Il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sul Copyright. Cosa cambia adesso?

La controversa direttiva sul Copyright è stata approvata, ecco cosa comporta adesso.

Oggi il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sul copyright contenente tutte le nuove regole inerenti il diritto d’autore. La votazione è avvenuta stamattina presso l’aula di Strasburgo e la direttiva è passata grazie a 348 sì, 274 no e 36 astenuti. Le nuove norme imposte dall’Unione Europea riguardo al copyright includono salvaguardie alla libertà di espressione e consentiranno a creatori ed editori di notizie di negoziare liberamente con i giganti del web del calibro di Google e Bing.

La commissaria Ue al digitale Mariya Gabriel ha dichiarato:

“È un momento cruciale per la cultura europea, per l’economia digitale, per la difesa dei nostri valori Ue. La nuova direttiva permetterà di adeguare il diritto d’autore al Ventunesimo secolo a vantaggio di autori, interpreti, giornalisti, editori, produttori di film e musicali. Il testo sosterrà la nostra stampa e il settore creativo.”

Cosa succede adesso?

Adesso dopo il via libera del Parlamento Europeo servirà soltanto il benestare del Consiglio Europeo. Il testo è stato formulato nel 2016 dalla Commissione Europea con l’ambizione di diventare uno dei pilastri del digital single market, ovvero il mercato unico digitale. Si tratta di uno spazio economico comune che riproduce l’assenza di barriere al pari di quello fisico. Da quel lontano 2016 sono passati ormai tre anni e nel frattempo sono stati inseriti e proposti un numero impressionante di emendamenti che hanno scatenato una lotta tra favorevoli e contrari comprese le lobby.

La direttiva della Commissione (0593/2016) si proponeva come un aggiornamento dell’attuale legge sul copyright datata 2001 adeguando, quindi, gli articoli di legge di allora ad un mercato totalmente cambiato. All’epoca il testo era stato adattato al primo sito di e-commerce ovvero eBay, ma tutti sappiamo come in “soli” 18 anni le cose siano profondamente cambiate. L’obiettivo è quindi quello di salvaguardare un elevato livello di protezione del diritto d’autore e dei diritti connesso adattando le norme sul diritto d’autore ad un mercato sempre più monopolizzato da colossi internazionali che fatturano sull’uso gratuito di contenuti realizzati da terzi.

Sostanzialmente le piattaforme che monetizzano sull’intermediazione di opere altrui come Google, YouTube e simili, devono responsabilizzarsi e assicurare la stipula di licenze che in qualche modo possano legittimare i proprietari dei diritti o la rimozioni dei contenuti protetti da copyright. A garantire queste condizioni vi sono i tanto discussi articoli 11 e 13 che oggi sono diventati rispettivamente 15 e 17.

Cosa cambia nel modo di usare internet?

Questi due controversi articoli hanno raggiunto notorietà perché introducevano la tanto discussa link tax (tassa sui link) e un upload filter (un filtro sul caricamento dei contenuti). Nel testo, però, approvato non c’è traccia né di uno né dell’altro. Ad esempio l’articolo 15 stabilisce che gli Stati membri debbano provvedere affinché gli autori delle opere incluse in una pubblicazione di carattere giornalistico ricevano una quota adeguata dei proventi percepiti dagli autori per l’utilizzo delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione. In poche parole, dato che gli autori di un contenuto editoriale veicolato dalle piattaforme online come ad esempio Google News non ricevono spesso alcun compenso, adesso devono essere remunerati dai propri editori a loro volta pagati per i contenuti inseriti negli aggregatori digitali.

La finalità di questa direttiva sarebbe quella di incentivare gli accordi e quindi è probabile che una maggiore garanzia di retribuzioni passi per accordi bilaterali tra editori e aziende digitali. L’articolo 17 sancisce invece che un prestatore di servizi di condivisione di contenuti online deve pertanto ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti attraverso una licenza. Se, infatti, un contenuto protetto da copyright viene caricato senza licenza, le piattaforme si prendono tutte le responsabilità della violazione a meno che non possano aggrapparsi ad alcune eccezioni come per esempio l’aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione o aver agito tempestivamente per disabilitare l’accesso agli utenti indisciplinati o impedirne il gesto in futuro.

La norma generale dovrebbe, però, rivolgersi solo alle aziende di grosse dimensioni dato che l’articolo 17 limita ed esclude le responsabilità di società con un fatturato inferiore ai 10 milioni di euro o che abbiano meno di tre anni di attività. In ogni caso nel corso dell’iter legislativo sono sparite varie misure che all’inizio del dibattito avevano suscitato estese perplessità e timori fra gli attivisti di Internet, fra cui alcune norme che avrebbero vietato l’uso dei meme – cioè le immagini satiriche tratte spesso da un film o una serie tv – limitato l’attività delle enciclopedie online come Wikipedia, e proibito l’uso dei cosiddetti snippet, cioè i brevi estratti di testo con cui gli articoli di giornale vengono indicizzati sui motori di ricerca.