NBA 2K26 perfeziona la formula con un gameplay più fluido, realistico e spettacolare, grazie alla ProPlay Engine e a nuove meccaniche. La carriera è coinvolgente e la resa tecnica eccellente. Tuttavia, restano molte ombre sulle microtransazioni.
Quando si entra nell’universo dei videogiochi sportivi, tra le serie più apprezzate e longeve è impossibile non citare NBA 2K. Fin dal suo debutto nell’ormai lontano 1999, il lavoro di Visual Concepts è passato dall’essere un ambizioso simulatore di basket a una vera e propria istituzione annuale capace di dettare standard incredibili in termini realismo, ricchezza di contenuti e varietà di modalità per una longevità pressoché infinita. Basti pensare alla modalità La mia CARRIERA e Il mio GIOCATORE che hanno rivoluzionato il genere o alla città liberamente esplorabile e piena di altri giocatori, simbolo per eccellenza della continua ricerca di innovazione.
Oltre alle luci, tuttavia, sono arrivate e persistono alcune ombre difficili da ignorare come le microtransazioni pervasive e invasive e scelte di monetizzazioni talmente aggressive da intaccare l’esperienza di gioco complessiva. Scopriamo di più in questa recensione di NBA 2K26.
Versione testata: PlayStation 5
Tante novità tecniche
Prima di analizzare le modalità di gioco, è giusto soffermarsi sul cuore dell’esperienza: il gameplay e il comparto tecnico. Visual Concepts ha perfezionato ulteriormente entrambi gli aspetti, proseguendo sulla strada già intrapresa negli ultimi anni. L’intelligenza artificiale continua a svolgere un ruolo chiave, elaborando nuove animazioni basate su filmati reali dell’NBA, ma in questa edizione il sistema appare più rifinito e coerente. Il risultato è evidente: NBA 2K26 è visivamente spettacolare. Che si tratti delle animazioni, delle espressioni facciali o della cura messa nell’atmosfera generale, il titolo resta ancora una volta il punto di riferimento assoluto tra i giochi sportivi, con un impatto scenico e una bellezza difficilmente eguagliabili.
Allo stesso tempo le ambientazioni delle arene NBA sono riprodotte con un’accuratezza impressionante, sia dal punto di vista visivo che sonoro. L’immersione è totale, e per quanto riguarda l’impatto visivo, si può davvero parlare di un risultato vicino alla perfezione. Addirittura anche il pubblico ha acquisito una vera diversità (modelli, oggetti di scena, braccialetti LED diversi) e questo rende l’atmosfera durante i momenti decisivi vivace e realistica. Il commento tecnico amplia il ventaglio di commentatori e sottolinea i momenti chiave con tagli cinematografici e replay più drammatici, in particolare le presentazioni speciali dei Mondiali e delle cerimonie di premiazione con angolazioni a 360° che conferiscono quell’atmosfera da “televisione”.

A livello di animazioni, NBA 2K aveva già introdotto nella versione precedente la tecnologia ProPLAY, che permetteva di trasferire nel gioco i movimenti reali dei giocatori NBA tramite motion capture. In questo nuovo capitolo, però, si va oltre, con l’aggiunta dei cosiddetti Tiri in post preferiti. Questa nuova meccanica consente di attivare animazioni specifiche e realistiche, come ad esempio la doppia finta seguita da tiro di Nikola Jokic, semplicemente mantenendo lo stick sinistro verso l’alto mentre il giocatore è in posizione di post con il grilletto sinistro premuto. Si tratta di un’aggiunta che arricchisce ulteriormente l’autenticità del gameplay, premiando chi conosce le caratteristiche dei vari giocatori NBA.
Il ritmo complessivo delle partite, inoltre, è più rapido e fluido che in passato anche grazie ad animazioni ancora più precise. La ProPLAY Engine fa un lavoro impeccabile e, quindi, se nelle scorse edizioni il passaggio da un movimento all’altro sembrava spesso artificioso o “meccanico”, ora le transizioni sono naturali e continue, eliminando quella sensazione robotica che spezzava l’immersione. Il risultato è un gameplay più armonioso e credibile, con movimenti che sembrano davvero ispirati a partite reali.
Al contempo questa fluidità porta NBA 2K26 ad allontanarsi leggermente dal taglio di simulazione rigorosa per abbracciare un’impostazione più arcade e immediata. Una scelta che sicuramente divide la community: i puristi potrebbero rimpiangere un approccio più tattico e ragionato, mentre chi cerca partite spettacolari e dinamiche troverà un gameplay fresco e divertente.

