Kingdom Come: Deliverance II – La Recensione

Kingdom Come: Deliverance II Recensione

Questa recensione è solo l’inizio del nostro viaggio all’interno di Kingdom Come: Deliverance II.

Uno dei pregi più grandi di un Gioco di Ruolo è quello di catapultare il giocatore all’interno di un’avventura dalla quale non voler più uscire. Un’affermazione che non ha nulla a che fare con la pulizia tecnica o la difficoltà. Persino la storia può risultare imperfetta, se il titolo in questione riesce nell’intento di farci sentire partecipi di un mondo complesso e affascinante. I fan del primo Kingdom Come: Deliverance questa cosa la sanno molto bene, dato che l’opera targata Warhorse Studios è la summa perfetta di quanto appena affermato. Nonostante i difetti, il primo Kingdom Come è una chicca di rara bellezza, che ha venduto la ragguardevole cifra di più di 8 milioni di copie.

Questo successo ha permesso al team ceco di ottenere i fondi per dare vita a un progetto ancora più grande. A quel Kingdom Come: Deliverance II, che alla fine si è dimostrato proprio la netta evoluzione di quanto sperimentato già nel 2018. Un progetto non certo per tutti e non privo di difetti, ma forte di un fascino d’altri tempi. Un fascino che sembra prendere l’immersività data da opere come Dungeons & Dragons, per poi applicarlo alla Boemia del 1403 attraverso un linguaggio complesso e, per alcuni giocatori, senza dubbio repulsivo. Eppure, forte di questo incredibile carisma, siamo di fronte a un gioco che consiglieremmo di provare a tutti almeno una volta nella vita.

Ma non perdiamo altro tempo. Se siete curiosi di scoprire perché Kingdom Come: Deliverance II rimarrà nei nostri cuori (e nei nostri PC) per ancora molti mesi, non dovete fare altro che proseguire nella lettura della nostra recensione.

Versione testata: PC

Kingdom Come: Deliverance II Recensione

C’ERA UNA VOLTA…

Come già riportato nella nostra Anteprima, una volta avviato Kingdom Come: Deliverance II è chiaro di trovarsi di fronte a un secondo episodio. Il protagonista, Henry, e i vari personaggi secondari si lasciano andare in qualche dialogo pensato per riassumere quanto accaduto nel primo capitolo, ma è normale trovarsi spaesati di fronte ad alcuni rapporti interpersonali e ad alcuni personaggi secondari. Personaggi che risultano quindi interessanti solo per chi ha già affrontato l’originale Kingdom Come: Deliverance.

In ogni caso, la storia messa in piedi dai ragazzi di Warhorse Studios risulta a tratti travolgente. Se la sceneggiatura regala momenti molto intensi e colpi di scena ben piazzati, sono però gli ottimi dialoghi ad accompagnare il giocatore con grande enfasi per tutta l’avventura. Il lavoro fatto sulla caratterizzazione dei personaggi è semplicemente impeccabile. Impossibile non affezionarsi a Henry, a Hans e a tutte quelle comparse (più o meno importanti) che incontreremo nel corso del nostro viaggio. Capita talvolta persino di affezionarsi ad alcuni NPC dalla presenza su schermo estremamente ridotta (non più di un paio di missioni), ma che grazie a una scrittura sempre a fuoco hanno lasciato un solco nei nostri cuori.

Se alcune sequenze vantano una regia molto riuscita, è però indifendibile la ripetitività delle numerose inquadrature di dialogo. Parlare con i vari personaggi, infatti, risulta alla lunga monotono nella messa in scena, dimostrando un’impostazione proveniente da un paio di generazioni videoludiche fa. Questo non danneggia irrimediabilmente l’azione, sia chiaro, ma è un vero peccato vedere testi tanto ben scritti e una resa grafica tanto appariscente al servizio di una regia in grado di brillare solo raramente.

