Battlefield 6 segna il ritorno alle origini della serie, unendo nostalgia e innovazione. Con un gameplay rifinito, quattro classi storiche, distruzione ambientale spettacolare e un multiplayer più compatto e bilanciato, il gioco offre azione intensa e tecnica eccellente. Tuttavia, la campagna resta prevedibile, la distruttibilità non totale e il matchmaking instabile. Un ritorno convincente che modernizza la formula classica senza tradirla.
Battlefield Studios (il nuovo studio che combina DICE, Criterion, Ripple Effect e Motive) ed Electronic Arts ritornano in grande spolvero con Battlefield 6 dopo passo falso compiuto con Battlefield 2042. Per alcuni si è trattato di una vera e propria drammatica delusione, per altri un titolo modesto divertente, ma non memorabile, in ogni caso tutti hanno sottolineato l’allontanamento dai vecchi fasti dell’epoca d’oro della serie ovvero quella di Battlefield 3 e 4. Ecco, questo nuovo capitolo ripropone lo spirito classico di quel periodo, con una campagna e un’ambientazione contemporanea, il ritorno dei 64 giocatori, quattro classi e un’enfasi rinnovata sulla distruzione ambientale. Non tutto è perfetto, ma non si tratta di solo nostalgia perché Battlefield 6 è una vera e propria evoluzione anche sul piano del gameplay e della direzione tecnica.
Versione testata: PlayStation 5
Una modalità campagna che non grida al miracolo
La modalità storia non è un capolavoro, ma è curata e divertente. Nei panni dell’unità Dagger 1-3, si partecipa a un conflitto mondiale che si muove tra Europa, Medio Oriente e Stati Uniti in una lotta al cardiopalma tra forze NATO e mercenari ribelli della Pax Armata. Nove missioni, poco meno di sette ore di gioco e un ritmo serrato, accompagnato da un comparto tecnico impressionante grazie alla Frostbite Engine. Esplosioni, effetti di luce e distruzione ambientale contribuiscono a un’atmosfera da film di guerra moderno. La potenza grafica è talmente alta che nei nostri test su PS5 i caricamenti sono risultati molto lenti e qualche volta hanno subito dei blocchi che hanno costretto a un riavvio del gioco. Ciononostante è davvero un piacere poter osservare tutte le novità di gameplay e tecniche con una storia così densa di dettagli e di azione.

Comprare, però, Battlefield 6 solo per la modalità campagna sarebbe davvero uno spreco. Dal punto di vista tattico, gli scontri non brillano per profondità: l’intelligenza artificiale resta prevedibile e i punti di respawn fanno comparire i nemici troppo vicino al giocatore, compromettendo il realismo. Sono difetti classici della serie e purtroppo non sono stati eliminati nemmeno in questo nuovo capitolo, solo che a volte vengono nascosti da effetti visivi mozzafiato. Detriti, luci, crolli e detonazioni a catena dominano la scena, scuotendo la telecamera e travolgendo i sensi in un vortice di caos spettacolare.
Un gameplay curato sotto ogni aspetto
Fin dai primi minuti, però, si percepisce qualcosa di importante dal punto di vista del gameplay dimostrazione di un lavoro di rifinitura impressionante. I controlli sono più reattivi, i movimenti più naturali e il feeling delle armi è tra i migliori mai offerti dalla serie: il rinculo è credibile, il feedback potente e il ritmo delle sparatorie incredibilmente fluido anche grazie al feedback tattile e ai grilletti adattivi del Dualsense ben integrati. Una novità semplice ma geniale è la corsa accovacciata, che crea una transizione naturale tra posizione eretta e copertura. È una meccanica intuitiva che cambia il ritmo del combattimento, mantenendo la mobilità costante.
C’è anche la possibilità di scivolare o di tuffarsi a terra per sdraiarsi, oltre a nuove opzioni come mirare da dietro un riparo, trascinare i compagni feriti, attutire un salto da un’alta sporgenza con una capriola e persino mirare liberamente a 360° quando si è distesi. Anche la rianimazione dei compagni è più intuitiva e fluida, permettendo di spostarsi durante l’azione. Tutto concorre a un’esperienza più immersiva e cinematografica. È stato eliminato lo sprint tattico introdotto in Battlefield 2042, ma non se ne sente la mancanza: la velocità generale e la nuova fluidità rendono ogni scontro dinamico e facilmente gestibile.

