DRAGON QUEST I & II HD-2D Remake – La Recensione

Dragon Quest

Si conclude così la trilogia dei giochi di Dragon Quest dedicati al leggendario eroe Erdrick.

Un anno dopo l’uscita di Dragon Quest III HD-2D Remake eccoci di nuovo qua su queste pagine per il continuo di questo revival dei primi capitoli originali di Dragon Quest. Con Dragon Quest I & II HD-2D Remake si chiude la trilogia di Erdrick, la cui eredità prosegue nei primi due giochi della saga, andando a completare il primo grande ciclo di avventure del mondo di Dragon Quest.

Disponibile dal 30 ottobre su console e PC, è finalmente arrivato il momento di riscoprire questi due classici senza tempo del JRPG.

Nonostante sia stato il terzo a uscire, Dragon Quest III narrava la genesi di Erdrick, il leggendario eroe che sconfisse il Dragonlord e riportò la pace nel regno di Alefgard. Dopo un lungo periodo di quiete, però, il perfido signore dei demoni è pronto a fare ritorno, gettando nuovamente il mondo nel caos.
Dragon Quest I riparte proprio da qui, mettendoci nei panni di un discendente della dinastia di Erdrick, che ne eredita il pesante ruolo di eroe e parte per intraprendere una missione più grande delle sue possibilità, nel tentativo di fermare nuovamente il malvagio Demonlord e riportare ancora una volta la pace nelle terre del regno.

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Fra i tre titoli della trilogia di Erdrick, Dragon Quest I è il più atipico e quello più ancorato alle sue origini “antiche”. A differenza del classico gioco di ruolo e dell’idea di “party” che unisce le forze per affrontare un obiettivo in comune, Dragon Quest I è un’avventura in solitaria. Per tutto il gioco vi troverete a visitare villaggi e dungeon, ma lo farete potendo contare solo su voi stessi. È anche l’episodio più ostico del gruppo in termini di difficoltà, e quello che ai tempi (ma anche adesso), richiedeva un maggior grinding per preparare il giocatore ad affrontare i vari nemici e boss. Non potendo contare su una squadra di supporto, i combattimenti vanno studiati con maggior attenzione, concedendoci di tanto in tanto una cura in più o qualche incantesimo di protezione per non finire in game over. Sempre rispetto agli altri due capitoli, il primo gioco della serie è anche quello strutturalmente più semplice ed ingenuo, aspetti che si riflettono giocoforza anche sul racconto. Gli eventi si susseguono con linearità, spostandoci da una location all’altra in un mondo che purtroppo non ha mai troppo di nuovo da raccontarci. Dragon Quest I è anche quello che si riesce a concludere nel minor tempo possibile, in 10/15 ore a seconda delle difficoltà che incontrerete lungo il cammino.

Al tempo stesso però questo remake dona al gioco una seconda giovinezza, quasi necessaria. La storia viene arricchita con alcuni nuovi elementi narrativi, nulla di eccessivamente intrusivo rispetto alla storia originale, ma che lo rendono ancora più connesso in termini di racconto agli altri due capitoli. Per quanto peculiare invece l’idea di un’avventura da vivere come un lupo solitario, qua si respira forse meno le atmosfere corali di Dragon Quest, dove proprio i personaggi che ci accompagnano nell’avventura donano al gioco quella tridimensionalità narrativa che è il cuore della storia della serie.

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A livello di gameplay invece ritroviamo lo stesso scheletro che è diventato la base del combat system della serie. Avremo quindi combattimenti a turni in prima persona, attacchi e magie da utilizzare in battaglia, sia da apprendere crescendo di livello che attraverso le pergamene, dei rotoli monouso che conferiscono grandi poteri a chi ne assimila il contenuto. Grande importanza per quanto riguarda gli equipaggiamenti, con un’attenzione particolare verso quelli maledetti, che se indossati, vi forniranno un malus (a volte anche abbastanza significativo) in cambio di statistiche di attacco e difesa notevolmente aumentate, che per essere rimossi richiedono di visitare una delle chiese dove è possibile effettuare un rituale di purificazione. Più avanti nel gioco avrete accesso anche ai sigilli, dei potenti artefatti che vi doneranno doversi vantaggi in base alla natura del sigillo stesso. Dal remake del terzo capitolo ne eredita tutti i miglioramenti sulla qualità del gioco, dalla possibilità di aumentare la velocità delle battaglie, con tanto di combattimento automatico, fino a alla possibilità di sfruttare il viaggio rapido per spostarsi velocemente da un luogo ad un altro, o l’auto-save, che vi verrà in aiuto in caso di morte. Nell’addolcire il gioco troviamo poi altre opzioni come la possibilità di segnare sulla mappa tesori o luoghi di interesse, o il selettore della difficoltà, che nel livello più basso attiva l’immortalità, consentendoci di goderci il gioco e la storia senza lo stress dei combattimenti.

Se Dragon Quest I nell’essere primordiale risulta quasi sperimentale, con il secondo capitolo Yuji Horii e compagnia bella gettavano le basi per quella che sarebbe diventata la formula classica dell’intera serie.

