Siamo certi che anche voi, come noi, avete provato il desiderio di guardare un film e di deciderne lo sviluppo dall’inizio alla fine.
Ovviamente ci rendiamo conto che negli ultimi anni ci sono state molteplici realtà che hanno più volte tentato la strada dei film interattivi (con risultati non sempre esaltanti, a dire il vero), ma capita ancora che qualche software house o casa di produzione cinematografica cerchi di affermarsi in questa particolare nicchia di mercato. Nicchia che, nonostante ambisca a raccogliere due differenti tipi di pubblico, spesso finisce per non esaltare nessuno, venendo relegata nel limbo dei prodotti definiti “belli, ma”. I ragazzi inglesi di FlavourWorks, qui alla loro opera prima, tentano di imporsi sul mercato con Erica, esclusiva PlayStation 4 annunciata alla Paris Games Week del 2017 e ricomparsa quasi due anni dopo alla Gamescom 2019, per poi finire sullo store digitali di Sony subito dopo il termine della cerimonia d’apertura dell’evento. Da grandi amanti della narrativa (videoludica e non), abbiamo messo immediatamente le mani sul titolo e siamo finalmente pronti a parlarvene!
Quando la storia è il gioco
Erica, al di là di essere il titolo della produzione FlavourWorks, è anche il nome della protagonista della nostra storia, interpretata da una delicata e leggiadra Holly Earl (Beowulf, Humans, Loving Vincent). In seguito alla scomparsa della madre e all’omicidio del padre, avvenuto davanti ai suoi occhi quando era piccola, Erica non si è mai ripresa del tutto, continuando a sognare quella notte e vivendo la sua vita con angoscia e agitazione. Emozioni che, in seguito all’arrivo di un misterioso pacco insanguinato, non potranno fare altro che crescere, spingendo la ragazza a chiedere aiuto alla polizia e, nello specifico, al detective Blake. Per evitare che qualcosa di grave possa accadere alla ragazza, l’agente decide di nascondere Erica presso la Delphi House, un istituto di cura messo in piedi dal padre, insieme al suo amico Lucien Flowers (Terence Maynard). Neanche il tempo di entrare nell’edificio che le cose si dimostreranno essere molto più misteriose di quanto possano sembrare, spingendo Erica in un mistero che starà a noi tentare di sbrogliare.
Jack Attridge e Pavle Mihajlovic, fondatori della software house inglese e registi di questa loro opera prima, raccontano un thriller dal buon ritmo e con più di qualche momento davvero riuscito. Vista la natura del prodotto, non tutte le storyline ci portaranno a comprendere ogni singolo sviluppo della trama, spingendoci più volte a ripetere l’avventura per variare il nostro percorso e, di conseguenza, per aggiungere tasselli al complesso mosaico che compone la storia di Erica. Nel corso delle nostre run, ci è capitato di affrontarne alcune quasi del tutto prive di colpi di scena (se non nel finale) e altre molto più dinamiche, con veri e propri momenti di tensione capaci di farci tenere le mani salde al nostro cellulare (o Dualshock 4, come scoprirete nel prossimo paragrafo). L’interpretazione degli attori, per quanto talvolta eccessivamente stereotipata, è riuscita a convincerci in tutti i nostri tentativi di portare a casa la pelle di Erica sana e salva. Ogni nostra storyline si è risolta all’incirca nella durata media di un vero e proprio film, non superando mai le tre ore e, spesso, attestandosi attorno ai 120 minuti.
Ci sentiamo di fare un plauso alla regia che, pur rimanendo ancorata a determinati stilemi in più punti, è riuscita a colpirci durante determinati cambi scena e in alcune, oniriche, sezioni di transizione visiva. Non stiamo parlando di grande cinema, sia chiaro, ma sicuramente qualcosa di maggiormente curato rispetto alla gran parte di produzioni interattive di questo tipo.
Quando il gioco è la storia
Non vi nascondiamo che, per quanto riguarda il puro e semplice gameplay, non ci sia molto da dire su Erica, anche se i ragazzi di FlavourWorks hanno pensato a qualche piccolo stratagemma per rendere il tutto più interattivo.
Partiamo da un dato di fatto: Erica può essere giocato sia con il touchpad del Dualshock 4 che attraverso la companion app scaricabile gratuitamente dallo store digitale del vostro cellulare, sia esso Android o Apple. Se nel secondo caso i comandi risultano essere intuitivi e comodi da usare, essendo tutti abituati a tenere in mano un cellulare per gran parte della giornata, il discorso è un po’ diverso per l’utilizzo del controller di PlayStation 4 che, pur rimanendo estremamente preciso, non riesce a trasmettere la medesima naturalezza, dandoci l’illusione di star giocando a un videogioco nel senso più classico del termine. Il titolo della software house inglese, però, è davvero poco assimilabile a un prodotto videoludico standard appartenendo più alla linea PlayLink, ma non vantando alcun tipo di multigiocatore. Proprio riguardo quest’ultimo punto, ci sentiamo di fare una piccola critica agli sviluppatori: se proprio in questi giorni è stato reso disponibile Man of Medan e già in passato abbiamo potuto mettere le mani su Hidden Agenda, ci è sembrato un leggero passo indietro rispetto al mercato non presentare alcun tipo di multigiocatore e/o di scelte condivise. In Erica, infatti, la fruizione è limitata a una serata in solitaria oppure, forzando la mano, obbligando il giocatore con in mano il cellulare/controller a leggere a voce alta le possibilità a schermo, per poi raccogliere i pareri di tutti e prendere le dovute decisioni (cosa estremamente scomoda).
Il titolo FlavourWorks, al di là delle decisioni da prendere e di qualche QTE, presenta una serie di semplici meccaniche che rendono il tutto più interattivo: è possibile, infatti, compiere azioni semplici imitandone il gesto sul touchpad (come muovendo le dita verso il basso per accendere uno Zippo) o muovere le dita sul nostro dispositivo per mettere a fuoco un piano piuttosto che un altro, fungendo da focus visivo per la protagonista, che così noterà cose differenti in base a dove decideremo di guardare/concentrarci. Nulla di rivoluzionario, ma sicuramente piccoli dettagli che, in una serata da soli sul divano, contribuiscono a proiettare maggiormente il giocatore/spettatore all’interno della storia.
Segnaliamo, infine, la mancanza di un albero delle scelte in stile Detroit: Become Human, cosa che ci ha spinti a muoverci per tentativi, nella speranza di non capitare mai due volte nella stessa storyline, ma che riteniamo ormai dovrebbe essere obbligatorio per qualsiasi prodotto di questo tipo.
Tecnicamente è la realtà!
Da un punto di vista visivo non c’è nulla da aggiungere al fatto che tutta la produzione è realizzata attraverso attori in carne e ossa, che vantano una notevole recitazione in inglese, ma che purtroppo non viene sempre valorizzata dal doppiaggio, che in più di qualche momento ci è sembrato un po’ spento e poco emotivo. Ottima la pulizia dell’immagine e la colonna sonora realizzata da Austin Wintory, che presenta più di qualche traccia davvero memorabile e capace di meritarsi l’ascolto anche una volta spenta la console. Del tutto assenti i problemi tecnici tipici dei videogames e, anzi, ci sentiamo di elogiare la straordinaria abilità degli sviluppatori di rendere un prodotto di questo tipo fluido e naturale, come un vero e proprio film, senza alcun tempo morto tra una decisione e l’altra!