Il più grande difetto di Don’t Nod è allo stesso tempo anche il suo più grande pregio: non cambiare mai.
Fondata nel 2008 da Oskar Guilbert, Don’t Nod ha iniziato la sua ascesa nel mondo dei videogiochi con Remember Me, titolo d’azione basato sul freeflow combat creato da Rocksteady. Eppure, in quell’opera action, era evidente sin da subito l’abilità del team francese nel dare vita a storie appassionanti e dalla narrativa mai banale. La conferma di questa predisposizione arriva poi nel 2015, con la pubblicazione del primo (storico) capitolo di Life is Strange. Da allora, a parte un paio di esperimenti, Don’t Nod ha continuato a creare titoli story driven dalle atmosfere sospese tra l’onirico e il nostalgico.
Lost Records: Bloom & Rage è solo l’ultimo tassello di un puzzle che ormai ha trovato la sua nicchia di appassionati. Appassionati che non hanno la pretesa di mettere le mani su un gameplay rivoluzionario, bensì di farsi cullare da storie ben scritte e da atmosfere rese possibili solamente dalla software house francese. Come abbiamo avuto modo di affermare nel corso della recensione del primo dei due episodi che compongono quest’opera, Lost Records: Bloom & Rage ci è perso un progetto molto interessante. Un titolo dalle basi solide, dalla narrativa appassionante e, seppur più lento degli altri progetti targati Don’t Nod, altrettanto affascinante. Dopo due mesi abbiamo potuto finalmente mettere le mani sula seconda parte dell’avventura di Swann, Nora, Autumn e Kat. Sarà riuscita a emozionarci e a chiudere perfettamente il cerchio, oppure Lost Records rimarrà solo un progetto riuscito a metà? Seguiteci per scoprirlo.

TAPE 2 – RAGE
Eviteremo di entrare nello specifico della prima parte di Lost Records: Bloom & Rage per non rovinare l’esperienza a coloro che attendevano questa seconda parte per poterci giocare. La trama dell’ultima fatica di Don’t Nod ruota attorno a Swann e alle sue amiche, che si trovano a vivere un’esperienza paranormale nell’estate del 1995. In una cittadina americana che sembra uscita dalle storie di Stephen King, le ragazze dovranno quindi fare fronte al mistero che striscia nei boschi di Velvet Cove e, allo stesso tempo, cercare di sopravvivere alle difficoltà dell’adolescenza. Lo scorso episodio si è concluso con un colpo di scena, che ha impattato sulle vite di tutte le ragazze sino ai giorni nostri.
In un costante gioco di flashback e flashforward, anche questa seconda metà di Lost Records continua con il medesimo ritmo della precedente. Un ritmo dilatato e che si prende sempre il proprio tempo per trasmettere una malinconia a tratti piacevole. Peccato, però, che le sezioni più “frenetiche” non mantengano la stessa qualità, risultando in alcuni casi persino forzate. In ogni caso, il lavoro sulla scrittura dei personaggi ci ha convinti ancora una volta, nonostante alcuni innegabili scivoloni. Ci riferiamo al personaggio di Corey, che risulta stereotipato e banale, e ad alcuni dialoghi del presente, che sembrano non arrivare mai al punto, dando la sensazione di star solo allungando il brodo.
Il risultato finale è comunque più che soddisfacente e, seppur non memorabile, possiamo affermare che la trama di Lost Records: Bloom & Rage ha saputo emozionarci non poco in alcuni precisi frangenti. Don’t Nod, dopotutto, rimane comunque una garanzia sul piano narrativo.

IL SOLITO, GRAZIE!
Difficile descrivere questa seconda parte di Lost Records senza ripetere parola per parola quanto affermato nella recensione del primo episodio. Questo perché il team francese ha preferito giocare sul sicuro e ha dato vita a un titolo in linea con il primo Life is Strange e Tell Me Why. Ecco che troviamo quindi delle aree da esplorare, dei dialoghi a scelta multipla da prendere che modificano i rapporti con i vari NPC e un’attività secondaria (le riprese con la videocamera) inserita per dare qualcosa da fare ai giocatori tra una sequenza narrativa e l’altra. Questo è forse un male? Assolutamente no, ma è innegabile che ci avrebbe fatto piacere notare un pizzico di inventiva in più o magari uno sfruttamento migliore delle capacità registiche di Swann.
Possiamo, però, tirare le somme sulle scelte narrative prese nel corso di queste due “puntate”. La percezione è quella di aver modificato alcuni elementi di trama, ma allo stesso tempo di aver preso delle scelte senza una precisa direzione. Affermazione vera soprattutto per quanto riguarda le sequenze nel presente, che spesso abbiamo trovato tanto accessorie narrativamente quanto poco soddisfacenti sul piano ludico. Don’t Nod ha inoltre fatto gran uso di risposte multiple che si attivano in base alla direzione guardata. Se si nota un dettaglio, infatti, verrà aggiunta una linea di dialogo che potrebbe aiutarci nella conversazione. Si tratta di un’aggiunta che reputiamo interessante, ma che poteva essere meglio implementata nella struttura del gameplay. Speriamo comunque che possa essere ripresa in futuro dagli sviluppatori e che le venga data maggiore dignità.

BELLO DA VEDERE, STUPENDO DA SENTIRE
Ancora una volta le sensazioni provate durante il primo episodio sono tornate a farsi sentire in questa seconda parte. Visivamente il gioco risulta più che godibile, con le sezioni nel presente come fiore all’occhiello dell’esperienza. La cura riposta nei volti e nei dettagli del bar che visitano le protagoniste della storia ci hanno davvero lasciato senza parole, facendoci desiderare un’intera avventura con la medesima qualità. Quando ci si sposta nel 1995, infatti, tornano tutte quelle limitazioni tipiche di Don’t Nod, come i muri invisibili e le aree dalla qualità altalenante.
Impossibile, però, non rimanere ammaliati dal comparto sonoro, forte delle canzoni cantate dai Milk & Bone e dalla soundtrack realizzata dalla tripletta Ruth Radelet, Net Walker e Adam Miller. Ogni nota musicale ha lo scopo di suscitare nostalgia, malinconia, delicatezza e dolcezza. Ancora una volta, quindi, il team francese ha dimostrato una sensibilità unica nella composizione delle tracce, emozionandoci come ha ormai imparato a fare da molti anni. Segnaliamo, per i non anglofoni, che il gioco è interamente doppiato in inglese, ma presenta i sottotitoli in italiano. Doppiaggio che, ancora una volta, ci ha convinti grazie a prove attoriali degne di nota e perfettamente in linea con le precedenti opere di Don’t Nod.
LOST RECORDS: BLOOM & RAGE (TAPE 2), IL COMMENTO FINALE
Questo secondo episodio risulta essere la perfetta continuazione di quanto visto (e giocato) lo scorso febbraio. Qualcuno potrebbe lamentarsi del fatto che non ci siano stravolgimenti di sorta o che non sia presente un’impennata nella qualità della storia, ma la verità è che Lost Records: Bloom & Rage funziona comunque nella sua semplicità. La storia di Swann e delle sue amiche ha saputo toccare diverse note nel nostro cuore e, se amate le opere di Don’t Nod non rimarrete di certo delusi da quest’ultima fatica del team francese. Speriamo però che in futuro gli sviluppatori decidano di azzardare un po’ di più, magari dando vita a un titolo in prima persona con la qualità delle sequenze ambientate nel presente. Una scelta che li farebbe uscire dalla confort zone, permettendo comunque loro di mantenere intatta la loro capacità di raccontare storie emozionanti e dal mood inimitabile.