Lumines Arise trasforma il puzzle game in un’opera d’arte.
Miyamoto, Kojima, Suda 51, Miyazaki. Sono solo alcuni dei più influenti game designer giapponesi di sempre. Ma c’è una persona che da quando ho memoria è sempre stata capace di catturarmi per la sua visione artistica e sperimentale del videogioco visto quasi alla stregua di una installazione. E quella persona è Tetsuya Mizuguchi.
Tutto è nato con Space Channel 5, dove il concetto del classico “Simon Says” si trasformava in un rhythm game da musical di Broadway, dove musica, ballo e gameplay creavano un qualcosa di estremamente unico nel panorama videoludico del tempo. Mizuguchi continuò la sua sperimentazione con Rez, uno shooter su binari che ci introdusse al concetto di sinestesia, un fenomeno sensoriale che abbraccia la contaminazione dei sensi attraverso stimoli visivi e sonori. Rez diede il via a una nuova linea di pensiero del designer giapponese, che divenne anche produttore di diversi brani delle colonne sonore dei suoi giochi, per offrire ai giocatori esperienze quanto mai complete. La sinestesia è un punto fisso delle sue creazioni tanto da contaminarne il gameplay e diventare una sorta di trait d’union della sua vita lavorativa. Poi fu la volta di Lumines, che per quanto sia il più canonico dei suoi giochi a livello di concept è forse quello che più ha influenzato la mia percezione di videogioco.
Lumines prendeva il genere dei puzzle game alla Tetris e lo riscriveva in chiave sinestetica, creando qualcosa di così semplice ma al tempo stesso unico. Lumines dava dipendenza, anche grazie al formato portatile, che lo rendeva perfetto per una partita al volo, prima di tornare a studiare o a lavorare. Era un susseguirsi di schemi, di intrecci. Una corsa contro il tempo per non finire schiacciati da quella cascata di mattoncini che andavano impilati per creare quadrati 2×2. E più se ne attaccava insieme, più il contatore delle combo saliva, e ci spingevamo verso un nuovo stage. Nel suo essere incessante a colpi di tecno, giocare a Lumines era quasi estraniante, a dir poco ipnotico. Negli anni ci sono stati poi diversi seguiti, ma nessuno in grado di rivaleggiare con l’originale. Lumines 2 per esempio introduceva brani su licenza di artisti piegandosi un po’ alle esigenze di mercato nel battere cassa e raggiungere un pubblico maggiore. Così come il suo tiepido ingresso nel mercato mobile, che ne snaturava il concept iniziale in favore dei numeri di download.
Oggi Lumines torna fra noi, in una nuova visione che abbraccia la filosofia dello stesso Tetris Effect diventandone quasi un fratellastro. Con Lumines Arise la serie è pronta a fare un passo in avanti nella scala evolutiva della sinestesia, prendendo la formula classica che lo ha reso immortale ed esasperandone la percezione visiva e musicale, in una sorta di viaggio lisergico “drug free”.

Sì, perché l’esperienza di gioco di Lumines Arise è intesa proprio come un viaggio, ed ogni suo singolo stage va visto come un’esperienza di questa nuova avventura virtuale. Per quanto non ci sia una storia vera e propria ad accompagnarci, i livelli di Lumines Arise riescono a comunicare tutta una serie di emozioni a livello subliminale, mentre noi siamo intenti ad ammassare uno sull’altro i gruppi di blocchi che cadono dall’alto, con l’intento di liberarcene di quanti più possibile, velocemente. Sul piano del gameplay poco cambia rispetto al passato, sebbene l’introduzione della nuova modalità Burst stravolga gli esiti della partita, in particolar modo nelle sfide online contro altri giocatori. Grazie al Burst potremo concentrarci su un unico colore per creare il più grande blocco possibile, unendo mossa dopo mossa i pezzi in arrivo. Allo scadere del tempo a nostra disposizione lo schermo “esploderà” liberando spazio e inanellando altre combo, facendo così lievitare il punteggio. Nell’online il Burst rappresenta la chiave di volta dell’incontro. Riuscire a creare un blocco più grande di quello dell’avversario significa metterlo alle strette, facendogli riempire le aree vuote del suo pannello di fastidiosi pezzi difficili da cancellare, decretandone quasi una sconfitta a tavolino.
Completata la modalità viaggio, disponibile in più versioni di difficoltà, avremo accesso ad un’altra prova, un tour de force chiamato Sopravvivenza che, come suggerisce il nome, vi vedrà affrontare nuovamente gli stage del Viaggio in un’unica volata, dall’inizio alla fine, senza poter commettere un singolo errore. Qui la sfida inizia a sentirsi, obbligando il giocatore ad usare metodo e rigore per riuscire a sopravvivere, letteralmente.

