Quando si gioca a qualsiasi contenuto multimediale e non solo, morire è l’ultima cosa che si desidera. Non a caso in molti giochi si cerca di allungare il più possibile l’agonia cercando di spingere il giocatore a reagire con fermezza. Ci sono, però, giochi dove morire è una questione di attimi perché basta un colpo di proiettile o un tasto premuto troppo tardi per farvi cadere nel vuoto e morire all’istante. La vulnerabilità massima porta a studiare approfonditamente ogni meccanica e ogni mappa, morte dopo morte, per poter superare anche un breve tratto. Nemici letali, trappole e ostacoli complessi, questo è il succo di Ghostrunner.
Ghostrunner: la morte è la vera protagonista
Si tratta del nuovo action game in prima persona, sviluppato da One More Level, Slipgate6 e 3D Realms e pubblicato da 505 Games, in cui vestiremo i panni di un soldato d’élite assoldato per compiere una missione molto delicata e importante. Nonostante l’armatura bionica siamo consapevoli che ogni singolo colpo effettuato ci permetterà di vincere, ma a sua volta un singolo colpo ricevuto ci farà perdere. In Ghostrunner non è contemplata la disattenzione e non viene giustificato nemmeno il minimo errore. L’azione platform con elementi di puzzle solving vanno svolti in maniera frenetica e precisa dove i veri protagonisti sono unicamente l’adrenalina e la costante frustrazione di non superare più volte un determinato punto.
In Ghostrunner si muore, spessissimo e ogni volta sentiremo tramite il pad il peso della sconfitta, ma anche della vittoria. Dopo ogni caduta ci rialzeremo consapevoli degli errori commessi e determinati a non commetterli più. Se la sconfitta è impietosa, la velocità con cui possiamo riprendere l’azione si traduce in una galvanizzazione rapida al superamento di ogni piccolo spezzone di mappa. Il momento più piacevole è quando la katana, unica arma presente nel nostro equipaggiamento, uccide i nemici disseminati nel percorso che noi dobbiamo seguire per darci alla fuga. Tutto questo avviene mentre le meravigliose sonorità elettroniche martellano i timpani e spingono ancora più il giocatore a proseguire con uccisioni, i salti e le camminate a muro, nonostante spesso tutto questo diviene molto complesso.
La storia tra citazioni e cliché
Perché facciamo tutto questo? Sì per fuggire, ma soprattutto per compiere una missione altamente rischiosa. La Torre Dharma è l’ultimo esempio di un’umanità diversa da quella che conosciamo. Il mondo è cambiato, divenendo più oscuro, controllato e aggressivo e dalla cima della Torre, la KeyMaster nota come Mara ha ordito un colpo di stato per impossessarsi del potere. L’Architetto non ci sta e, mosso da fini ideologici alquanto nobili, ha deciso di creare l’imponente struttura per provare a bloccare il potere di Mara. Quest’ultima, però, è spietata tanto quando il suo esercito e l’unico modo per scacciarla dal suo trono è quello di chiamare in servizio un Ghostrunner, più precisamente il numero 74.
L’Architetto sarà il nostro Virgilio che ci guiderà nella sua missione suicida fino alla sommità della Dharma Tower. La storia non sarà mai la parte centrale del gioco, tutto verrà rivelato tramite brevi sequenze platform, piccoli momenti di pausa o momenti nel Cybervuoto dove impareremo alcuni talenti e conosceremo davvero i dettagli della vicenda. Non mancheranno i cliché classici dell’universo cyberpunk, ma non saranno né invasivi né predominanti e quindi possiamo accettarli senza problemi di sorta, ma anche senza provare empatia poiché la storia sarà improntata unicamente sull’azione e su come incuriosire il videogiocatore.
Un complesso e appagante gameplay
Proseguire nella missione non sarà semplice, in particolar modo perché la nostra unica arma ci permette un attacco corpo a corpo mentre gli avversari hanno sostanzialmente armi per colpirci anche a distanza. Ad entrambi ci basta un colpo per uccidere, quindi la tempestività e la precisione sono importanti. Il Ghostrunner 74 è un soldato futuristico e allora ecco che se gli avversari sono dei robot, soldati corazzati o energumeni protetti da scudi, noi possiamo controllare il tempo così da schivare i colpi e piombare anche alle spalle dei soldati avversari.
