Amerzone: The Explorer’s Legacy – La Recensione

Amerzone: The Explorer's Legacy

Amerzone torna in un remake che rinnova grafica e puzzle senza tradire l’anima narrativa di Sokal: un viaggio malinconico tra rimorsi, morte e rinascita, ricco di fascino e riflessione.

Molti di voi sicuramente avranno sentito parlare, almeno una volta, della celebre saga videoludica Syberia del compianto Benoit Sokal. Sapete, però, che in realtà Sokal aveva già lasciato un’impronta significativa nel mondo videoludico con Amerzone, la sua prima grande opera interattiva (e tra l’altro citata proprio nella più famosa quadrilogia)? Questo gioco, uscito per la prima volta nel 1999, prendeva ispirazione della sua graphic novel L’Amerzone e rappresentò il primo importante successo commerciale di Microïds, superando il milione di copie vendute al momento della pubblicazione.

A distanza di anni, è comunque possibile scorgere in Amerzone i semi di ciò che poi sarebbe diventato Syberia, con pregi e difetti figli soprattutto dell’allora inesperienza di Sokal nel game design. Per essere un esordiente assoluto nel medium, Sokal dimostrò di saper confezionare un’esperienza narrativa di valore nel panorama delle avventure grafiche, puntando su una struttura semplice e su un forte impianto narrativo e artistico così da rendere il gioco godibile anche per un pubblico più ampio rispetto ai tradizionali titoli del genere. Anche se un po’ in ritardo rispetto al 25esimo anniversario, Amerzone ritorna per console next-gen con il remake Amerzone: The Explorer’s Legacy in uscita proprio il 24 aprile 2025 e curato interamente dagli eredi di Sokal.

Versione testata: PlayStation 5

Un gradito ritorno alla triste e desolata Amerzone

Amerzone: The Explorer’s Legacy mette il giocatore nei panni di un giornalista senza volto e senza voce, il quale scopre le tragiche vicende dell’esploratore Alexandre Valembois, coinvolto anni prima in una spedizione in Amerzone, un remoto paese ora sotto la dittatura di un ex compagno di viaggio. Valembois, tradendo la fiducia degli abitanti, aveva sottratto un prezioso uovo appartenente ai leggendari uccelli bianchi, creature sacre per la popolazione locale, nel tentativo di ottenere fama e riconoscimento al suo ritorno in patria. Il mondo però lo aveva deriso, e l’uomo aveva trascorso il resto della vita a proteggere l’uovo e a rimpiangere il suo gesto. In punto di morte, lascia il compito di restituire quell’uovo alla sua terra natale al protagonista, il quale, a bordo dello straordinario Hydrafloat, veicolo trasformabile ideato da Valembois stesso, intraprende il viaggio per adempiere all’ultima volontà dell’esploratore.

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Per chi ha giocato il titolo del 1999, la storia principale non subisce alcuna modifica. Il gioco, suddiviso in 7 Capitoli, resta una lunga riflessione sulla fine di un’epoca, dove i protagonisti superstiti di quell’antica spedizione muoiono, uno dopo l’altro (tranne uno), all’arrivo del giornalista o poco prima. Non ci sono scontri, nemmeno durante un momento concitato in cui si incontrano dei soldati e neanche con il dittatore, e questo voluto svuotamento narrativo si sposa perfettamente con i temi della storia: un racconto sulla vita e sulla morte, sul rimorso e sull’eredità morale. Il viaggio serve a dare pace a vite segnate dal rimorso e a donare nuova speranza al popolo di Amerzone, simboleggiata dalla rinascita degli uccelli bianchi.

L’esperienza di gioco è quella classica di un punta e clicca, ovvero simile a un museo interattivo dove ogni ambientazione, dal faro di Valembois alle rovine dell’antica colonia passando dall’abbandonata città di Pueblo, racconta frammenti di storia e permette di esplorare il mondo creato da Sokal con calma, attraverso scenari sapientemente costruiti per suscitare riflessione e meraviglia. Le prime fasi di gioco consentono di conoscere il background e la personalità tormentata di Valembois, esplorando le sue invenzioni, le sue scoperte e le sue delusioni.

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Poi piano piano si osservano i resti di un mondo contaminato dall’avidità, dalla scienza non etica e dalla voglia di opprimere ciò che sembra più debole, un po’ come accaduto durante le reali scoperte del passato e come avviene ancora oggi. La giungla diventa il teatro di una lenta riscoperta di un ecosistema mitico, minacciato dall’ambizione umana e dalla ricerca del potere che sul finale si trasforma in pazzia.

Niente sfide, la priorità è la narrazione

Sul fronte del gameplay, il titolo punta dichiaratamente sull’accessibilità nonostante le numerose novità apportate rispetto al titolo del 1999. I puzzle sono stati rinnovati e adesso presentano una gestione più dettagliata dell’ambiente di gioco. Bisogna stare più attenti nella lettura di alcuni documenti o nell’osservazione di vari elementi come quadri, statue o altri dettagli ambientali. Nel secondo capitolo c’è addirittura un’intera sessione da svolgere sott’acqua mentre si indossa uno scafandro, con tutte le ovvie difficoltà nel muoversi in un ambiente buio e con la visuale limitata.

