365 giorni – La Recensione

365 giorni, il film che è schizzato in cima alla classifica dei più visti di Netflix

365 giorni di imbarazzo e cattivo gusto

Partiamo dal presupposto che non si possono recensire solo cose che ci piacciono e/o ben riuscite. Anzi, a volte è proprio con queste recensioni che si può mettere in guardia le persone dal guardare certi film. Film, che anche solo chiamarli tale è un errore madornale.

Stavolta è il caso di 365 giorni, film Netflix tratto dalla trilogia di romanzi – anche se forse sarebbe meglio chiamarli Harmony – di Blanka Lipińska. La pellicola è schizzata in cima alla classifica dei più visti di Netflix ed è lecito chiedersi come mai, visto il disagio dilagante e costante dall’inizio alla fine.

Ma veniamo al dunque.

365 giorni, per la regia di Barbara Białowąs e Tomasz Mandes, racconta la storia di Massimo (Michele Morrone) e Laura (Anna Maria Sieklucka). Boss mafioso lui, pubblicitaria lei, si incontrano in Sicilia durante una vacanza di quest’ultima, messa in piedi per tentare di salvare il rapporto con il compagno Martin (Mateusz Lasowski). Incontro che poi incontro non è, visto che Laura viene letteralmente sedata e rapita da Massimo, che si approfitta di un momento in cui lei si perde – in maniera del tutto no sense – per i vicoli di un paesino. Ma perché Massimo la rapisce, vi starete chiedendo. Il motivo è uno, assurdo e inverosimile: cinque anni prima, poco dopo essere rimasto vittima di una sparatoria, ha avuto una visione stile apparizione di Fátima, dove ha visto il volto di una donna… volto che riconosce in Laura. Perciò ha deciso di farla sua. Lei inizialmente cerca di ribellarsi alle pretese di Massimo, ma lui la costringe comunque a rimanere insieme per 365 giorni, tempo necessario affinché Laura si innamori.

Da qui in poi, il baratro.

Quello che salta subito all’occhio e fa storcere il naso, è la romanticizzazione della mafia, inserita solo per dare una parvenza di caratterizzazione al personaggio di Massimo – sì perché in questo film è inutile dire che i protagonisti sono assenti da qualsiasi introspezione psicologica. Massimo è un boss mafioso, che abusa e non ha rispetto per nessuno; eppure è anche “buono”, perché uccide solo chi se lo merita davvero… come se uccidere in alcune circostanze fosse giusto. La mafia rimane così da sfondo e non viene fatto alcun discorso critico riguardo questo tipo di organizzazione criminale.

Insomma, già così potete capire l’alto livello del film. Ovviamente, come se non bastasse, la recitazione è pessima e i dialoghi sono imbarazzanti; non perché venga utilizzato un linguaggio sconveniente, ma perché sono orrendamente irrealistici, con il protagonista che dice cose alla stregua di un ragazzino alle prime esperienze. Una frase su tutti, che verrà ripetuta almeno un milione di volte, è quella che usa per approcciarsi a Laura:

Ti sei persa, bambolina?

Anche quando questa povera martire stava semplicemente cercando il bagno.

365 giorni dovrebbe raccontare una storia d’amore intrisa di drama ed erotismo, con la presunzione di mettere in scena sequenze di sesso spinte, invece il risultato finale è quello di un film porno pudico. Un paradosso.

È bene mettere in chiaro che questo film non è una storia d’amore, al più può essere considerato un film sulla Sindrome di Stoccolma.

365 giorni è vero emblema della violenza domestica, della donna vittima di un “padre padrone” che la obbliga a fare cose che non vuol fare. E poco importa se lei cambia idea, o si ribella svuotandogli il portafogli per ripicca, con scene di defilé che Ciao Darwin spostati. Qui, ciò che c’è di più sbagliato è l’oggettivazione della donna, e la donna che accetta di diventare oggetto. E la cosa grave è che lo fa perché sotto coercizione, non perché realmente crede di volere quel tipo di rapporto.

Ma ciò che c’è di ancora più disgustoso in questo film, è che non è nemmeno un film che fa finta di affrontare il tema del sadomasochismo, come poteva essere 50 sfumature di grigio (che in confronto è oro colato). Se lì, infatti, ci veniva mostrata una relazione in cui, pur rappresentata in maniera errata, c’era un dominatore e una sottomessa che poteva un minimo giustificare la costruzione della storia, qui questa tematica è totalmente assente.

Per chi non lo sapesse, la pratica del sadomasochismo presuppone che da parte di entrambi ci sia il desiderio di sentirsi chi da un lato sottomesso/a, chi dall’altro dominatore/trice. La/il sottomessa/o è colui/colei che è masochista, che prova uno strano piacere nel farsi del male e che vuole cedersi completamente al dominatore proprio per questo motivo, così come quest’ultimo vuole avere il controllo di tutto e desidera che la vittima sia a sua completa disposizione. Di fondamentale rilievo è che, entrambi, convivono con un disturbo psicologico che li porta ad agire in questo modo e, soprattutto, sono consenzienti.

Il problema è che Massimo non esercita il ruolo di dominatore come voleva farci credere Mr. Grey in 50 sfumature di grigio, peggio pretende di averla come esclusiva perché è stato convinto, da un’assurda visione, che Laura sia il suo destino. E siccome lui è un maschio alpha, potente, che ottiene sempre quello che vuole, così dovrà farlo anche con lei e lei lo dovrà accettare.

In conclusione, purtroppo di 365 giorni non si salva niente, però potreste trovarlo divertente, nella sua assurdità, se ogni tanto siete soliti guardare film orrendi per risollevarvi una giornata storta… anche non garantiamo nulla delle conseguenze che potrebbe avere sulla vostra salute mentale.