Una delle decisioni sicuramente più apprezzate è il ritorno delle quattro classi storiche abbandonando i criticati specialisti: Assalto, Geniere, Supporto e Ricognitore. Ognuna dispone di gadget unici e abilità specifiche che incoraggiano la cooperazione tra i giocatori. Ad esempio, l’Assalto è perfetto per l’offensiva diretta, il Geniere gestisce e ripara o danneggia veicoli, il Supporto cura e protegge con barriere mobili, e la Ricognizione domina le distanze grazie ai fucili di precisione e all’uso di droni. Le armi sono sbloccabili e personalizzabili liberamente, ora finalmente ogni classe può usare qualsiasi arma, mentre gadget e abilità restano legati alla classe, mantenendo l’equilibrio tra libertà tattica e cooperazione di squadra. Inutile dire che si tratta di un mix collaudato e che funziona molto bene.
Battlefield 6, tuttavia, introduce anche delle sorte di sottoclassi, due per ogni classe, che modificano bonus e statistiche in base allo stile di gioco. Che si giochi in modo più aggressivo o più difensivo, si sbloccano ricompense che man mano che si guadagnano punti in partita. Le armi sono liberamente assegnabili, ma l’uso dell’equipaggiamento “di classe” fornisce vantaggi aggiuntivi.
Ogni arma è ben realizzata e differenziata dalle altre con la presenza di tanti accessori che consentono di personalizzare al meglio ciò che si sa usare di più, anche se sbloccarli tutti richiede veramente tanto impegno. C’è anche un sistema di progetti simile a quello presente su Call of Duty, ovvero varianti di un’arma già accessoriate e con un’estetica unica. Questi si sbloccano molto spesso anche solo aumentando la maestria, altri superando alcuni obiettivi. Il sistema di assegnazione degli accessori è curioso, ma funzionale: non si basa su slot, ma su punti. Ci sono 100 punti e gli accessori “costano” un numero proporzionale legato al loro impatto sull’arma. Si tratta di fare due calcoli e capire cosa ci sta meglio rientrando nel totale: un sistema intelligente, libero, comodo e strategico.

Il nuovo capitolo trova un equilibrio convincente anche tra realismo e divertimento nei combattimenti con i veicoli. I carri armati trasmettono il giusto peso e potenza, mentre gli elicotteri, ora più accessibili grazie a un sistema di volo assistito, restano complessi ma gratificanti. Sparare da una mitragliatrice montata o abbattere un tank nemico resta una delle esperienze più esaltanti del gioco. Tanti veicoli significa anche tanta distruttibilità ambientale che torna a essere protagonista: gli edifici si sbriciolano, i muri cedono e l’intero campo di battaglia evolve col passare del tempo, anche se non tutto è completamente distruttibile. Nonostante le limitazioni tecniche, l’effetto visivo è notevole, ma anche il risultato tattico. Far crollare, per esempio, un tetto o una parete permette di togliere preziosi ripari agli avversari o distruggere vie di accesso per i nostri nascondigli.
Un multiplayer più contenuto, ma più denso (e impreciso)
La vera anima di Battlefield 6 resta comunque il comparto multiplayer che ha subito un vero e proprio rinnovamento dopo Battlefield 2042. Basta mappe sterminate, confusionarie e dove per trovare un nemico bisognava trascorrere ore girovagando senza meta e schivando camper appostati nei punti più strategici. Per adesso le mappe sono 9 (altre 3 arriveranno gratuitamente entro la fine dell’anno, tra cui una ambientata in una New York innevata pronta per il periodo natalizio), sono limitate a 64 giocatori e sono più compatte e verticali, spesso ambientate in contesti urbani. Per l’esattezza ci sono otto mappe principali e una interamente dedicata al combattimento ravvicinato: tutte offrono ambientazioni molto diverse tra loro e un level design più curato, perfetto per sfruttare la distruzione tattica.

