Due visual novel tornano dal passato. Scopritele in Famicom Detective Club!
Il 2021 sembra l’anno della rivincita delle visual novel e Nintendo Switch la console perfetta su cui giocarle. In soli pochi mesi la softeca si è arricchita con diversi titoli, dalle avventure ibride alla World’s End Club a quelle più classiche, come Famicom Detective Club, i due giochi che andremo a recensire oggi, a cui a breve si affiancheranno anche gli inediti contenuti nella The Great Ace Attorney Chronicles di Capcom.
Per quanto riguarda Famicom Detective Club ci troviamo di fronte ad un vero e proprio “cold case”.
Usciti originariamente per il lettore di dischi ottici disponibile unicamente in Giappone per Famicom, nel corso degli anni sia The Missing Heir che The Girl Who Stands Behind hanno avuto modo di essere ripubblicati nel tempo, fra raccolte varie e Virtual Console, senza però mai lasciare la terra d’origine. La sorpresa però è arrivata lo scorso febbraio, quando durante il Direct di Febbraio, con il classico colpo di testa di Nintendo sono stati annunciati i rispettivi remake, facendo si che arrivassero per la prima volta in Europa localizzati in inglese.
Una mossa che per molti è sembrata il voler raschiare il fondo del barile di un offerta povera di titoli per il 2021, ma che in realtà si rivela l‘occasione perfetta per mettere mano su due pezzi che han fatto la storia delle visual novel che finalmente, in maniera del tutto inaspettata, arrivano a noi in lingua comprensibile, accompagnati da un remake che ne riscrive l’estetica adattandola agli standard odierni.
Se fosse un anime, la serie di Famicom Detective Club troverebbe moltissime similitudini con Detective Conan, mantenendo però un tono più serioso e un’attitudine sfacciata al giallo all’italiana degli anni ’70, genere al quale Yoshio Sakamoto, il creatore della serie è un fan devoto (tanta l’ispirazione alle opere di Dario Argento). E son proprio queste premesse che fanno emergere i due titoli per il loro racconto, scritti più di 30 anni fa, ma che incredibilmente han retto alla grande la prova del tempo, a dimostrazione di quanto fossero buone le opere originali.
The Missing Heir vi trasporterà ad indagare sull’omicidio della matriarca della una potente famiglia Ayashiro, alle cui spalle sembra celarsi un intricato gioco di potere orchestrato dagli eredi, tutti principali sospettati di un omicidio il quale pare non avere una risoluzione. A complicare le cose ci pensa poi l’amnesia che ha colpito il nostro protagonista, elemento che potrebbe essere il punto di svolta dell’indagine.
The Girl Who Stands Behind si colora invece di tinte horror, con un prequel che ci porterà a scoprire il passato del protagonista, della sua vocazione come detective e del rapporto con Ayumi, la giovane assistente di The Missing Heir, qua più presente in una storia che la coinvolgerà direttamente.
Due storie che possono tranquillamente essere giocate nell’ordine che si preferisce, senza che queste rivelino dettagli che possano in qualche modo compromettere l’altra avventura.
Rimaniamo volutamente vaghi sui vari intrecci narrativi perché sia The Missing Heir che The Girl Who Stands Behind fanno del mistero e del colpo di scena il loro punto di forza, e questa forza si crea proprio nello scoprire passo passo nuovi elementi narrativi che ci aiuteranno a proseguire nel racconto.
Trattandosi di due visual novel “pure”, che non presentano nessun tipo di gameplay che si discosta dalla componente investigativa, le varie fasi attive vedono l’interazione del protagonista con gli altri personaggi della storia o con gli ambienti del fondale, alla ricerca di indizi preziosi per il caso.
Ad aiutarci avremo un menù dedicato alle azioni eseguibili, che riprende l’essenzialità stilistica dei capitoli originali, elencando a cascata tutte le varie opzioni. Si potrà scambiare qualche parola con i sospettati o con i testimoni, man mano proponendo vari “soggetti” di discussione e sbloccando nuovi topic a seconda di come indirizzeremo la chiacchierata. Sarà possibile poi esaminare li stessi, o l’ambiente circostante nella speranza di trovare qualche prova, e nel caso sottoporla all’attenzione del nostro interlocutore in modo che ce ne parli o ci dia qualche risposta. Ci si potrà spostare anche di location, ma spesso questa azione è limitata al proseguire della storia o legata ad essa, e quindi contestuale all’indagine.