Anche sotto il profilo del gameplay più tecnico non mancano novità interessanti. Tra le più evidenti vi sono le meccaniche di passaggio: adesso è possibile effettuare passaggi più angolati e difficili da intercettare premendo due volte il tasto del passaggio. Hanno subito uno svecchiamento pure le combinazioni usate per le giocate più spettacolari che ora sono state modificate e richiedono l’uso simultaneo di due tasti, rendendo il tutto più vario e strategico.
Ottima gestione anche della direzione dei blocchi che può essere gestita in maniera più precisa, grazie a una nuova funzione che permette di orientare la telecamera mantenendo premuto il tasto dedicato e muovendo rapidamente lo stick destro. Al contempo serve ancora lavorare molto sulla difesa: contenere l’avversario e impedirgli penetrazioni o conclusioni efficaci rimane complicato. Va riconosciuto, però, che le squadre controllate dall’IA sfruttano con intelligenza schemi e caratteristiche individuali dei propri campioni, aumentando il senso di autenticità.
Per quanto riguarda il tiro a canestro, questo è ritornato a NBA 2K23: durante un tentativo, appare una barra di precisione accanto al giocatore e trattenendo il pulsante di tiro la si riempie fino a raggiungere l’area verde; rilasciando nel momento giusto, il tiro ha successo. La grande novità è che l’area valida non è fissa, ma varia in base a posizione, difesa, condizioni fisiche del giocatore e altri fattori. È stata anche introdotta una nuova possibilità per i giocatori specializzati nel catch & shoot: mantenendo premuto il grilletto sinistro prima di ricevere il pallone, il rilascio del tiro risulterà più rapido, dando un vantaggio nei tempi di esecuzione.

Una delle modifiche più significative riguarda però la conclusione degli alley-oop. In passato bastava premere il tasto di tiro al momento giusto per completare la giocata; ora, invece, nelle due difficoltà più alte, sia offline che online, la finalizzazione non è più automatica. Compare un tasto casuale all’ultimo momento che va premuto con prontezza, rendendo l’esecuzione più impegnativa e meno prevedibile. Una scelta ben precisa degli sviluppatori, pensata per evitare che l’alley-oop diventi un’escamotage troppo semplice in situazioni di gioco complicate, soprattutto nelle partite competitive online.
Tutte queste novità possono essere esplorate e padroneggiate attraverso l’eccellente tutorial, disponibile sia nel menu principale che all’interno del proprio campo in modalità Carriera. Un passaggio quasi obbligato per chi vuole sfruttare al meglio ogni aspetto del nuovo sistema di gioco. Il sistema si dimostra molto più accessibile rispetto allo scorso anno e adesso il tempismo diventa quasi naturale dopo poche partite e i primi canestri arrivano rapidamente, riducendo la frustrazione che caratterizzava NBA 2K25. Non mancano, però, degli squilibri poiché con il ritorno delle abilità GOAT, miglioramenti temporanei e peculiari in base al ruolo del giocatore che si sbloccano superando alcuni obiettivi, ci sono delle meccaniche che risultano eccessivamente potenti, come ad esempio il tiro da tre punti.
Un mondo ricchissimo di cose da fare
Per i giocatori solitari, la carriera rimane il fulcro dell’esperienza. L’editor è stato ulteriormente potenziato, permettendo di creare un avatar con un livello di personalizzazione più dettagliato che mai (si possono personalizzare perfino le scarpe!). Il percorso di MP, denominato Out of Bounds e che parte dalle palestre di periferia per arrivare ai parquet NBA passando anche per un’interessante parentesi europea, è narrato con la consueta cura cinematografica di Spike Lee. Nonostante alcune forzature narrative e rivali piuttosto stereotipati, il percorso è credibile e cattura bene la pressione e la determinazione necessarie per entrare nel mondo dei professionisti. È un passo avanti importante, anche per il messaggio di fondo: solo pochissimi ce la fanno, e ognuna delle loro partite è una battaglia.

La nuova Città, più compatta e meglio ottimizzata, rappresenta un altro miglioramento notevole. Gli spazi vuoti e i tempi di caricamento infiniti sono finalmente un ricordo. Anche piccoli fastidi del passato, come l’ingresso forzato dalla galleria prima di ogni partita NBA, sono stati eliminati. All’interno della Città ci sono anche dei minigiochi come per esempio la pista da corsa, una delle sorprese più inaspettate.

Qui si può gareggiare in go-kart, da soli o contro altri giocatori online, persino con gli amici. I vincitori settimanali ottengono ricompense davvero notevoli. È una modalità piacevole, anche se non eccezionale: i kart avrebbero bisogno di qualche ritocco, soprattutto nella gestione delle curve, e l’interfaccia e il design del tracciato sembrano alquanto affrettati. Nel complesso resta comunque un minigioco simpatico, anche se avrebbe potuto essere sviluppato con più cura e colore, l’impressione è che sia stato aggiunto all’ultimo minuto. Inoltre si può girare per la Città liberamente con il proprio go-kart e il caos sia visivo che sonoro con tutti i giocatori presenti è veramente fastidioso.
Tutto comunque è più rapido, più fluido e meno dispersivo, rendendo l’esperienza piacevolmente snella. Si può affermare che la carriera sia una delle modalità meglio riuscite dell’intero pacchetto, al netto dl problema microtransazioni che vedremo più avanti.

