Il traditore – La Recensione

Il traditore, ecco il film che si è portato a casa 6 David di Donatello

Il traditore è il film vincitore di Marco Bellocchio

Il traditore di Marco Bellocchio è fresco di vittoria ai David di Donatello 2020, dove si è aggiudicato la bellezza di 6 statuette, tra cui le più ambite come la Miglior Regia, Miglior Film e Migliore attore protagonista a Pierfrancesco Favino. Favino che negli ultimi anni ha ricoperto ruoli sempre più intensi e critici, come lo è stata la sua ultima fatica, Hammamet, dove ha interpretato il ruolo di Bettino Craxi.
Boris insomma gli è stato profetico; ricordiamo tutti quando Martellone disperato aveva detto a Seppia: “Una volta c’erano i ruoli per gli attori, adesso li fa tutti Favino”.

Il film aveva fatto molto parlare di sé già allo scorso Festival di Cannes, dove era in concorso e qualcuno si sarebbe aspettato che venisse scelto tra i candidati per Miglior film straniero agli Academy Awards di quest’anno. Ma premi a parte, non ci sbilanciamo nel dire che Il traditore è uno degli ultimi capolavori del cinema italiano.

Basato sulla storia del pentito di Cosa Nostra, Tommaso “Masino” Buscetta, per la magistrale interpretazione di Pierfrancesco Favino, il film racconta tutte le fasi che hanno portato Buscetta prima a pentirsi e poi a prendere parte al maxiprocesso del 1986 a Palermo.

Il traditore è un film di forte teatralità, e lo si vede nel modo in cui Favino interpreta il personaggio, riuscendo a coinvolgere il pubblico dall’inizio alla fine. E sicuramente immenso è il lavoro che l’attore ha dovuto fare per trasmettere tutta la drammaticità di Buscetta, con i suoi conflitti interiori, il suo credo nella malavita “di una volta” e il senso di colpa per tutti quei crimini commessi da altri, come punizione per il suo pentimento. Il fulcro di tutto il film è basato sulla sua figura e poco ci si cura di volere ricorrere ad estetismi di ogni sorta. Focalizzando l’attenzione su Masino e la sua storia, dandogli spessore e significato, risulta possibile empatizzare persino con uomo che ha passato la sua vita facendo il criminale. E questo perché il film supera qualsiasi stereotipo e pregiudizio. Qui, Buscetta riesce a riscattarsi all’occhio dello spettatore nonostante non appaia mai come un eroe.

La ricostruzione del processo, dove furono condannati 366 criminali del clan di Cosa Nostra, è perfetta. Estremamente realistica e curata nei dettagli. Una ricostruzione che rende il processo immersivo, che ci fa spettatori attivi di quegli eventi, anche se non li abbiamo vissuti veramente. La scelta di usare il dialetto siciliano (in particolare quello palermitano) per gran parte dei personaggi poi, è stata una decisione stilistica che non ha fatto altro che rimarcare il forte realismo su cui è stato basato tutto il film.

Il traditore è una pellicola più biopic che d’azione. Le scene thriller sono ben poche ed è anche per questo che diventa necessaria un’attenzione e un impegno maggiori da parte del pubblico nel seguirlo, complice senz’altro la lunga durata che però, a parer mio, non può definirsi mai un ostacolo quando si hanno davanti prodotti cinematografici come questi.

Girato tra la Sicilia, il Brasile e Miami, il lavoro di Bellocchio acquisisce un respiro internazionale – purtroppo ancora troppo raro quando si parla di produzioni italiane contemporanee – che di certo lo ha portato all’interesse di un pubblico più ampio. Al tempo stesso, ha risvegliato in noi italiani quella sete di verità e voglia di vederci chiaro in vicende di cui sappiamo ancora troppo poco.

Un film che ci auguriamo possa continuare a fare il giro del mondo e che vi consigliamo di recuperare.