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Per quanto questo sistema sia molto intuitivo ed estremante lineare, durante le nostre partite è capitato spesso di trovarci ad un punto morto obbligandoci ad andare un po’ a tentoni nell’imbeccare la sequenza giusta di azioni da eseguire che sbloccassero nuove opzioni di dialogo o spostamenti. Se è vero che questa meccanica un po’ trial & error all’acqua di rose faccia parte del “gioco”, risulta meno efficace quando non si è stimolati in alcun modo, ad esempio da un sistema di valutazione o da una sorta di “game over” in caso di risposte errate (un po’ come avviene ad esempio in Ace Attorney). Questo fa si che andrete a tentoni fin quando non imbeccherete il giusto pattern fino al prossimo “blocco”.
Nonostante questo elemento vittima di un gameplay attempato, entrambi i titoli riescono ad essere due “letture” molto interessanti e stimolanti, e cosa più interessante non così banali e prevedibili come uno potrebbe aspettarsi, mescolando realtà e folklore in due racconti che riescono a tenere incollati allo schermo per circa 10 ore ad avventura.
Trattandosi di una visual novel la portabilità di Switch diventa un valore aggiunto non da poco.
Potremo così godere dei due giochi senza la necessità di dover stare incollati allo schermo della tv, magari assorti in tranquillità nella vostra zona di casa preferita o fuori.
Il remake di Famicom Detective Club è stato affidato da Nintendo a dei veterani del genere, Mages Inc., nome che ai più non dirà nulla ma per chi mastica visual novel ricorderà per Steins;Gate o gli altri giochi della serie Science Adventure. Molto attivi proprio con questa tipologia di avventura ad impressionare è la tecnica usata per animare i vari dialoghi.
Solitamente ci si trova di fronte a sagome statiche più o meno animate ma in generale la componente grafica è tremendamente statica e a servizio del solo testo. Qua l’opera di rifacimento va ben oltre il compitino, mettendo in scena modelli completamente animati alla stregua di un anime, con diversi effetti di transizione e brevi sequenze video, creando una dinamicità che spesso manca in questo genere e che speriamo venga ripreso come modello per le opere future di Mages Inc.
Buona anche la qualità dei disegni che tracciano il chara design dei personaggi, così come per le ambientazioni, mantenendo uno stile pulito e non troppo ricercato che richiama l’immaginario degli anni ’90, periodo a cui appartengono i due giochi della serie Famicom Detective Club.
A completare il tutto abbiamo un doppiaggio completo in giapponese, mentre l’opera di adattamento si ferma alla sola lingua inglese. Per quanto questo fattore possa spaventare chi non ha praticità con la lingua, sia The Missing Heir che The Girl Who Stands Behind offrono un livello di comprensione abbastanza basilare e scolastico, diventando anche un incentivo a chi vuole fare pratica senza rischiare di venir tagliato fuori da dei testi troppo complessi o incomprensibili.
La colonna sonora chiude il cerchio di questa “operazione nostalgia” con la possibilità di passare liberamente dalle tracce originali a quelle arrangiate per l’occasione, e in entrambi i casi vi ritroverete con il giusto sottofondo capace di creare l’atmosfera perfetta per queste detective stories.
Famicom Detective Club: The Missing Heir & The Girl Who Stands Behind sono due titoli imperdibili per gli amanti delle visual novel.
Con le loro storie, i colpi di scena e un comparto grafico ricreato da zero e che alza il livello di questo tipo di produzioni, avrete tra le mani due giochi qualitativamente molto validi ed interessanti. C’è qualche problema legato alla natura forzatamente datata del gameplay, che vi porterà a bloccarvi in alcuni punti del racconto ma in generale si tratta di due ottime visual novel che meritano di essere recuperate.
L’unico aspetto a non convincere a pieno è il prezzo, forse un po’ troppo alto con il quale vengono proposte, e l’impossibilità di acquistare separatamente i due giochi, elemento che forse avrebbe invogliato di più l’acquisto da parte degli indecisi o dei refrattari a questa tipologia di avventura.
Per il momento l’avventura con Famicom Detective Club si conclude qua, ma chissà se questo è solo un tentativo per testare il terreno da parte di Nintendo per aprire la strada ad un nuovo capitolo, magari ambientato nei giorni nostri?