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L’ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA NARRATIVA E GAMEPLAY

Se la sceneggiatura di Kingdom Come: Deliverance II ci ha davvero soddisfatti, è però il grado di immersività che ci ha fatto innamorare dell’opera di Warhorse Studios. Un’immersività che viene guidata dalla narrativa, ma supportata costantemente dal gameplay. Il giocatore, infatti, si trova a dover reagire a un mondo medievale vario e vivo come raramente ne abbiamo visti in passato. Ogni azione può avere delle conseguenze, portando la propria avventura a prendere pieghe del tutto inaspettate. Una semplice missione di esplorazione può diventare rapidamente la base per un viaggio dalla durata di diverse ore, dandoci la sensazione di star vivendo realmente una nostra personale Odissea.

Avviare Kingdom Come: Deliverance II è come entrare in una macchina del tempo. Il gameplay non fa altro che evidenziare questa caratteristica, senza risultare mai esageratamente punitivo, ma valorizzando l’immersività e la simulazione. Vi basti pensare, giusto per fare un esempio, che il gioco ci costringe a tenere sempre d’occhio diversi indicatori, alcuni legati a una generica meccanica “survival”, altri a una struttura puramente ruolistica.

La gestione della vita, della stanchezza o della fame passa per l’utilizzo di oggetti e cibi da portare nell’inventario. Oggetti che devono essere agganciati con cura su appositi borselli e cibi che, se messi direttamente in borsa, rischiano di marcire in pochi giorni. Ci sono ovviamente delle soluzioni per migliorare la gestione di queste due caratteristiche, ma è necessario raccogliere particolari pezzi dell’equipaggiamento o “imbottire” i nostri zaini in un determinato modo per potervi accedere. Ci sono poi altre caratteristiche, come l’Apparenza e il Carisma, che impattano invece sui nostri rapporti umani. Andare a caccia e non lavarsi potrebbe non piacere a chi ci circonda, come anche indossare vestiti insanguinati “lasciati” dai briganti potrebbe metterci in cattiva luce.

Insomma: in Kingdom Come: Deliverance II si deve giocare di ruolo sul serio. Approcciarsi a questo titolo con la convinzione di trovarsi di fronte una struttura più regolare come quella di The Elder Scrolls (giusto per fare un esempio) non è certo una buona idea. Se volete vivere questa nuova avventura di Henry dovete aspettarvi l’inaspettato. Dovete godervi il viaggio, senza pensare alla meta. Parlare con le persone, decidere se aiutarle (o non aiutarle) per scoprire come il mondo di gioco vi percepirà e imparare a convivere con le proprie scelte. Avremmo decine di anneddoti da raccontarvi su quanto vissuto nel corso della nostra avventura. Un’avventura che, ancora oggi, ci continua a regalare grandi sorprese, senza limitarsi alla mera narrativa o al “semplice” gameplay. E questo, in fin dei conti, è proprio il più grande pregio di Kingdom Come: Deliverance II.

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UN SISTEMA DI GIOCO… COMPLESSO

Quando in apertura affermavamo che il titolo di Warhorse Studios non è per tutti i gusti non scherzavamo.

Una sensazione che potete sperimentare anche solamente guardando la gestione dei menù del gioco. I menù sono complessi da navigare, elaborati nella messa in scena e pieni di così tante informazioni (talvolta mal comunicate) da lasciare frastornati. A questo si aggiunge anche una gestione del personaggio simile a quella dei GDR cartacei, con una tale libertà data al giocatore da farlo sentire volutamente smarrito. È proprio in questa sensazione che si nasconde la magia di Kingdom Come: Deliverance II. Se si scava al di sotto di questa elaborata struttura, si può trovare lo scheletro di un GDR in prima persona con scontri all’arma bianca. Scontri che, rispetto al primo episodio, risultano maggiormente semplificati e che costringono il giocatore a reagire rapidamente agli assalti nemici e a trovare la posa perfetta per sfondare la difesa avversaria.

A questo si aggiunge un sistema di crafting tanto utile, quanto particolare. Che si tratti di forgiare le proprie lame o di utilizzare l’alchimia per creare pozioni o veleni, Kingdom Come: Deliverance II presenta diversi minigiochi che trasmettono perfettamente la sensazione di star realizzando la relativa azione. La percezione è quella di trovarsi, in questi momenti, all’interno di un simulatore di vita medievale. Un simulatore appagante nelle azioni richieste e utile per tutti coloro che non vogliono solo migliorare il proprio equipaggiamento, ma anche per chi preferisce trasformare l’avventura di Henry in un gioco basato sulla vendita degli oggetti appena creati.