Rispetto al passato poi gli schemi dei vari stage diventano ancora più unici, acquistano una maggiore caratterizzazione sia nelle coreografie che nell’unicità dei pezzi dei blocchi, con pattern che rispecchiano il tema o le sonorità di quel determinato livello. Esattamente come avveniva in Tetris Effect, il gioco diventa un’installazione artistica. Da semplice puzzle game le schermate iniziano ad animarsi, gli elementi del fondale diventano quasi oggetti di disturbo benigni, che con l’intrusione della realtà virtuale rompono la quarta parete per imprimersi a fuoco nelle nostre retine. Da questo punto di vista Lumines Arise è uno spettacolo pirotecnico, un videogioco che racchiude al suo interno sia un gameplay estremamente funzionale, sia un amore per l’arte digitale e la musica.
La sinestesia è più forte che mai ed ogni nostra mossa riproduce un beat unico che si va a intrecciare nel tessuto della canzone, rendendola ogni volta in qualche modo differente da quella di prima. Lo schermo inizia a shakerare, zooma avanti e indietro, seguendo una ritmica convulsa. E il pad nelle vostre mani vibra a tempo di musica, connettendovi direttamente con il brano, con il gioco nella sua interezza.

Lumines Arise, nel voler essere arte videoludica in purezza, non si dimentica di essere prima di tutto un videogioco e in quanto tale prova ad essere stimolante sul piano ludico e della sfida, non solo proponendo una lunga serie di missioni di training, ma anche delle sfide da completare seguendo le regole imposte dal gioco, cercando di raggiungere un determinato punteggio o terminandole entro il tempo limite. E via via in un crescendo di difficoltà e impegno richiesto, mettendo alla prova non solo la vostra capacità d’azione ma anche una certa manualità con il pad nel rispondere a certi stimoli.
E nell’ottica di creare un’esperienza in grado di connettere giocatori su diversi piani dell’intrattenimento, la già citata modalità multigiocatore rappresenta quella possibilità di confrontarsi e sfidarsi con altri fan di Lumines in battaglie al limite del brutale, mettendo alla prova quanto assimilato nel Viaggio. Non solo aspetti competitivi, ma anche sociali. Infatti ogni fine settimana Lumines Arise propone dei mini eventi dove l’impiego della community nel raggiungere un determinato obiettivo consentirà di ottenere estetiche uniche per il proprio avatar, un esserino quasi etereo chiamato Loomii, e punti extra da spendere in una sorta di “gashapon” che vi premierà con nuove parti del corpo, stili, targhette e tanto altro con cui personalizzare il nostro “io” virtuale.

Ma dove Lumines Arise tocca la perfezione è nella sua colonna sonora, come è lecito aspettarsi. A firmare gran parte dei brani troviamo Hydelic, il cui lavoro sulla sinestesia affonda le sue radici nel remake VR di Rez, per poi continuare con Tetris Effect: Connected, e ovviamente con Lumines Arise. Per quanto cercando in rete le informazioni su questo progetto musicale siano ben poche, l’unica certezza è il coinvolgimento dello stesso Tetsuya Mizuguchi come produttore, il che lo rende una sorta di erede spirituale dei Genki Rockets, gruppo che proprio con Lumines (per la precisione il 2) aveva segnato un certo percorso musicale dei giochi di Mizuguchi, come per esempio Child of Eden.
Le sonorità di Lumines Arise spaziano fra il J-Pop e la techno, fra l’elettronica e il jazz, in un flusso musicale schizofrenico e martellante. A rendere ancora più unica l’esperienza è il continuo crearsi di beat diversi ad ogni nostra azione, tanto da stravolgere in alcuni casi la traccia originale. La musica è la vera essenza di Lumines Arise, ma al tempo stesso non sarebbe nulla senza il contributo delle immagini a cui si lega in maniera simbiotica, in un connubio imprescindibile che non potrebbe esistere senza l’una e l’altra. Inutile consigliarvi di indossare un buon paio di cuffie e di sparare a tutto volume ogni singola nota del gioco, per godervi a pieno questa esperienza, che raggiunge il suo culmine nel caso possediate un casco per la VR, il modo migliore per diventare un tutt’uno con Lumines Arise.
Lumines Arise è l’evoluzione della serie di Lumines, un vero seguito che prende questo “Tetris del nuovo millennio” e lo eleva sia nella formula di gioco che nella sua fruizione, come vera e propria opera d’arte videoludica. Lumines Arise dà dipendenza, estranea ed ipnotizza con i suoi colori acidi, con le sue immagini oniriche e virtuali, con la musica che vi trapana il cervello e vi entra fino nelle ossa. Quando penso al videogioco come concetto artistico penso proprio a Lumines Arise, ed è lì che voglio stare. Il mio nuovo spazio sicuro. Non un semplice videogioco, che nel suo essere è concreto e divertente, ma un’esperienza audiovisiva da provare almeno una volta nella vita e restarne folgorati.


