A caccia di tesori con Erik e Mia in Dragon Quest Treasures!
Dragon Quest, in Giappone, è una delle serie più prolifiche dell’intero panorama videoludico e questo grazie a un intero ecosistema in grado di espandere l’universo di gioco con numerosi spin-off. Nel corso degli anni, infatti, sono usciti solo undici titoli numerati mentre innumerevoli sono gli spin-off pubblicati da Square Enix e dalla matita da disegno di Akira Toriyama.
Già all’annuncio aveva sorpreso come si potesse tranquillamente presentare ad un gioco con protagonisti due dei personaggi presenti in Dragon Quest XI senza approfondire ulteriormente quella fantastica storia, ma le ore passate in compagnia di Treasures hanno rivalutato completamente quella sorpresa facendola diventare puro divertimento.
Benvenuti nella recensione di Dragon Quest Treasures!
Un mondo tutto da scoprire
Come già citato precedentemente, Treasures prende due personaggi di Dragon Quest XI – Erik e sua sorella Mia – in un’ambientazione precedente al titolo principale e più precisamente prima che questi conoscessero il Lucente.
Inizialmente, Erik e Mia si ritrovano su una nave vichinga e la loro voglia di esplorazione li porta a fuggire verso il continente di Draconia, seguendo così l’avventura e scoprendo le meraviglie di due magici pugnali e il potere delle 7 Gemme del Drago che dovranno recuperare nell’intero arcipelago. I due si ritroveranno a visitare svariate terre proprio alla ricerca di queste gemme e nel mentre dovranno avere a che fare con altre squadre di cacciatori di tesori pronti a fare di tutto per arrivare prima e conquistarne l’immenso potere.
Il prologo non rende merito a Treasures come dovrebbe e tanti potrebbero essere tentati di non continuare l’avventura, ma la parte interessante arriva proprio verso la fine delle prime ore in quanto in quel momento, viene sbloccata la componente open world del gioco. Treasures, infatti, vede Erik (o la sorella, nel caso si voglia giocare nei suoi panni) visitare le varie zone dell’arcipelago alla ricerca di tesori in grado di far salire di grado la sua gilda, alimentando per certi versi una sorta di piacere nella ricerca sempre più incessante di rarità.
Nel corso dell’avventura, la progressione è legata al ritrovamento delle Gemme del Drago, infatti migliorare la propria gilda permette di scoprire maggiori indizi sulla loro posizione in modo da anticipare e superare così i propri rivali. Il gioco è pieno di missioni principali e secondarie – queste disponibili anche giornaliere – che, però, potendo partire tranquillamente in esplorazioni libere anche senza un vero e proprio compito, non sempre sono completamente legate alle quest.
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Attraverso l’hub di gioco sarà possibile selezionare un arcipelago insieme a una mappa di tesori scovabili nell’area, la presenza di diversi compagni in team permetterà ad alcuni bonus di aumentare la probabilità per trovare qualcosa di particolarmente raro. Una volta arrivati a destinazione si entra in un’open map dove la libertà di agire è la primissima regola: si potrà esplorare tutta l’area in una sorta di completismo a la “Death Stranding” oppure andare dritti verso le prime aree nella speranza di trovare tesori abbastanza rari da far salire il nostro grado, sbloccando così ulteriori indizi verso la fine della trama principale.
La (ri)scoperta dell’esplorazione
Dragon Quest Treasures vive la sua giovinezza e l’intera esperienza nel gameplay e in quella piccola droga che diventa l’esplorazione alla ricerca dei più disparati tesori. Il gameplay loop che si crea, infatti, vede il protagonista e compagni esplorare i vari biomi alla ricerca di tesori più o meno rari che verranno segnalati – e successivamente portati – dal resto del team. Quelli più rari, però, dovranno essere recuperati tramite il Tesoroscopio che entrerà in funzione quando saremo nei dintorni.
Questa meccanica permette di unire la visione dei tre compagni in modo da localizzare il forziere da raccogliere. La gestione dell’inventario e di quanti tesori possano portare i mostri è uno dei punti fondamentali durante l’esplorazione: ognuno di essi, infatti, potrà averne solo un numero limitato e una volta che andranno KO ci sarà il rischio di perdere il loot e bisognerà correre per recuperarlo. Se, invece ad essere messo KO sarà il protagonista, il game over comparirà inevitabile e saremo costretti a ripetere l’ultima sezione di gioco.
