LA SEGUENTE RECENSIONE NON CONTERRA’ SPOILER.
Com’è possibile che un gruppo di supereroi così assurdo e così sconosciuto abbia portato intere folle di persone ad attendere il secondo capitolo sulle loro vicende con lo stesso desiderio di ricevere una borraccia nel deserto? Come può un semplice trailer galvanizzare la quasi totalità del pubblico? Com’è possibile rendere un brand come quello dei Guardiani un successo planetario dopo una singola pellicola, mentre non si riesce a rasserenare l’intero pubblico annunciando l’uscita di un nuovo film sull’Uomo Ragno, personaggio dalle spalle coperte da anni e anni di pubblicazioni?
Sembra, a me, fin troppo riduttivo ricondurre la risposta a questi e altri quesiti alla semplice presenza di aspettativa da parte degli spettatori. Per carità, croce e delizia delle case di produzione sarà sempre l’attrattiva che un celeberrimo supereroe eserciterà sui suoi fan più o meno accaniti: le folle si riverseranno nelle sale, col rischio che quel singolo dettaglio originale del costume potrà provocare l’uscita dalle sale di volti imbronciati in processione e fiumi di liquami verbali riversati sui social o nelle conversazioni tra amici. Ma non temete: qualunque sia la reazione del pubblico, resta altamente improbabile che un cinecomic di discreta fattura possa rappresentare una perdita in denaro o immagine per giganti come Disney o Fox. Detto questo, torniamo all’elemento che abbiamo rinvenuto poco fa: l’aspettativa.
È vero, a pensarci bene, i film che più colpiscono di questi universi espansi sono spesso quelli i quali protagonisti vestono maschere più di nicchia, fino a poco prima noti solo ai più accaniti lettori. Inutile dire che il pensiero vada a pellicole come Ant-Man , Doctor Strange o il primo capitolo dei Guardiani della Galassia.
Ragionamento semplice e logico: basse aspettative e grandi sorprese si contrappongono a forti affezioni ed enormi delusioni.
Fino a questo punto del discorso possiamo dirci orgogliosi di aver espresso una sequela di banalità senza pari, ma la domanda persiste. Perchè prima di entrare in sala per il volume secondo dei Guardiani vi è quasi certezza di rimanere soddisfatti, mentre il prurito al fondoschiena monta sempre più rapidamente man mano che ci si avvicina al cinema per assistere alla nuova avventura di un qualche eroe infinitamente più popolare? Esiste un punto di fatto che la sola aspettativa per un film non può spiegare: Guardiani della galassia volume 2 e 1 (in questo ordine) sono molto probabilmente i due migliori cinecomic ad oggi realizzati se, per quanto corali, teniamo conto che sono pur sempre le origini ed i primi sviluppi di un singolo gruppetto di nuovi eroi, mentre giganti quali Iron Man, Cap, Thor, Spiderman, (ma mettiamoci anche il mesto Batman..) ancora non sono riusciti ad avere capitoli stand alone veramente degni di plurime visioni. È vero: Il Soldato d’Inverno era un ottimo film e Homecoming ancora non è suscettibile di giudizio, resta il fatto che la garanzia di qualità data dai due film di James Gunn ancora non è prerogativa delle principali colonne Marvel (e DC).
Esempio sciocco, ma per me vero e significativo: la discutissima trilogia di Spiderman girata da Sam Raimi. Nel 2002 avreste potuto sventolare davanti ai miei occhi uno scottex con abbozzato un Peter Parker strabico ed avrei gridato al capolavoro, ma per quanto io abbia sempre amato quell’amichevole supereroe di quartiere, non mi sfiorò mai la mente la voglia di riguardare più di un paio di volte il terzo capitolo, mentre cassette e dvd dei primi due stanno ancora fumando nelle loro custodie. Cosa voglio dire con ciò? Che forse anche un ragazzino come me si accorse a suo tempo di una insormontabile differenza qualitativa tra le sfide prima col Goblin, poi con Doc Ock, ed il successivo scontro con il Circo Orfei.
Non si può riportare tutto il ragionamento alla sola aspettativa, dunque.
Oggi, però, il discorso si complica leggermente: I Guardiani della Galassia non sono più una crew di sconosciuti, ma nel giro di tre anni si sono trasformati in validi ingranaggi per la macchina del Marvel Extended Universe. Quindi di fronte alla pubblicazione di un secondo capitolo non vale più presentarsi alla cassa del cinema senza un filo di aspettativa. Allora perchè rimane quel presentimento di qualità e perchè in seguito sopraggiunge un irrinunciabile stimolo alla seconda visione? È presto detto: perchè i due capitoli sui Guardiani sono belli. Una bellezza che prevarica l’apprezzamento della sola trama o del rispetto delle opere originali. I film si presentano senza timore di mostrare ciò che sono, ovvero film tratti da fumetti e che dai fumetti americani assimilano il colore, il baccano, la spensieratezza e l’intrattenimento. La saga pianta le radici in una serie di scelte azzeccate, decisioni originali in campo produttivo e visivo che hanno affibbiato alle pellicole in questione alcuni inconfondibili marchi di fabbrica ormai diventati stilemi del brand. L’esplosione di colori, l’ingenuo e folle eroismo dei protagonisti, l’onnipresente colonna sonora e le indimenticabili intro recanti i titoli di testa sono solo alcuni esempi. James Gunn ha dato vita ad un pezzo d’angolo del puzzle raffigurante la cultura cinematografica pop contemporanea. Un tassello ormai indispensabile e fonte di ispirazione dei prodotti ad esso successivi, basti guardare il solo trailer del prossimo “Thor: Ragnarok”. Gli stessi attori protagonisti si son da subito dimostrati pervasi dallo spirito degli assurdi caratteri che vestivano, e nel secondo capitolo si consacrano come volti definitivi del gruppo di eroi, così come già è avvenuto per Robert Downey Jr e Chris Evans.
La riuscita dei film è tale che anche enormi cambiamenti alla biografia originale dei personaggi non stonano ma, anzi, partecipano alla fondazione di una nuova, coerente e credibilissima mitologia supereroistica.
Le sempre più numerose battute spesso volgari ma mai eccessive forniscono un’ulteriore affilatura alla lama brandita dal primo capitolo, diventando il corpo di una sequela di gag quasi mai inutili ai fini della trama o più semplicemente riprese e sviluppate nel proseguire del minutaggio del film, così da gonfiare una sfera di ilarità che attende solo di scoppiare al momenti giusto.
Ogni personaggio riceve le scene che merita nelle quali può alternativamente strappare una risata, mostrare le sue abilità o, ancora meglio, permetterci di approfondire la sua conoscenza.
Niente e nessuno può quasi mai darsi per scontato e finalmente, elemento di straordinaria importanza, il villain principale mostra una personalità propria e particolare, tanto da portare per la prima volta lo spettatore al sincero disprezzo nei suoi confronti.
Azione, regia, scelte di colori, trama e sceneggiatura consegnano quello che forse può ergersi quale prototipo del cinecomic perfetto, e se non tale, quale pellicola esemplare nel suo genere e intento.
Un film su supereroi fino a poco fa totalmente ignorati; una saga capace di rendere iconici un wrestler iperviolento, un procione squilibrato ed un albero; una coppia di pellicole capaci nel giro di tre anni di spingere qualcuno fino al decidere di spendere tempo e fatica per mascherarsi alla fiere coprendosi di corteccia solo per poter dire, finalmente e con merito, “IO sono Groot”.