E’ sempre un gran piacere guardare un film senza la minima aspettativa o preparazione in merito e scoprire gradualmente che si rivelerà un prodotto davvero interessante e che riuscirà anche a ripensarci nei giorni successivi.
February è un horror girato da Osgood Perkins (figlio del grandissimo Anthony Perkins, il Norman Bates di Psycho), sua opera prima distribuita nel 2015 e subito riconosciuta come gradevolissima pellicola.
Il film arriva da noi grazie alla Midnight Factory, nella solita confezione con sovra coperta in cartone e booklet descrittivo all’interno. Scelta da non sottovalutare è la decisione di stampare le copie con il titolo come originariamente inteso dall’autore, e non con quello utilizzato per il pubblico statunitense (che sarebbe “The Blackcoat’s Daughter”).
“February” è un titolo che perfettamente si adatta alla narrazione e allo spirito della pellicola. Una storia grigia, fatta di solitudine e malinconia, capace di insinuare qualche brivido fra le ossa quando meno ce lo si aspetti. Proprio come il secondo mese dell’anno.
La solitudine è la chiave del film. I personaggi sono ridotti al minor numero possibile perché sia possibile narrare la vicenda, le location sono forse ancora meno e si ripetono ciclicamente.
Tutti gli attori rendono una performance impeccabile, capace di non estraniare mai lo spettatore come spesso accade in opere di ‘serie minore’.
February non è e non vuole essere un B-Movie. È l’educata opera prima di un regista di discreto talento, senza fronzoli o eccessi, ma con una trama solida e piuttosto ben raccontata.
Per quanto tanti risvolti siano forse pensati come colpi di scena, quando invece sono prevedibilissimi, lo spettatore si accorge solo nel finale cosa Perkins volesse raccontare.
La violenza c’è: il sangue scorre e non ci si risparmia nemmeno qualche mutilazione indirettamente ripresa, ma vi assicuro che anche lo spettatore più sensibile potrà facilmente sopportarne la visione.
February è un film che consiglio vivamente a chiunque voglia un horror girato da qualcuno che, date le origini, ha voluto dimostrare amore per il cinema e per il genere; dimostrando per l’ennesima volta come non sono i soldi o le produzioni stratosferiche a rendere un film meritevole di più visioni.
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