La casa di carta 5 vol.2: la recensione senza spoiler
La casa di carta è giunta alla sua definitiva conclusione. La serie iconica di Netflix con la quinta stagione, divisa in due parti, segna la fine di un’avventura durata anni. Che La casa de papel sia un fenomeno ormai radicato nella cultura pop è indiscutibile, che questo piaccia o meno è soggettivo. È ad ogni modo innegabile che la serie tv di Netflix abbia lasciato un segno nel panorama seriale degli ultimi anni. Tanti la ritengono eccessivamente trash altri la apprezzano e l’amano da sempre, tutti (o quasi) la conoscono. La quinta stagione tira le fila di una trama dipanatasi nelle due precedenti. È pura adrenalina, nostalgia e desiderio di stupire. Tiene incollati allo schermo e l’intrattenimento è assicurato. Ecco la nostra recensione di La casa di carta 5 vol.2.
Ecco il trailer di La casa di carta 5 vol.2
La casa di carta 5 vol.2 la recensione
Per come si era conclusa la prima parte della quinta stagione di La casa di carta mi attendevo un stagione finale all’insegna della memoria di Tokio (Úrsula Corberó). Immaginavo già i tanti riferimenti all’ ”eroina” deceduta per salvare i suoi compagni ed i tanti flashback con lei come protagonista. Invece, la sceneggiatura di questa quinta stagione mi ha piacevolmente colpito: la presenza di Tokio non è affatto pervasiva. La morte della ragazza viene rimarcata per il primo episodio, la sua voce in voice over prosegue a raccontare la storia come una sorta di angelo custode della banda ma l’attrice compare solo per qualche scena e non come personaggio protagonista del momento.
Altro grandissimo timore dei fan della serie riguardava la storyline di Berlino (Pedro Alonso): i personaggi comprimari delle sue avventure passate sono serviti solo ad allungare le stagioni oppure sono destinati a fare anche solo un piccola comparsa nella stagione finale? Fino all’ultimo la situazione non era chiara dato anche l’annuncio dello spin-off dedicato a Berlino effettuato da Netflix a poche ore dal rilascio degli ultimi episodio di La casa di carta 5. Il figlio e la moglie potevano sia essere stati inseriti nelle nuove stagioni per dare avvio allo spin-off che essere utilizzati come macgyver sul finale della serie. In realtà i due personaggi hanno avuto un ruolo del tutto inaspettato nella quinta stagione ma l’aspetto importante da segnalare è che non sono stati inseriti senza uno scopo ma la loro presenza si lega sia alle vicende passate che alla storia presente.
Il cast di personaggi su cui si focalizza la stagione conclusiva è ristretto: il professore, Lisbona, Sierra, Denver e Stoccolma sono i veri protagonisti della stagione. I restanti membri del cast fungono solo da contorno e muovono le fila della trama in funzione dei veri protagonisti. Il professore (Álvaro Morte) si trova in prima linea a difendere la sua banda, il suo piano e la sua famiglia. Ha un credo e lo porta avanti fino alla vera fine. Quando tutto sembra perduto, e credetemi capita molto di frequente, Sergio trovare sempre un via di fuga per salvare i suoi compagni e per difendere il bottino. Interessanti sono i flashback sul suo passato e le riflessioni sulla vita personale dell’uomo che apparentemente si nasconde dietro numeri e scienza ma che in realtà è spinto da forti sentimenti che lo legano alla sua famiglia d’origine. Lisbona (Itziar Ituño) è l’ancora del professore e sua vice all’interno della banca, unico membro della banda in grado di restare sempre lucida e coscienziosa anche quando il panico potrebbe tranquillamente sopraffarla.
La storia d’amore tra Denver (Jaime Lorente) e Stoccolma (Esther Acebo) è la più altalenate della serie. La responsabile di questa altalena di sentimenti è la sceneggiatura, lunatica e poco coerente verso la caratterizzazione dei personaggi. Se nella prima parte di stagione sembrava Stoccolma quella sopraffatta dall’ansia e dal panico generati dalla rapina, in questa ultima parte è Denver ad aver perso la bussola dell’amore. Il ragazzo irascibile, dopo la confessione di Manila, si lascia coinvolgere dal caos e dai ricordi d’infanzia fino a non sapere più se la vita che desidera è il paradiso creato con cura al fianco di Monica e Cincinnati oppure un’esistenza di svaghi e feste con Manila (Belén Cuesta). L’indecisione, ad ogni modo, dura solo per una frazione di ore non ben definita. È sufficiente la ripetizione di una scena della prima stagione affinché i dubbi di Denver si dipanino in meno di un secondo. Ovviamente il triangolo amoroso è stato appositamente creato per proseguire la storia che altrimenti si sarebbe arenata su altri temi a mio avviso più interessanti ma probabilmente di minor impatto scenico.
Alicia Sierra (Najwa Nimri) non è un membro della banda ma nemmeno un’alleata della polizia, si è trovata tra due fuochi nemici e ora dovrà comprendere quale matrimonio di convenienza le si addice maggiormente. La neo mamma è la protagonista assieme al professore di una scena di fuga tra le migliori della serie: adrenalina e tensione si alternano e fondono frame dopo frame.
La quinta stagione è adrenalina allo stato puro. La serie intrattiene e tiene incollati allo schermo fino alla fine. Non è perfetta, si perde in errori banali e incoerenze ma risulta soddisfacente.
Tante sono le citazioni e le scene replicate volte a emulare quelle iconiche delle primissime stagioni. Il risultato è l’effetto nostalgia che non guasta mai.
Il finale è soddisfacente, non rispecchia tante teorie dei fan e non è spietato come tanti avrebbero voluto ma resta coerente con la storia.
L’universo di La casa di carta è destinato ad espandersi: nel 2023 Netflix lancerà lo spin-off Berlino, dedicato al personaggio interpretato da Pedro Alonso. Nonostante ormai il pubblico, grazie ai tanti flashback, conosca molto bene Berlino Netflix ha scelto di puntare ancora su di lui per arricchire il suo catalogo. Avrà ancora molto da raccontare o le sue avventure sono destinate ad esaurirsi presto? Non ci resta che attendere almeno il primo trailer per poter trarre le nostre conclusioni.
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