La Città dei Dragoni mette in mostra una fiaba oscura e irriverente dove mito, sensualità e caos narrativo si intrecciano nella Parigi più pericolosa e affascinante di sempre
Ci sono alcuni generi letterari talmente saturi di produzioni che periodicamente vengono criticati per la mancanza di innovazione e per la mediocrità dei prodotti realizzati. Tra questi spicca sicuramente il fantasy, un genere che nei secoli ha dato e detto praticamente tutto tra miti, draghi, profezie e mondi immaginari fin troppo familiari. Eppure, puntualmente, in maniera inaspettata e incredibile come se fosse un incantesimo, arriva qualcuno a dimostrare che il problema non è il genere, ma come lo si racconta.
La Città dei Dragoni, graphic novel pubblicato in Italia da Tunué e firmato da Joann Sfar alla sceneggiatura e Tony Sandoval ai disegni, rientra a pieno titolo in questa felice eccezione. Si tratta, infatti, di un’opera in cui l’originalità non è un’etichetta di comodo, ma una sostanza concreta. Tra fiaba oscura, fantasy urbano e racconto di emancipazione, il volume riesce a ritagliarsi uno spazio ben riconoscibile nel panorama contemporaneo e moderno, ricordando che anche i draghi, se maneggiati con intelligenza, sanno ancora sorprendere.
Un fantasy atipico dall’anima francese e dal cuore globale
La storia ha inizio in una Parigi medioevale, quando ancora la capitale francese è poco più di un villaggio. Qui vive un abate dal carattere ruvido che si ritrova a salvare un drago dalla furia dei cavalieri, spacciandolo per una statua. Da questo apparente semplice gesto altruistico nasce un patto segreto tra gli uomini e i draghi: le creature restano dormienti per secoli, trasformandosi nelle statue e nelle gargolle che ornano la città, a patto che ogni anno venga sacrificata in loro onore una creatura fantastica.

Un patto così fragile e basato sul sangue e sul silenzio è destinato inevitabilmente a rompersi, ed ecco che nel 1900, in piena Belle Époque, qualcosa si sgretola. Una sirena, vittima designata della fatale immolazione, viene salvata in extremis da una principessa hawaiana che rimane vittima del suo fascino magnetico. Ecco quindi che l’ombra malevola dei draghi torna a planare sulla Ville Lumière. Tra il sagrato di Notre-Dame e le catacombe, sboccia un’incredibile storia d’amore minacciata da un male millenario.
Avventura, caos e metanarrazione
Il turbinio narrativo ha inizio al risveglio dell’antico abate affiancato dal vecchio amico drago che per secoli ha vissuto sotto le sembianze di una semplice e saggia perpetua di chiesa. Joann Sfar, sceneggiatore, fumettista e regista francese, mette in mostra tutto il suo incredibile talento raccontando una storia imprevedibile, vorticosa e ricca di riferimenti alla mitologia e alla cultura francese ed europea dei primi del ‘900. Tra inseguimenti, esplosioni e massacri, assistiamo a risvegli di draghi dalle sembianze inimmaginabili, interludi amorosi e deviazioni surreali.

Una delle caratteristiche di punta di Sfar è la creazioni di storie non-logiche simil fiabesche con l’inserimento di turpiloqui, violenza esplicita e sequenze apertamente osé con nudità esplicite. Il tono oscilla tra il racconto classico da osteria e la fiaba colta, con una scrittura che ama i giochi di parole, il linguaggio un po’ scurrile, le citazioni della cultura aristocratica francese e continui ammiccamenti metanarrativi a voler rompere la quarta parete. Le didascalie, infatti, richiamano il lettore alleggerendo anche i momenti più cupi e cruenti.
In mezzo a questo caos, è comunque possibile trovare una certa linearità che rende godibilissima l’intera storia. Infatti i vari retroscena della storia vengono affidati con eleganza al prologo e all’epilogo. Entrambi sono ambientati in un contesto differente, a dimostrazione di una costruzione narrativa più raffinata di quanto la storia voglia apparentemente lasciare intendere.
Protagoniste fuori dagli schemi
La forza di La Città dei Dragoni risiede in gran parte nella costruzione delle sue protagoniste, due figure femminili che rifiutano con decisione i ruoli tradizionalmente assegnati all’eroina fantasy. Non c’è traccia di predestinazione o di nobili ideali da inseguire: il loro percorso è guidato da scelte autonome, desideri personali e da una consapevole accettazione delle proprie contraddizioni. Sono combattenti sicure di sé, affilate nell’ironia quanto nelle azioni, capaci di muoversi in un mondo violento senza chiedere permesso né indulgenza.