Ogni mappa, dai magazzini abbandonati di Brooklyn ai vicoli devastati del Cairo, passando per villaggi montani e raffinerie del Tagikistan e del Turkmenistan, presenta una propria identità visiva e tattica, con un design studiato per garantire equilibrio, fluidità e varietà strategica. Le modalità di gioco sono tante e oltre a quelle più classiche come Deathmatch, Dominazione, Conquista e Re della Collina spicca, tra le novità, la modalità Escalation, un’evoluzione delle classiche sfide a obiettivi: i team devono conquistare territori per riempire un indicatore di punteggio, mentre l’area di gioco si restringe progressivamente, concentrando la tensione nelle fasi finali e spingendo all’azione più frenetica.
Ritorna anche la modalità Portal, introdotta nel predecessore di Battlefield 6, ma che adesso dà ai giocatori la massima libertà di personalizzare e creare le proprie modalità di gioco. È possibile modificare una vasta gamma di elementi del gioco, come regole, interfaccia utente, parametri e ora pure le mappe. Ciò offre ai giocatori di Battlefield un ambiente sandbox in cui dare libero sfogo alla propria creatività e consente persino di accedere alle risorse dei titoli Battlefield precedenti.

Restano alcuni problemi di bilanciamento, in particolare su certe mappe o nel numero di veicoli assegnati alle fazioni, ma nulla che rovini l’esperienza generale. Ciò che potrebbe rovinarla è un sistema di matchmaking molto impreciso, talvolta frustrante e, addirittura, in alcuni frangenti non permette nemmeno di avviare una partita o va in crash dopo pochi minuti. Inoltre, quando i server non raggiungono il numero ideale di giocatori, il gioco riempie gli slot mancanti con unità controllate dall’intelligenza artificiale. Questi soldati digitali svolgono il proprio compito in modo discreto, ma la loro prevedibilità li rende spesso facili bersagli per chi ha un minimo di esperienza.
Prestazioni tecniche e impatto visivo
Graficamente, Battlefield 6 è una meraviglia e il Frostbite Engine funziona egregiamente. Su console di nuova generazione offre texture ultra-dettagliate, illuminazione realistica e un sound design da manuale. Esplosioni, polvere e detriti contribuiscono a creare un’atmosfera bellica incredibilmente intensa. Alcuni bug di collisione e piccoli glitch visivi persistono, ma non intaccano la solidità complessiva. La distruzione ambientale, pur non totale, aggiunge drammaticità agli scontri e rende ogni battaglia diversa, anche se chi sperava in un sistema completamente dinamico potrebbe rimanere leggermente deluso.

Sul versante audio, Battlefield 6 raggiunge un livello di eccellenza raro: ogni suono, dal rimbombo dei colpi alle urla lontane sul campo, è curato con una precisione quasi ossessiva. Sentire il crepitio delle armi, il sibilo dei proiettili che sfiorano il casco o il tintinnio dei bossoli che rimbalzano sull’asfalto regala una sensazione di realismo straordinaria. Il doppiaggio in italiano è di buon livello, anche se non privo di qualche incertezza nei momenti più concitati. Nulla che comprometta l’esperienza, anzi: la presenza di voci localizzate contribuisce a rendere più viva e accessibile tanto la campagna quanto il multiplayer.
Anche la colonna sonora merita una menzione a parte grazie alla presenza di musiche potenti e cinematografiche che accompagnano perfettamente l’azione, crescendo d’intensità man mano che la tensione sale e la battaglia si avvicina al suo culmine. Nei minuti finali di uno scontro, quando tutto si decide, la colonna sonora si trasforma in una vera e propria sinfonia di adrenalina e caos controllato, degna dei migliori momenti della serie.
Conclusioni
Battlefield 6 è il capitolo della riconciliazione. Un ritorno alle origini che riesce a modernizzare la formula classica senza snaturarla. Il gameplay è fluido, appagante e tecnicamente eccellente, il multiplayer più concentrato ma meglio bilanciato, e la direzione artistica impeccabile. Non è perfetto, la campagna è dimenticabile, la distruzione meno profonda del previsto e il matchmaking non grida di certo alla perfezione, ma come esperienza complessiva segna un passo avanti deciso.


