Remedy torna dopo anni di attesa con un nuovo, travolgente, action game dalle tinte oscure. Ecco la recensione di Control.
Si sa. Remedy non è sicuramente una delle software house più prolifere dell’attuale panorama videoludico. Ma quando annunciano un nuovo titolo, è impossibile non essere travolti dal polverone d’attesa e dalla curiosità che il team finlandese riesce a smuovere.
Usciti dall’ala protettiva di Microsoft, che ancora attende un seguito per Alan Wake, Remedy si da al più remunerativo multipiattaforma proponendoci Control, un nuovo action game surreale che sembra ripartire dalle ottime intuizioni di Quantum Break, e va a segnare un nuovo corso della software house guidata da Sam Lake.
Versione Testata: Xbox One X
La potenza non è nulla senza il controllo.
Control si apre con l’ingresso di Jesse Faden all’interno della F.B.C., un’agenzia governativa segreta il cui compito è quello di investigare su eventi paranormali. Purtroppo però l’F.B.C. è stata presa d’assalto da una misteriosa entità sovrannaturale, l’Hiss, che ne ha corrotto i suoi residenti trasformandoli in spaventose creature o imprigionandoli in una stasi dalla quale non sembra esserci ritorno. La situazione precipita di botto dopo aver scoperto che il precedente direttore è morto, lasciando così l’F.B.C. e i pochi sopravvissuti in balia dell’Hiss.
Jesse però è speciale. Dentro di sé è racchiusa una presenza, un essere “buono” che l’accompagnerà in questo viaggio che la vedrà accollarsi il ruolo di nuovo direttore dell’FBC e riportare la pace all’interno dell’imponente Oldest House, la sede della F.B.C.. La storia sembra quindi più complessa di quel che sembra. La venuta di Jesse non è del tutto casuale, e il richiamo del Sibilio sembra nascondere altro.
Jesse è li per un motivo, ritrovare il fratello tenuto prigioniero proprio in uno dei reparti dell’FBC. Ci riuscirà? Cosa l’aspetterà alla fine di questo viaggio?
Con Control, Remedy sceglie nuovamente di giocarsi le sue carte migliori proponendo questa volta un titolo che basa la sua struttura narrativa sul movimento letterario del new weird.
Sovrannaturale e bizzarro si fondono quindi in un racconto dai toni oscuri che vi terrà incollati allo schermo per ore. La spiccata propensione alla cinematograficità delle opere Remedy qua sembra fare un passo indietro rispetto agli azzardi di Quantum Break, che evolveva il concetto di film interattivo iniziato con Alan Wake e mutato in un format più televisivo proprio con Quantum Break.
Qua non troviamo interruzioni che spezzano la storia o riassunti degli eventi precedenti. Control è un unico, lungo, primo tempo. Un piano sequenza che accompagna il giocatore dall’inizio alla fine con una struttura più classica rispetto alle sperimentazioni passate.
Film (veramente) interattivo
Nonostante questa scelta di essere più canonici con il genere d’appartenenza, la natura di Remedy non può essere repressa, e la loro propensione cinematografica emerge prepotente in ogni istante, con una regia impeccabile e una “fotografia” che sembra strappare dalle mani di visionari come Nolan, Kubrick e Lynch le loro idee migliori, plasmandole al servizio del gameplay, in completa controtendenza con le ideologie dei “rivali” Quantic Dream.
Il racconto, come è lecito aspettarsi, avrà i suoi risvolti, i suoi plot twist e ci porterà a scoprire tutta la verità su Jesse, il fratello e i tanti protagonisti di Control, in un viaggio che si aggira sulle 10/15 ore. Rispetto ai precedenti lavori però, Control spinge il giocatore ad uscire dai binari, a prendersi i suoi momenti per esplorare ogni anfratto dell’Oldest House così da scoprirne tutti i segreti.
Non si tratta di semplici espedienti per allungare il brodo, o degli abusatissimi collezionabili, che ci sono ed approfondiscono questo interessante microuniverso narrativo. Stiamo parlando di vere e proprie missioni secondarie che ruotano intorno ai residenti dell’FBC. Quello che colpisce di queste missioni è la qualità con la quale sono state scritte e confezionate, riuscendo in più di un’occasione a risultare più convincenti della stessa trama principale. Non mancano poi i vari easter egg ai precedenti lavori di Remedy, in particolar modo una morbosa attenzione per Alan Wake, che lo colloca nella stessa linea temporale, stuzzicando i fan per un eventuale seguito.
I poteri forti dell’F.B.C.
Ma non si vive di sola storia, e Control riesce a primeggiare anche per quanto riguarda gli aspetti del gameplay. Da questo punto di vista ci troviamo di fronte alla summa di 25 anni di esperienze maturate, proponendo un gunplay che è la diretta evoluzione di quello di Quantum Break.
Semplice, immediato senza troppi orpelli o barriere, Control mette subito a suo agio il giocatore non appena impugnerà l’Arma di Servizio, una particolare pistola che muterà il suo aspetto cambiandone connotati e funzionalità in base alle esigenze.
Si potrà usare come una normale pistola, o sfruttarne la potenza di fuoco emulando un fucile a pompa o un lanciagranate, o diventare letali cecchini con l’apposita modifica. Ogni variante propone poi delle mod, che se equipaggiate riescono influenzare le statistiche rendendo di fatto l’Arma di Servizio ancora più letale. La già citata semplicità del gunplay viene ribadita anche nello sviluppo delle modifiche, ottenibili raccogliendo materiali dai nemici caduti, o dall’assenza di munizioni che saranno sì infinite ma necessiteranno di brevi cooldown per effettuare la ricarica.