Il rapporto che le lega è dinamico e irregolare, fatto di attrazione, distanza, complicità e reciproco soccorso, restituito con una naturalezza che evita qualsiasi retorica. L’irriverenza e il sarcasmo diventano strumenti narrativi fondamentali, capaci di alleggerire anche i passaggi più duri e sanguinosi, mentre la loro determinazione le colloca ben lontano dall’archetipo della principessa in attesa di redenzione. Sono personaggi solidi, incisivi, destinati a imprimersi nella memoria del lettore.
In questo quadro si inserisce con coerenza una dimensione queer esplicita e priva di compromessi, che rafforza il carattere contemporaneo dell’opera. La Città dei Dragoni riesce così a intrecciare avventura, libertà espressiva e riflessione sull’identità, dimostrando come il fantasy possa ancora essere uno spazio fertile per racconti emancipati, intelligenti e sorprendentemente leggeri nel tono, senza mai rinunciare alla sostanza.
Il comparto artistico e l’edizione italiana
L’impatto visivo de La Città dei Dragoni è uno degli elementi che più contribuiscono a definirne l’identità, grazie allo splendido lavoro di Tony Sandoval, autore capace di muoversi con sicurezza tra eleganza grafica e libertà espressiva. Il suo segno, apparentemente leggero e sottile, nasconde in realtà una grande precisione narrativa: i volti e i corpi parlano quanto i dialoghi, affidando a posture, sguardi e dettagli minimi il compito di trasmettere emozioni, tensioni e desideri. La componente caricaturale, mai invasiva, amplifica l’espressività dei personaggi e ne rafforza il carattere.
Particolarmente significativa è la rappresentazione delle figure femminili, cardine della poetica di Sandoval, delineate con una sensualità spontanea e mai compiaciuta, perfettamente integrata nel racconto. Anche i draghi si discostano dall’immaginario più convenzionale: slanciati, sinuosi e potenti, possiedono un fascino immediato che li rende memorabili e coerenti con il tono eccentrico dell’opera.

La Parigi che emerge dalle tavole è una città oscura e magnetica, intrisa di suggestioni gotiche. Statuesche presenze inquietanti, architetture cariche di ombre e una fitta rete di passaggi nascosti contribuiscono a creare un ambiente vivo e stratificato, restituito con una sintesi grafica che solo in apparenza è semplice.
A completare il quadro, l’edizione Tunué offre una confezione editoriale elegante, con una copertina curata da Sebastiano Barcaroli arricchita da bordi e fregi dorati che accentuano l’aura fiabesca del volume. L’ottima grammatura della carta rende il risultato complessivo solido e curato, in grado di sostenere e amplificare la forza visiva di un’opera dal notevole impatto estetico. Talvolta la lucidità della stampa digitale e la carta liscia purtroppo non riescono a valorizzare ogni sfumatura del tratto, ma niente di grave o che rovini la bellezza generale dell’opera.
Conclusioni
Difficile incasellare La Città dei Dragoni in una definizione univoca, perché il volume sceglie deliberatamente la strada dell’eccesso e della libertà creativa. È un fantasy urbano che rifiuta qualsiasi forma di moderazione, lasciandosi guidare da un immaginario sfrenato in cui il surreale convive con la sensualità, l’ironia con la brutalità, e il mito con una narrazione volutamente caotica ma sorprendentemente coerente.

Il risultato è un’opera che non si limita a intrattenere, ma stimola una riflessione sottile su identità, desiderio e autodeterminazione, senza mai appesantire il racconto o rinunciare al piacere dell’avventura. Proprio questa capacità di fondere leggerezza e profondità rende il fumetto un esempio particolarmente riuscito di fantasy contemporaneo: una dimostrazione concreta di come il genere possa ancora rinnovarsi e colpire nel segno quando viene affidato a autori capaci di seguire la propria visione senza compromessi.