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In passato lo stesso autore riconobbe che avrebbe voluto realizzare enigmi più articolati in un ipotetico seguito, scelta che effettivamente è stata fatta. Nonostante ciò, è possibile scegliere due diversi approcci all’avventura: una più semplice improntata sul racconto che consente al giocatore di chiedere aiuti così da poter raggiungere la soluzione con più semplicità (denominata modalità Viaggiatore) e una più audace senza aiuti su schermo e con enigmi più complessi, ma comunque senza il rischio di rimanere bloccati (denominata modalità Avventura).

Lo scopo di Amerzone: The Explorer’s Legacy, infatti, è comunque quello di arrivare alla fine della storia. Per questa ragione la maggior parte degli enigmi sono elementari e raramente complessi con sezioni lasciate volutamente più “avventurose” solo per aggiungere dettagli narrativi in più e allungare la durata del gioco (che comunque si attesta intorno alle 16-20 ore). Un’altra novità, infatti, è la presenza di diverse linee narrative oltre a quella principale. Il protagonista, infatti, ha deciso di intraprendere il viaggio per scoprire i segreti di Valembois e Amerzone e riportarli alla testata giornalistica per cui lavora così da poterne scrivere un articolo.

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Nel corso del viaggio, tuttavia, scopre l’esistenza di altri segreti che si traducono in altri potenziali articoli. Vi troverete, quindi, a navigare in giro per le varie aree alla scoperta di ulteriori enigmi e dettagli per avere più lore. Alcune di queste storie sono di lunga durata, cioè che bisogna trovare diversi documenti nei vari capitoli per completarle, altre sono più brevi e si limitano alla durata del singolo capitolo. Niente di trascendentale, ma è un ottimo modo per scoprire dettagli in più su personaggi, luoghi e tradizioni e per vincere il Premio Pulitzer (nonché il relativo trofeo PS).

Grandi passi avanti, ma con qualche incertezza

Dal punto di vista tecnico, Amerzone: The Explorer’s Legacy ha subito un grandissimo svecchiamento. I modelli poligonali sono molto dettagliati e i pochi personaggi presenti, non più celati nell’ombra, presentano un’ottima cura espressiva merito anche dell’uso del motion capture e da un buon doppiaggio. Le ambientazioni, così come in passato, sono ancora più affascinanti, ricche di dettagli e varietà grazie a una direzione artistica ispirata.

Particolarmente riuscita è la rappresentazione della fauna, un mix di animali reali e creature fantastiche, che restituisce un mondo vivo e credibile anche al netto di qualche breve microlag e inaspettato calo di frame rate. Per far immergere ancora di più il giocatore all’interno dell’ambientazione sono stati curati efficacemente anche gli effetti sonori tra cinguettii, zanzare, versi strani e voci provenienti da radio di fortuna.

I capitoli cambiano attraverso dei viaggi che si effettuano con l’Hydrafloat e questi possono essere skippati riposandosi o si possono seguire nella loro interezza. Quest’ultima scelta è la più particolare visto che spesso la durata dei viaggi si calcola in ore, tuttavia è possibile osservare la vera bellezza estetica del gioco grazie a un ambiente vivo e rigoglioso. Interessanti anche gli intermezzi narrativi con scene d’animazione che ricordano un misto tra stile retrò e acquarelli arricchiti da una colonna sonora emotivamente impattante e memorabile realizzata da Inon & Ori Zur.

Molto intrigante l’uso del feedback aptico del Dualsense per quanto riguarda alcuni elementi come il battito del cuore dell’uovo o altri piccoli dettagli ambientali, ma niente di particolarmente rilevante. La scelta di non renderlo un open world per rispettare l’opera originale e non tradirne gli appassionati è coraggiosa e pregevole considerando anche i tempi che corrono, tuttavia capirete bene come sia più godibile se giocato col mouse.

Conclusioni

A distanza di più di 25 anni, Amerzone: The Explorer’s Legacy resta un’opera importante nella storia delle avventure grafiche. È un titolo breve che ancora oggi merita di essere riscoperto. La sua maturità narrativa e la capacità di trasmettere emozioni profonde, pur nella semplicità strutturale, lo rendono un piccolo classico. Il lavoro compiuto dagli eredi di Sokal è davvero ottimo, soprattutto nell’introduzione di nuovi e più complessi enigmi come voleva il compianto autore. Insomma è un’esperienza sincera, che dichiara subito le sue intenzioni senza inganni e che riesce comunque a catturare.

Amerzone: The Explorer’s Legacy è disponibile a partire dal 24 aprile 2025 su PC, PS5 e Xbox Series X|S

Amerzone: The Explorer's Legacy
Amerzone: The Explorer's Legacy
Pro
Graficamente il colpo d'occhio è assicurato
Enigmi nuovi e più complessi
Storia intrigante e coinvolgente, grazie anche alle ministorie secondarie...
Contro
...ma restano le aggiunte utili solo per allungare il brodo
Ostacoli inesistenti e mancanza di una vera e genuina sensazione di sconfitta
Tecnicamente è presente qualche imprecisione
8
Voto