Come se non bastasse possiamo anche deviare i proiettili e usarli a nostro vantaggio per colpire i nemici, oppure sfruttare i limitatissimi shuriken o l’onda d’urto di energia per spazzare via i bersagli da distanza non obbligatoriamente ravvicinata. Insomma le possibilità sono tantissime, ma abbiamo un altro elemento di complessità: le abilità devono essere ricaricate ogni volta che vengono usate. Quindi, nonostante i nemici pare abbiano munizioni infinite e una precisione impeccabile, noi saremo limitati nell’uso delle abilità.
Il level design è punitivo, c’è poco da dire. Non c’è un singolo punto in cui non si va avanti senza fallire ripetendo costantemente l’azione cercando di memorizzare bene la giusta calibrazione di salti e ritmi di azione ansiogena. Ghostrunner è crudele, soprattutto quando ci sono punti in cui viene chiesto di compiere azioni di platforming, con sequenze di parkour e contemporaneamente dobbiamo sconfiggere gli scagnozzi di Mara. Lì diviene pressoché impossibile non morire e il superamento di tale livello dipenderà sia dall’abilità del giocatore che da un pizzico di fortuna. I livelli del gioco sono 17 e non sempre strutturati gradualmente come complessità e questa è una cosa che da un lato ci ha colpiti perché consente di alleggerire la tensione soprattutto nelle fasi avanzate del gioco, ma dall’altro lato ci hanno infastidito alcuni momenti davvero complessi presenti già a partire dal primo livello quando ancora a malapena conosciamo i meccanismi del gioco.
Morire, rinascere, saltare, schivare, uccidere, cadere, morire, rinascere, andare avanti. Queste sono le azioni che vengono svolte in Ghostrunner e sebbene siano incredibilmente adrenaliniche e donano una certa rigiocabilità grazie anche all’apprendimento di nuovi talenti nel corso del gioco, rendono l’avventura al limite tra la frustrazione e l’appagamento e pongono già un muro ai casual gamer che indubbiamente avranno più difficoltà rispetto ad un pubblico hardcore più avvezzo a questo genere di ripetitività. Quest’ultimo aspetto si scontra anche con un piccolo input lag dei comandi che portano a morti ben lontane dalla mancanza di abilità del giocatore e che portano ancora più ad una rabbia e alla voglia di rivalsa per alcuni giocatori o di abbandonare il tutto per altri giocatori.
Comparto tecnico di tutto rispetto
Tecnicamente il gioco si basa sull’Unreal Engine 4 ottimizzato davvero bene su PlayStation 4 Pro. Il gioco è fluidissimo e non vi sono cali di framerate nemmeno nei momenti più concitati. Dopotutto graficamente non presente molti elementi poligonali su schermo, ma è studiato per mettere alla prova l’eventuale implementazione del Ray Tracing grazie a scorci luminosi e a pozzanghere d’acqua che disseminano le mappe di gioco e rendono Ghostrunner un perfetto esempio di rappresentazione cyberpunk di una realtà distopica oscura.
Indubbiamente questo porta anche ad una certa ridondanza artistica proponendo scorci non sempre gradevoli sul piano della direzione artistica. Infine il comparto sonoro è di alto livello dove a fare da padrone è la musica dell’artista Daniel Deluxe che ci regala un esempio perfetto di sonorità elettroniche e retrowave che rendono coinvolgente anche la morte.
Conclusioni
Ghostrunner è un gioco davvero niente male, al netto della sua ripetitività e poca originalità. La frustrazione e la morte sono più forti della gioia nel superare un determinato punto della mappa, ma per i giocatori più esperti questo è pane per i loro denti. La storia è appena abbozzata, ma va bene così considerando che non è l’elemento cardine del titolo e quel poco che possiamo captare basta e avanza per scoprire quantomeno perché dobbiamo compiere queste missioni suicide. Nel suo genere, ancora di nicchia, è senza ombra di dubbio uno dei migliori esempi e tecnicamente è una delle migliori sorprese di quest’anno, soprattutto su console.