Ma l’Arma di Servizio non sarà la sola risorsa su cui Jesse potrà fare affidamento. Ed ecco che qua entrano in campo i poteri che la ragazza potrà acquisire nel corso dell’avventura. Si va dalla schivata rapida, che le permette di fuggire da situazioni scomode o estendere la portata dei salti, a poteri cinetici in grado di sollevare oggetti e scagliarli contro i nemici. O ancora un potente scudo che le consente di parare i colpi nemici, o la possibilità di levitare per pochi istanti, così da raggiungere nuove aree e passaggi altrimenti preclusi.
L’uso dei poteri aggiunge quel qualcosa in più agli scontri, che guadagnano un dinamismo che spesso manca negli action moderni. Il livello di difficoltà non sarà mai troppo alto, ma specie nelle fasi avanzate, un uso attento dei poteri e un briciolo di attenzione saranno necessari per superare le molteplici avversità che ci troveremo davanti.I poteri poi potranno essere migliorati attraverso un apposito menù spendendo i punti esperienza guadagnati completando le varie missioni, principali e secondarie che sia.
Sempre riguardo alle abilità di Jesse, queste si riveleranno fondamentali per l’esplorazione della Oldest House. Come detto in precedenza Control propone una struttura ludica più aperta e non strettamente legata alla narrazione. Non un open world in senso stretto, ma più una struttura alla Bioshock o alla Batman: Arkham Asylum. Avremo quindi un hub generale dal quale si diramano le diverse strutture secondarie, il tutto in un processo esplorativo molto vicino a quello dei moderni metroidvania. Proseguendo con la missione principale si renderanno man mano disponibili le nuove aree e sarà doveroso tornare sui propri passi una volta ottenuti nuovi poteri per sbloccare nuove sezioni altrimenti irraggiungibili.
Tutto funziona alla grande, anche grazie una rete di viaggi rapidi che una volta “liberati” dai nemici, permettondo di raggiungere più velocemente la nostra destinazione. Unico neo di un sistema quasi perfetto riguarda la realizzazione di una mappa che non riesce a dare al giocatore le dovute informazioni, rendendo spesso difficile orientarsi in quel labirinto di cemento che è la Oldest House.
Il cinema fatto gioco
E se storia e gameplay sono al top per quello che riguarda la produzione attuale degli action game, possiamo ritenerci più che soddisfatti per il livello tecnico raggiunto da Remedy con Control.
Non sono la cura per i dettagli a farla da padrone, o un level design sopraffino, o ancora la quantità di effetti che “esplodono” a video in un’orgia visiva veramente impressionante, nonostante anche sulle console maggiori il tutto viaggi con il freno a mano di un “cap” del frame rate a 30 quadri al secondo, fortunatamente abbastanza solido. Remedy ci ricorda che nel 2019 possiamo avere un titolo di qualità e un motore fisico in grado di proporre una e distruttibilità ambientale quasi totale. Sembra un dettaglio da poco, ma ritrovarsi nel vivo dell’azione, a fronteggiare i nemici mentre intorno a noi l’ambiente deflagra è una sensazione che va ben oltre il personale appagamento.
Remedy si dimostra maestra nel plasmare il gioco al suo volere e lo fa fin da subito, con allucinazioni e visoni oniriche che distorcono la percezione del giocatore, che si troverà a viaggiare fra molteplici realtà, quella dell’F.B.C. e l’altra mistica del Piano Astrale, una sorta di mondo parallelo che sfugge alle leggi della fisica e del reale.
Anche i legami alla cinematograficità riemergono nei filmati in “real time”, unendo riprese reali a composizioni in computer grafica, con soluzioni tanto curiose quanto efficaci alla narrazione della storia. Control da questo punto di vista è il titolo che spinge di più sulla sperimentazione visiva, in un processo artistico marcato ed identitario, che propone alcuni passaggi che andrebbero posti di diritto in un manuale del game design.
C’è qualche problemino qua e là. Qualche artefatto grafico o bug di troppo (nella versione da noi testata su Xbox One X, mettendo il gioco in pausa e togliendola spesso e volentieri l’engine impazziva, obbligandoci ad aspettare qualche secondo prima che tutto tornasse alla normalità), ma nulla che riesca a scalfire un’esperienza tanto solida quanto appagante come quella di Control.
Chi si aspettava invece un lavoro di adattamento al pari di Alan Wake e Quantum Break forse rimarrà un po’ deluso. L’opera Remedy manca il centro perfetto proponendo solamente il doppiaggio originale inglese, supportato dai sottotitoli nella nostra lingua. Non un grande dramma a dire il vero, ma un qualcosa in meno rispetto ai precedenti titoli. Unico appunto che ci sentiamo di fare al doppiaggio riguarda una certa piattezza del dub originale, accentuato maggiormente dai continui monologhi interiori di Jesse che spezzano di netto la conversazione con il proprio interlocutore.
Da Oscar invece tutto il comparto audio, sia quello che riguarda i rumori ambientali, sempre presenti con quel “sussurro” compulsivo che ci accompagnerà nella testa per tutto il gioco, sia per le musiche, utilizzate sempre con sapienza, e in grado di supportare nel migliore dei modi quello che avviene a video.