Ambientato nuovamente circa un centinaio di anni nel futuro, il mondo di Dragon Quest II è profondamente cambiato. I discendenti dell’eroe del primo capitolo hanno intrapreso strade diverse fondando nuovi regni e vivendo in pace ed armonia fra di loro. Purtroppo però l’arrivo di una nuova minaccia e la distruzione del regno di Moonbrooke obbligherà i discendenti di Erdrick, ovvero il principe di Midenhall, e i suoi tre cugini, Caranoc e Matilda di Cannock, e Priscilla di Moonbrooke ad unire le forze per fermare l’avanzata di questo nuovo pericolo.

In questa nuova edizione, Dragon Quest II è quello che ha subito più modifiche e aggiunte al racconto, con l’aggiunta di Matilda, la sorella di Caranoc che non solo si unirà a noi nell’avventura come membro fisso del party, ma avrà un ruolo attivo nel racconto. Trova spazio anche uno scenario sottomarino inedito, così come l’introduzione delle pergamene e dei sigilli già visti nel prequel. Il rimaneggiamento della storia funziona estremamente bene, aggiungendo anche diverse nuove linee di dialogo e riconfezionando il tutto, riuscendo a convincere addirittura più di Dragon Quest III, laddove il terzo capitolo soffriva dell’assenza di comprimari ben delineati, sostituiti da membri del party creati dal giocatore.
Qua ognuno dei quatto protagonisti ha una sua identità ben definita, e il loro apporto al racconto è fondamentale, creando la giusta drammaticità o quei momenti un po’ più spensierati e leggeri che possiamo vivere fra uno spostamento e l’altro sulla mappa.

Anche a livello di gameplay, ancora lontani dalla meccanica del job system di Dragon Quest che debutterà (come abbiamo visto nel terzo capitolo), i protagonisti del gioco sono più caratterizzati da una classe predefinita, che è possibile un po’ alterare con l’intervento delle pergamene, ma che li definisce senza troppe misure nei ruoli di paladini, guerrieri e maghi. Rispetto al primo capitolo in solitaria, il ritorno ad un party classico a quattro addolcisce un po’ di più la sfida generale, con la divisione dei compiti e con la possibilità di avere supporto costante in caso uno dei membri del party venga messo fuori gioco.

Dragon Quest

A livello di aggiunte anche qua ritroviamo le stesse degli altri due giochi, omologando il tutto e rendendoli come parte di una sola grande avventura divisa in tre atti. Lo stesso lo si può dire con la scelta di utilizzare lo stile grafico dell’HD-2D che fa da trait-union in questo remake. Ancora una volta la scelta di utilizzare questa tecnica grafica omaggia e valorizza il retaggio 8bit dell’opera, mettendo in risalto il fascino vintage dei giochi originali che ben si sposa con questa tipologia di operazioni. Come avevamo sottolineato durante la recensione di Dragon Quest III, anche in questo caso si tratta dell’HD-2D migliore che Square Enix ci abbia proposto fino ad oggi, e soprattutto con il secondo capitolo, Team Asano e ARTDINK hanno ricreato alcune delle location iconiche del gioco in questa nuova veste tridimensionale, facendo un ottimo lavoro in fase di ricostruzione del gioco. In generale i due giochi appaiono molto colorati e solari, nel pieno stile della serie e delle ultime produzioni in casa Dragon Quest, con un’attenzione particolare nel preservare il design di personaggi e mostri, rigorosamente realizzati con un 2D “pixellossissimo”, il più fedele possibile al materiale originale realizzato dal maestro Akira Toriyama.

Anche le musiche, esattamente come nell’altro remake, sono nuovamente orchestrate dalla Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra, così come troviamo un inedito doppiaggio che vi farà compagnia per gran parte degli eventi principali della storia. Sempre in linea con Dragon Quest III abbiamo un adattamento molto curato e mai troppo eccessivo, come successo in altri episodi della serie, cosa che lo rende molto piacevole da seguire.

Con l’uscita di Dragon Quest I & II HD-2D Remake, si chiude finalmente il cerchio sulla trilogia iniziare di questa storica serie JRPG e delle gesta dell’eroe leggendario Erdrick. Un trittico di giochi che trova una nuova linfa vitale grazie al lavoro di mani esperte come quelle Team Asano e ARTDINK che hanno saputo trattare il materiale originale con estrema cura e amore, aggiungendo nuovi contenuti e riconfezionandoli in una nuova veste grafica estremamente accattivante e dal fascino retrò. Che siate fan storici della serie, o giocatori alle prime armi, riscoprire le origini della serie di Dragon Quest con questi remake è quasi un dovere che vi lascerà piacevolmente stupiti. E una volta divorati, non temete, la vostra fame di Dragon Quest verrà placata a breve con il reimagining di DRAGON QUEST VII.

DRAGON QUEST I & II HD-2D Remake sono disponibili su console e PC.

Dragon Quest
DRAGON QUEST I & II HD-2D Remake – La Recensione
Pro
Lo stile HD-2D di questi remake è sublime.
Le aggiunte alla storia di Dragon Quest II ne migliorano notevolmente il racconto.
I vari "quality of life" snelliscono il peso degli anni di gameplay e combat system...
Contro
...un opzione per gestire anche la frequenza degli scontri casuali sarebbe stata gradita.
Dei tre remake, Dragon Quest I è più debole del pacchetto.
8.5
Voto