Meno convincenti, invece, le modalità storiche: sebbene sia ancora possibile rivivere diverse epoche del basket NBA e affrontare match leggendari, manca nuovamente un contenuto forte e tematico come i Mamba Moments di NBA 2K24. In generale, il titolo propone la consueta varietà di modalità, arricchite da qualche variante aggiuntiva, ma senza introdurre vere rivoluzioni. Sarà il tempo a rivelare come queste novità troveranno posto all’interno dell’ecosistema online, soprattutto in termini di stabilità e bilanciamento competitivo.

La curva di apprendimento per far salire di livello il proprio giocatore resta impegnativo, ma questa volta è mitigato da un gameplay divertente che rende il processo intrinsecamente appagante. La crescita da panchinaro a stella NBA è scandita da sfide equilibrate, ricompense gratificanti e una curva di difficoltà più dolce.
Nota di merito al MyTeam che adesso introduce finalmente le giocatrici della WNBA, ampliando la varietà e la profondità strategica delle squadre. È un’aggiunta importante, che dà una dimensione più completa all’esperienza. La modalità resta una delle più ricche sul mercato, con un numero impressionante di varianti e sfide, anche se qui entra in gioco sempre la sua natura fortemente legata alle microtransazioni. Interessante quest’anno anche MyGM, la modalità general manager con diversi elementi RPG.
Questa volta, ci sono 30 possibili scenari per dare inizio alla carriera da manager di una squadra NBA, e questo determina specifiche caratteristiche e situazioni che bisognerà affrontare. Come sempre, si possono mantenere tutte le analisi e le azioni nei menu, oppure si può assumere il controllo completo e giocare le partite. L’esperienza è profonda come sempre e l’aggiunta di quest’anno non è affatto male.
Il problema delle microtransazioni
Ed eccoci giunti all’annoso problema di NBA 2K perché, sì, anche in NBA 2K26 resta invariata una delle criticità più discusse della serie: le microtransazioni. Come nelle edizioni precedenti, la valuta premium VC riveste un ruolo centrale sia nella modalità La Mia Carriera sia in La Mia Squadra (con le carte anche per le controparte femminile).
In La Mia Carriera, ad esempio, i VC sono indispensabili per migliorare le abilità del proprio alter ego virtuale. Il problema è che l’accumulo di valuta gratuita risulta lento e frustrante, spingendo inevitabilmente verso l’acquisto con denaro reale. Un caso emblematico: servono VC per un valore di circa 10 euro soltanto per far salire il personaggio MP dal livello 60 al 73. Una scelta che molti giocatori percepiscono come eccessiva e penalizzante, e che anche in questo capitolo incide negativamente sulla valutazione complessiva.

Il peso della monetizzazione si riflette anche sulle modalità stesse. La nuova città, che funge da hub sociale ed è ricca di attività, dagli allenamenti nella Gatorade Arena alle sfide in cooperativa con le Crew, è indubbiamente scenografica e vivace. Tuttavia, la continua presenza di pubblicità invasive e la richiesta di cifre esorbitanti in VC per oggetti cosmetici (come tatuaggi o magliette) danno spesso la sensazione di trovarsi all’interno di una vetrina commerciale più che in un mondo di gioco.
Conclusioni
NBA 2K26 rappresenta, senza dubbio, il capitolo più fluido e immediatamente godibile degli ultimi anni. Il gameplay è rapido, dinamico e leggermente più arcade, ma riesce a divertire senza perdere del tutto il DNA simulativo della serie. Il nuovo sistema di tiro e le animazioni migliorate danno un contributo decisivo alla sensazione di freschezza, mentre l’atmosfera e la resa tecnica restano ancora una volta al vertice assoluto del panorama sportivo videoludico.

D’altro canto, persistono difetti noti: la difesa necessita di un bilanciamento più accurato e soprattutto le microtransazioni continuano a pesare come un macigno sull’esperienza online. Offline o in compagnia di amici, NBA 2K26 è puro amore per il basket; online, invece, l’eccessiva enfasi sul pay-to-win mina in parte l’equilibrio e la soddisfazione delle partite.
In sintesi, ci troviamo davanti a un titolo che offre momenti di grande spettacolo e divertimento, ma che continua a convivere con un doppio volto: eccellente esperienza sportiva da un lato, sistema commerciale discutibile dall’altro. Per la prima volta dopo tanto tempo, però, possiamo dire che vale davvero la pena tornare sul parquet.