FLORENCE Foster Jenkins – Recensione (No Spoiler)

[ads]Stephen Frears non è un mostro sacro della regia e nemmeno pretende di esserlo. Dopo aver diretto il piacevole Philomena ormai quattro anni fa, torna con una pellicola quantomeno di pari livello.

Una breve sinossi è necessaria a favorire un più chiaro discorso sul film: Le vicende sono tratte dalle reali esperienze vissute da Florence Foster Jenkins (Meryl Streep) sul finire della prima metà del ‘900, in piena seconda guerra mondiale.

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Florence viene tutt’ora ricordata come una contemporanea mecenate, una filantropa immersa in un mondo di artisti e musica. Fu una donna che molto diede sul piano economico all’arte Newyorchese e che amore e rispetto ricevette in cambio. Un rispetto fittizio, amicizie condizionate dal desiderio di ricevere da lei parte della sua grande fortuna. Florence amava cantare e suo marito, St. Clair Bayfield (Hugh Grant), faceva di tutto perchè lei potesse esercitarsi con i migliori maestri, davanti ai migliori pubblici, elogiata da schiere di giornalisti recensori. Tutti debitamente pagati ed ammorbiditi affinché nessuno ridesse di fronte alla realtà dei fatti: Florence Foster Jenkins era un probabile e mancato prodigio del pianoforte, ma la peggior cantante lirica che la storia ricordi.

Solo un marito pieno di mezzi finanziari ed un amore puro e senza riserve le hanno permesso di vivere in una inconsapevole ed innocente illusione, condita di luci, sorrisi ed applausi scroscianti.

Frears non ha girato una pellicola indimenticabile, ma sicuramente una estremamente piacevole. Non sono mancate alcune sbavature discutibili, qualche scavalcamento di campo ed una fotografia, soprattutto nel finale, in qualche primo piano fin troppo banale e luminosa. Insomma, il film in quanto tale è evidentemente fallace, ma questo non lo rende in alcun modo da evitare.

La vera domanda è: lo consiglierei? Assolutamente si, e per una serie di validi motivi.

Innanzitutto fa sempre piacere sedersi un paio d’ore a godere del talento di attori come Meryl Streep, ma soprattutto si dovrebbero spendere volentieri i soldi del biglietto per accorgersi che Hugh Grant conosce una serie di espressioni facciali e di movimenti del corpo che ben sovrastano le solite due che ci riservava nei suoi ‘classici’ ruoli. Non voglio dire che Grant sia generalmente un cane madornale, soltanto che per buona parte della pellicola avrei voluto pizzicargli le guance e dirgli a denti stretti: “Ma lo vedi che se fai delle parti interessanti riesci anche a dimostrare di essere qualcosa di più del semplice sogno erotico delle over-50?”.

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Altro motivo non indifferente è il venire a conoscenza di una storia vera tanto assurda ed avulsa da quella che era la realtà degli anni ’40. Esisteva già un film francese del 2015, Marguerite di Xavier Giannoli, fortemente ispirato alla vita di Florence, è questa ultima pellicola di produzione franco-inglese, però, a raccontare per primo la storia tramite i veri protagonisti.

Il film di Frears è certamente in grado di far ridere se serve, ma senza far mai dimenticare il dramma umano celato dietro ad un sipario di falsità. Ridere di Florence fa stare male.

Ridereste in mezzo ad una platea che sta umiliando un vostro amico sul palco? No, e perché? Perché è facile ridere di qualcuno che non si rivedrà mai più, di qualcuno del quale non conosciamo l’intimità, i desideri e la relazione che intrattiene con le sue passioni. Sappiamo che il crudele pubblico che si sta sfogando sul nostro amico lascerà la sala con dei rimasugli di sorriso sul volto, mentre lui resterà a luci spente con il suo dolore e la profonda delusione a pesare sul cuore.

Ed è proprio questo il punto forte del film: ci introduce alla storia come estranei e ci permette di deridere Florence come fanno tutti alle sue spalle, ad esclusione del marito. La sala del cinema esplode nell’ilarità ai primi vocalizzi della donna. Dopo un’oretta di film abbiamo ormai ‘frequentato’ la protagonista abbastanza da capire che il suo non è un vezzo, non è puro egocentrismo o vanagloria. Florence ama quello che fa, ama la musica e chi riesce ad esaltarla. Ama gli artisti, non solo sé stessa. Ipoteticamente, Florence non uscirebbe da un’esibizione di canto dopo la sua performance, anzi, rimarrebbe fino all’ultima nota degli altri partecipanti, godendo del loro talento.

Il film trasmette in maniera impeccabile cosa significhi avere una passione. Con l’avanzare dei minuti soffriamo sempre di più a vedere le risate meschine di chi dice di esserle vicino.

È la distanza della gente da Florence a renderla oggetto di sbeffeggiamenti, chi invece le è vicino la comprende ricevendo amore ed energia. In questo modo l’opera smette quasi di voler essere il film sulla vita della donna, quanto un film per convincere gli spettatori che l’amore di un marito può essere talmente incondizionato da giungere a stratagemmi simili per la felicità della moglie. Lo spettatore finirà per appoggiare e comprendere le mosse di St. Clair e tremerà con lui in prossimità di rischi che potrebbero scoperchiare la bomboniera di bugie intorno alla fragile Florence.

Florence Foster Jenkins comparirà di certo tra le nomination degli Oscar di quest’anno, sia pure solo per l’immancabile Streep, pur non essendo un film straordinario. È però un film estremamente piacevole, divertente, emozionante, che consiglierei e rivedrei con gioia.

È una pelllicola che insegna a credere in ciò che si ama a prescindere dall’opinione altrui, e ad amare colei (o colui) in cui si crede, a prescindere dalla realtà dei fatti.

angwn

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