Ancora una volta la parola d’ordine è: libertà. Se puoi immaginare qualcosa, è probabile che tu possa farlo. Se spesso questa libertà lascia inebetiti, è altresì vero che talvolta i limiti di programmazione si palesano agli occhi del giocatore. Ci è capitato di trovare delle discrepanze tra i dialoghi di alcuni NPC e quanto accaduto nel gioco. In un caso ben specifico, inoltre, il sistema di gestione del mondo è andato in conflitto con le nostre scelte. Questo ha portato un personaggio secondario che sino a pochi istanti prima era nostro alleato a chiamare le guardie per una semplice sciocchezza. Piccole sbavature su una tela (o un arazzo) dalle dimensioni impressionanti.

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IL FASCINO DEL REALISMO

Visivamente, Kingdom Come: Deliverance II è un piccolo capolavoro. È vero: i modelli dei personaggi sono “solamente” buoni, ma gli ambienti lasciano più volte a bocca aperta. In un paio di momenti ci è parso di star guardando un’immagine reale, con la vegetazione talmente dettagliata da rasentare il realismo. A questi ottimi modelli 3D si affianca un lavoro sensazionale sul piano artistico. Anche i succitati menù, compreso il Codex contenente i dati sui vari elementi del mondo di gioco, sono realizzati con una cura maniacale e con un design che richiama l’arte del 1400. Persino le schermate di caricamento offrono delle illustrazioni che sembrano fatte ad acrilico, con tanto di pennellate e “croste” ad arricchire il tutto.

Altrettanto di valore il comparto sonoro, che presenta un ottimo doppiaggio in inglese (tranquilli, ci sono i sottotitoli in italiano) e una colonna sonora magistrale. Questi elementi, insieme al sound design del mondo di gioco, contribuiscono ulteriormente a far sentire il giocatore all’interno di un mondo digitale spaventosamente realistico. Un mondo nel quale potersi rintanare ogni volta che ci si sente stanchi della propria quotidianità e si desidera vivere una sorta di vita alternativa. Una vita fatta di tradimenti, problemi economici e di salute, ma anche di amicizia, amore e, soprattutto, avventura.

KINGDOM COME: DELIVERANCE II, IL COMMENTO FINALE

Cercare di descrivere Kingdom Come: Deliverance II ed evidenziarne i punti di forza e le debolezze è più difficile di quanto non possa sembrare. Questo perché il capolavoro di Warhorse Studios è un’esperienza che, come i migliori videogiochi ci hanno insegnato, bisogna vivere sulla propria pelle. Quello che possiamo fare noi è consigliarvi l’acquisto se amate la libertà e desiderate passare decine (se non centinaia) di ore in un mondo vivo e affascinante. Se, invece, siete alla ricerca di una narrazione più lineare e di un gameplay dal ritmo prestabilito allora forse dovreste aspettare che il titolo vada in sconto, sfruttando il tempo magari per recuperare il primo capitolo.
In ogni caso, come affermato in apertura, questa è un’esperienza che tutti i videogiocatori dovrebbero provare almeno una volta nella vita. Un’esperienza che potrebbe farvi innamorare di un’opera tanto elaborata quanto unica e che ha un solo svantaggio: lasciarvi orfani una volta portata a termine. Questo perché, di giochi come Kingdom Come: Deliverance II, non ne esistono altri.

Kingdom Come: Deliverance II sarà disponibile su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC in accesso anticipato dal 4 Febbraio.

Kingdom Come: Deliverance II Recensione
Pro
Atmosfera incredibilmente unica
Gameplay stratificato ed emergente
Comparto tecnico/artistico ineccepibile
Contro
La regia delle cut-scene risulta talvolta troppo statica
Qualcuno potrebbe considerare il gameplay troppo arzigogolato
Un’esperienza totalizzante, ma non per tutti
9
Voto