Non sono tantissime le percentuali di rischio di fare questa fine, però, a patto di evitare le zone con i nemici di livello più alto al nostro, anche se con sapienza e allenamento, sarà possibile schivare tutti gli attacchi e pian pianino sconfiggere qualsiasi minaccia ci si pari davanti.
Portare i tesori al rifugio permette la loro valutazione e qui iniziano le chicche vere e proprie per i fan della serie che – sicuramente – potranno riconoscere con familiarità svariati cimeli che riporteremo a casa. Un grandissimo accento, infatti, lo pone il recupero di oggettistiche varie che andranno a ricordare nemici, boss, reliquie o più semplicemente avventure dei vecchi Dragon Quest in un tributo a tutto quello che è la saga e che può portare i più anziani a versare qualche lacrima ricordando magari particolari momenti o nemici più difficili da sconfiggere che in passato hanno dato qualche grattacapo in più.
Seppur non stiamo parlando di un gioco particolarmente impegnativo – poche saranno le occasioni di game over a patto di rispettare la gestione dei livelli – Treasures vive completamente su quel gameplay loop che porta continuamente il giocatore a esplorare basando l’intera partita sul raccogliere ogni tipo di tesoro, aumentarne la rarità e cercare di migliorare sempre di più la propria gilda reclutando più mostri possibili in modo da aumentare i rate di determinati tipi di forzieri.
Due parole se le merita anche il gameplay vero e proprio: Treasures è divertente non solo per il loop che si crea nella ricerca dei tesori ma anche per la gestione del sistema di combattimento che risulta semplice ma, allo stesso tempo, in grado di fornire una sfida a patto di non essere over livellati. Erik/Mia viaggeranno per Draconia con un team di tre mostri, armati solo del proprio pugnale e di una fionda, cercando di sconfiggere ogni tipologia di nemico che si para davanti.
Il combattimento non avviene in pieno stile dei classici Dragon Quest – quindi a turni – ma in una sorta di modalità action dove attaccare e schivare con il giusto tempismo può aiutare a sopravvivere anche contro i nemici più potenti. A parte i primi due mostri che ci faranno compagnia da inizio gioco, per comporre il nostro team sarà necessario procedere con il reclutamento dei compagni. Questo potrà avvenire sconfiggendoli in battaglia e successivamente utilizzando i materiali conquistati durante le varie avventure per acquisire i loro servigi.
Reclutare più creature serve principalmente per la gestione dei tesori di Draconia: ogni mostro migliora la chance di trovare determinati forzieri e più questa aumenta più la rarità del tesoro sarà maggiore, fino a raggiungere numeri da capogiro. Il gameplay loop è tanto divertente quanto può venire a noia dopo poche ore, il nostro consiglio è quindi quello di aumentare il numero di sessioni diminuendo però la loro durata in modo da non incappare in quella spirale di ripetitività ben poco divertente.
Il tesoro è al sicuro?
Un’ultima analisi, prima dei giudizi finali, va riservata al lato tecnico che vive di luci e ombre. Le ambientazioni sono realizzate splendidamente e funzionano, ricordando tanto quell’atmosfera vissuta in Dragon Quest XI, ma il tutto viene vanificato da alcune indecisioni tecniche dovute principalmente a Nintendo Switch. La console di casa Nintendo, infatti, vive il suo prepensionamento in uno stato in cui è difficile valutarne l’efficacia a causa dello scorrere del tempo che mostra inesorabilmente la sua crudeltà. Il gioco essendo un’esclusiva è giocabile solo su Switch ed è difficile capire come faccia fatica a decollare tecnicamente quando solo pochi mesi fa è uscito quel capolavoro di Xenoblade Chronicles 3 che mostra a gran parte della scena dev come ben sviluppare su un hardware così datato.
In conclusione Dragon Quest Treasures è un gioco divertente nonostante presenti un chiaro limite a livello di gameplay. Seppur interessante e godibile, è fin troppo pregno di cose da fare, rendendo così difficile arrivare alle battute finali, con il rischio di annoiare e sfinire il giocatore. Se, appunto, a volte è un pregio avere un gameplay così ampio e libero come quello di Treasures, d’altro canto la ripetizione di determinate azioni può risultare fin troppo ridondante e dispersiva, provocando quell’effetto “Death Stranding” che tanto è stato criticato al momento della sua uscita.