Generazione 56K – Recensione della nuova serie Netflix ideata dai The Jackal

La serie di Francesco Ebbasta

Netflix e i The Jackal per la prima volta insieme

Generazione 56k è una vera sorpresa. Non si può davvero dire altro sulla serie ideata co-sceneggiata da Francesco Ebbasta, uno dei fondatori dei The Jackal. Dalle prime voci sulla sua uscita il prodotto poteva ingannare, si parlava di una serie dei The Jackal quindi ci si immaginava qualcosa in linea con il lavoro dell’intero gruppo, invece Generazione 56k è una serie solo con la collaborazione dei The Jackal. In particolare Francesco Ebbasta, uno dei fondatori del gruppo comico, che è ideatore, co-sceneggiatore e regista (di 4 episodi) di questa serie. Quello che ci troviamo davanti, infatti, non è una commedy che porta su Netflix lo stile dei The Jackal che conosciamo, ma una commedia romantica che si distanzia notevolmente da quello a cui siamo abituati dal gruppo comico.

Sinossi

Ambientata tra Napoli e Procida, vent’anni dopo aver stretto un legame nell’era del modem a 56k, Matilda e Daniel (interpretati da Angelo Spagnoletti e Cristina Cappelli) si incontrano di nuovo per caso. Finiranno per vivere una relazione destinata a rivoluzionare il loro mondo e che li costringerà a fare i conti con il passato e con quella parte più pura e vera di se stessi che, in modi opposti, hanno dimenticato. Con loro, gli amici di una vita di Daniel, Luca e Sandro (Gianluca Fru e Fabio Balsamo dei The Jackal), i quali completano questo ritratto – ricco di contraddizioni – della generazione dei Millennial, travolta alle soglie dell’adolescenza negli anni ’90 dall’arrivo di Internet e che oggi vede nella tecnologia un elemento indispensabile, perché offre velocità, connessioni e infinite possibilità. Ma orientarsi in questa varietà di opzioni non è sempre facile.

Come ho esordito, Generazione 56k è una vera sorpresa. Questo non vuol dire necessariamente che la serie è eccezionale. La serie sorprende, innanzitutto, per il distanziarsi dalle aspettative rivolte al coinvolgimento dei The Jackal, che inizialmente si pensava potessero essere un fulcro centrale della narrazione. In realtà, del gruppo comico questa serie ha solamente alcune sfaccettature e il coinvolgimento di alcuni membri del team. Fru e Fabio sono due degli attori principali della serie, svolgono la loro parte di spalla comica con la stessa verve a cui siamo abituati ma in una ambientazione completamente diversa. Il membro dei The Jackal che sicuramente rientra di più nella definizione di sorpresa della serie è sicuramente l’ideatore del progetto Francesco Ebbasta. Infatti, il cofondatore del gruppo comico, è anche la mente che sta dietro a Generazione 56k, che l’ha sceneggiata e per quattro episodi l’ha anche diretta in modo davvero eccellente.

Ma allora cosa c’è di sorprendete in questa nuova serie di Netflix? Rispondere a questa annosa domanda che mi ha assillato per alcuni giorni non è stato semplice. Generazione 56k non è brillante, innovativa e ammaliante, è una serie semplicissima e non sembra proprio niente di straordinario. Però, dopo la prima visione è facile fare breccia nello spettatore, farlo divertire e anche emozionare. Nella sua semplicità, nel suo sapere perennemente di già visto, la serie ideata da Francesco Ebbasta diventa una piacevole parentesi che tocca delle corde superficiali che probabilmente non venivano toccate da un po’. Quello che sorprende, quindi, è la genuinità con cui la storia di Daniel e Matilda vuole farci emozionare, la semplicità della vita di questi ragazzi che affrontano problemi sentimentali nel disperato tentativo di trovare quel posto che per tanti sembra sperduto. Generazione 56k è la rappresentazione di una generazione, del loro primo approccio al mondo e del loro attuale disorientamento, fatto con superficialità ma di genuina intenzione ed emozione.

Le intenzioni sono ottime, la messa in scena è piacevole e gli attori sono tutti gradevoli. Nonostante questo la serie ha delle criticità da non sottovalutare, che non riescono a rendere la nuova serie Netflix del tutto positiva. Nell’insieme ci sono dei problemi di ritmo, di scrittura e di struttura. La durata degli episodi riesce a tenere botta a quello che è il prodotto in se, ma nonostante tutto Generazione 56k ha dei cali di ritmo e delle puntate nettamente più sottotono di altre che rischiano un po’ di appesantire la visione. Quando ci si vuole, giustamente e intelligentemente, staccare dalla leggerezza dei momenti topici della serie, Generazione 56k non riesce a dare il giusto tono e il giusto peso ai quei momenti, appesantendo il ritmo per poi fondamentalmente ritrovarsi con un risultato non proprio soddisfacente. La colpa è proprio nel come viene affrontato un tema dai vari membri, che spesso si trovano a grattare solo la superficie emotiva della questione. Rimane anche evidente che non è un problema di assenza di capacità nel trattare tematiche, ci sono temi principali dei protagonisti che non sono trattati superficialmente, quindi si può desumere che con ogni probabilità è la colpa di una struttura che non permette di inserire determinate situazioni così trattate in quei pochi spazi.

Generazione 56k è un prodotto che non va sottovalutato, con del potenziale che non va assolutamente trascurato. Il talento di Ebbasta è evidente anche all’esterno di quello su cui siamo abituati a vedere. Così come la bravura di Fru e Fabio nel ruolo di attori da serie tv, fuori dagli schemi classici che li vedono impegnati quotidianamente nel loro ruolo. Generazione 56k è un piacevole ritratto di una generazione che ha vissuto a cavallo di una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche del mondo. È una storia di sentimenti semplice che ci fa ricordare come sia semplice l’amore anche nelle sue difficoltà e di come sia semplice l’amicizia nonostante i litigi e le incomprensioni. Tocca corde che spesso vengono dimenticate o che vengono date per scontante. Certo è che i difetti non mancano, non è una serie capolavoro con cui strapparsi i capelli e si capisce che il progetto è forse più acerbo di quello che realmente vorrebbe essere. Alla fin dei conti, però, rimane un piacevole intermezzo per le serate estive, per quei momenti in cui ci si vuole rilassare guardando qualcosa di leggero e fresco che fa ridere ed emozionare con semplicità.