Big Sky, ecco la recensione dell’episodio 8
In questo ottavo episodio di Big Sky ogni cosa si complica, degenerando sempre di più. In particolare, vediamo Ronald sprofondare in una follia senza pari. Aver ucciso la madre sembra aver risvegliato in lui una furia cieca che per troppo tempo aveva represso. Non solo, ma i crimini di cui si macchia sono assolutamente privi di logica e scaturiti da un desiderio di vendetta; lui contro il mondo. Anche questa volta, si tratta di una scelta narrativa che non fa altro che aumentare il senso di confusione della storia. In più, il cambiamento radicale di Ronald, che dovrebbe incutere terrore, in realtà lo fa apparire solo più ridicolo di quanto non fosse già. Per questo motivo ci auguriamo, con buona pace di tutti, che venga catturato al più presto.
Eppure, proprio parlando di ciò, viene da domandarci com’è possibile che, nonostante su di lui ricadano molteplici accuse, sia ricercato da polizia e FBI e la sua faccia appaia su tutti i giornali, Ronald sia ancora libero di scorrazzare in giro come se nulla fosse. Oltretutto, senza essere riconosciuto da nessuno. Nonostante l’identikit divulgato dalle autorità, infatti, l’unico che è stato in grado di identificarlo è stato un bambino di circa dieci anni; comico, lo so. Ma potremmo andare avanti chiedendoci anche come mai, se la polizia ha tutte queste informazioni sul suo conto, ancora non sia riuscita a scoprire dove abita. Domande, su domande che ancora una volta confermano i tanti e importanti errori di scrittura di cui la serie è, purtroppo, piena.
Fa sorridere (amaramente) pensare che Ronald, invece di fuggire come avrebbe dovuto fare già da due puntate, non solo sia convinto di voler rimanere in città, ma paradossalmente sta facendo di tutto per aggravare la sua precaria situazione e farsi scovare. Non ci resta che aspettare di vedere fino a che punto la “dea fortuna” sarà dalla sua parte.
Nel frattempo, Cassie e Jenny non sono convinte che Rick abbia davvero perso la memoria a seguito della sparatoria, per cui stanno inventando dei travestimenti degni di Lupin (si fa per dire) in modo da interrogarlo senza farsi riconoscere, nella speranza che così venga indotto a uscire allo scoperto, tradendosi. Tuttavia, questo espediente risulta piuttosto ridondante e fine a se stesso, nonché inutile per lo sviluppo della storyline principale. Perché, ovviamente, Legarski continua imperterrito a rimanere nel silenzio più totale.
Ciliegina sulla torta, il personaggio di Marrilee, la moglie di Rick, che, se fino a qualche puntata fa avremmo potuto empatizzare con lei, dopo questo episodio quel minimo di caratterizzazione psicologica che le avevano attribuito viene totalmente gettata via, nel momento in cui confessa a Cassie di essere grata a Ronald, per averla fatta sentire viva, a prescindere dal resto. Affermazione decisamente inquietante, visto che – non solo si tratta del complice di suo marito – ma anche di un pazzo criminale senza precedenti. Vero che all’inizio non ne era a conoscenza, ma i segnali erano ben evidenti.
Niente da dire, invece, per quanto riguarda le altre protagoniste della storia, come le tre ragazze rapite e l’avvocato di Rick. Infatti, se le prime hanno perso quasi del tutto la centralità del loro ruolo all’interno della serie, nel secondo caso la donna – che all’apparenza dà l’impressione di avere una funzione chiave – di fatto non arricchisce in alcun modo la storia, ma si limita a sbraitare continuamente frasi assurde.
A costo di ripetermi, ribadisco che il lavoro di David E. Kelley mette insieme generi molteplici senza, però, concludere niente di veramente significativo. Il mix di generi e di tematiche affrontate non riesce a trovare il suo equilibrio, risultando discontinuo e inefficace, con la conseguenza peggiore che possa esserci per uno show televisivo: non riuscire a mantenere viva l’attenzione dello spettatore.