Glow: wrestling & Lustrini- Recensione

GLOW è una serie televisiva statunitense creata da Liz Flahive (HomelandNurse Jackie-Terapia d’urto), Carly Mensch (Orange is the New BlackNurse Jackie-Terapia d’urto), Jenji Kohan (Orange is the New BlackWeeds) e Tara Herrmann (Orange is the New Black) per Netflix. Ha debuttato il 23 giugno 2017 e, a oggi, ha due stagioni all’attivo.

Ci troviamo di fronte all’ennesimo revival anni 80, che fa l’occhiolino a una moda diventata ormai iconica, composta per lo più da glitter, pettinature esagerate, abiti luccicanti pieni di  lustrini e paillettes. Prende spunto dall’omonima serie tv andata in onda negli anni 80, di seguito la vecchia sigla di apertura:

La Prima Stagione

Ambientata a Los Angeles nel 1985, la serie segue Ruth Wilder, un’aspirante attrice che riceve un invito per partecipare a un nuovo programma di wrestling, le Grandiose Lottatrici del Wresting (GLOW). Ruth si ritrova a dover lottare con un gruppo di donne dalla personalità eccentrica sotto la guida di Sam Sylvia, uno scorbutico regista di B movie. Sul ring Ruth si ritroverà ad affrontare anche la sua migliore amica, Debbie Eagan, ex-attrice di soap opera che è venuta a sapere della relazione extraconiugale tra suo marito e Ruth.

© Netflix

 

La prima stagione non è delle migliori. Cerca di presentare la serie, ma si dilunga troppo concentrandosi sulle storie personali delle varie protagoniste. D’altronde dai produttori di OITNB un approccio del genere è prevedibile. Spesso vengono inserite delle vicende delle quali non si capisce bene il senso, che sono usate per romanzare la storia e non hanno un’utilità precisa.

Una delle cose positive è che comunque vengono trattati diversi argomenti che hanno a che fare sia con il mondo dello spettacolo che con quello che può accadere nella vita di tutti i giorni. Nella prima stagione si parla di aborto, di razzismo, di diversità e si mettono in evidenza le difficoltà che può incontrare una donna che vuole conciliare l’eterna dicotomia: lavoro e famiglia.  Inoltre viene anche mostrata una situazione più che mai attuale, ovvero il come sia difficile per una donna entrare in un mondo considerato dai più maschile. Chi avrebbe mai dato credito a delle donne wrestler negli anni 80?

Si parla anche di omosessualità, la quale però non viene mai dichiarata, ma solo lasciata intendere.

Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e sviluppati nei minimi dettagli, elemento, quest’ultimo, che comporta la non riuscita di tutti gli episodi. Insomma: vogliamo vedere incontri di wrestling, non annoiarci dietro arzigogolate bagarre sentimentali.

Il pilot lascia presagire epici incontri di lotta, ma in realtà è tutta una fuffa in quanto ci si concentra sui preparativi, l’allenamento e, come già scritto,  sulle storie delle protagoniste. La serie, per fortuna, si riprende negli episodi finali, l’ultimo  è a dir poco divertente ed “epico”,e finalmente vediamo quello per cui abbiamo aspettato tanto: un incontro di wrestling femminile, fatto di lustrini, pettinature esagerate e mosse strepitose.

La serie ha avuto successo e Glow è stata rinnovata per una seconda stagione, disponibile dal 29 giugno 2018 su Netflix, of course.

La piattaforma ha diffuso tramite il proprio canale YouTube un riassunto delle vecchie vicende, che potete vedere di seguito:

La Seconda Stagione

La seconda stagione, sono sincera, ho iniziato a vederla più per noia che per piacere, con aspettative pressoché nulle. Mi sono dovuta però ricredere: episodio dopo episodio, mi sono resa conto di avere fra le mani un qualcosa di nuovo, che parte sempre dalle vecchie vicende e manda avanti la stessa story line, ma lo fa in modo diverso, più divertente, fresco e coinvolgente.

La storia riparte da dove l’avevamo lasciata:  Ruth (Alison Brie) e Debbie (Betty Gilpin) si trovano coinvolte nella lavorazione quotidiana del fare un programma TV insieme, affrontano questioni che sono alla base della loro amicizia. Sam (Marc Maron) è ancora Sam, ma ora ha una figlia adolescente che vive con lui e venti episodi da sfornare. Il wrestling è più difficile, la posta in gioco è più alta e i capelli ancora più voluminosi.

© Netflix

 

Mentre la prima stagione era più interessata a farci conoscere i personaggi e raccontarci la loro storia, questi nuovi episodi entrano nel vivo del wrestling. Numerosi sono, infatti, i combattimenti, il tutto è sempre impregnato delle varie vicende personali, ma a questo giro vengono dati i giusti spazi.

Le wrestler sul ring interpretano personaggi stereotipati che sono in totale contrapposizione con la loro vita reale: Debbie è lontana dall’essere Liberty Bell, sta affrontando un divorzio ed una donna arrivista e spietata; così come Welfar Queen, che nella realtà è una madre che cerca di fare di tutto per poter permettere al figlio di studiare; O Arthie Premkumar  che odia così tanto il suo personaggio da cercare un escamotage per poterne interpretare uno differente. La vera star resta Alison Brie, con la sua Ruth che si trasforma nella divertentissima Zoya. Il suo personaggio evolve, come del resto tutti quelli dell’intera stagione, i quali vengono mostrati anche nel loro lato più umano.

L’unico elemento che stona è il cambio focus: nella serie viene dato ampio spazio al divorzio di Debbie e alle conseguenze che ne sono derivate, spesso si ha la sensazione che la protagonista di Glow sia proprio lei, personaggio in antitesi con Ruth, e tutto il resto sia un contorno.

A volte si cade un po’ nel trash, ma sono comunque dei momenti che non stridono e restano circoscritti a dei brevi lassi di tempo. Come nella prima stagione, anche questa tratta tematiche importanti. Questa volta si parla apertamente di omosessualità e vengono denunciate le molestie in ambito lavorativo.

La seconda stagione di Glow si va a inserire in un contesto dove, in seguito allo scandalo Weinstein, sono nati diversi movimenti di empowerment femminile. Alison Brie, a tale riguardo, ha dichiarato durante un’intervista: “C’è stato un grande tempismo e quello che accade è allineato al nostro pubblico. Ma, Le storie che il nostro show avrebbe raccontato sarebbero state le stesse. MeToo e Times’s Up sono cose che la gente dice da tempo a porte chiuse nel nostro settore. Sono felice come attrice per l’andare al lavoro ogni giorno. Ci sono donne dietro e davanti alla telecamera e anche nei ruoli manageriali a prendere decisioni. Fa una grande differenza sentirsi davvero visti e sentiti sul set ed essere padroni di se stessi ”

Insomma, questa seconda stagione, volendo usare un solo aggettivo, la si può definire “ricca”. Ricca di contenuti, di storie, di wrestling e di divertimento.

La consiglio?

Certo sì! Stringete un po’ i denti nella prima stagione e godetevi la seconda!