprimari variegato ognuno col proprio problema, e che purtroppo nel film no ntrova ovviament el ostesso spazio del manga. Spiccano particolarmente Yuzuru, la sorella di Shoko, e Nagatsuka, ragazzo cicciottello protetto da Shoya che ne diventerà il migliore amico.
Tutto il film è un viaggio empatico al fianco dei due protagonisti. Ogni volta che Shoko fa “sentire” la propria voce, è un nodo in gola, il cercare di esprimersi nonostante la difficoltà tocca non solo lo stesso Shoya, ma anche lo spettatore.
La Forma della Voce è un’ottima produzione, sentimentale al punto giusto e ben animata. Il percorso di redenzione di Shoya è veritiero e ben riprodotto, con metafore illusorie capaci di trasmettere il giusto messaggio a chi guarda.
I contenuti speciali
Buone le voci italiane, con un Federico Campaiola ben calato nella parte a guidare un cast in grado di trasmettere le stesse emozioni del doppiaggio originale. Questa volta mi trovo a elogiare anche l’edizione speciale Home Video di Dynit che, a differenza di quanto visto per The Dragon Dentist, è veramente ricco di contenuti speciali e di un booklet degno di questo nome (60 pagine di storyboard e approfondimenti). Oltre ai soliti trailer e clip promozionali, troviamo infatti i tre video musicali delle main theme del film, interviste allo staff e soprattutto un mini documentario sulle vere location in cui è ambientato. Un’edizione che va ben oltre la presenza del film in due lingue, e che si colloca in maniera ottima nelle librerie degli appassionati di animazione Giapponese.