Spider-Man: Into the Spider-Verse è approdato nelle sale di tutto il mondo come un fulmine a ciel sereno, riuscendo sin da subito a conquistare critica e pubblico grazie a una trama matura e a un comparto grafico semplicemente fuori scala. Proprio il suddetto film dedicato al nostro Tessiragnatele preferito è riuscito, infatti, a far capire a tutto il mondo dell’intrattenimento come sia possibile uscire dai canoni visivi dettati dalle grandi case di produzione (Disney, Dreamworks, Studio Ghibli, per dirne alcune) e innovare un genere che, nel 2019, ha ancora moltissimo da dire.
Facciamo questo ragionamento, ovviamente, in vista della nostra recensione di Love, Death & Robots (o Love, Death + Robots), serie antologica prodotta da David Fincher (Seven, Fight Club, Zodiac, The Social Network) e da Tim Miller (Deadpool), insieme ai meno famosi Joshua Donen e Jennifer Miller.
Ma cosa significa “antologica”?
Con questo termine si intende una produzione che vanta differenti episodi, caratterizzati da trama, personaggi e ambientazioni sempre differenti. Per farvi un paio di esempi: Ai confini della realtà (per i più vecchi) e Black Mirror (per i più giovani) sono serie antologiche.
Questa ulteriore precisazione ci è utile perché Love, Death & Robots riesce nell’intento di fare un ulteriore passo avanti, presentando 18 episodi diversi per trama e personaggi, ma anche (e soprattutto) per stili d’animazione differenti e per longevità.
Ma di cosa tratta questo piccolo gioiello made in Netflix?
STORIE DI AMORE, MORTE E ROBOT
Il comparto narrativo di Love, Death & Robots, come ogni elemento di questa serie, spazia attraverso una vasta gamma di generi. Se alcuni episodi vantano un’atmosfera cupa e distruttiva (“Il vantaggio di Sonnie”, “Oltre Aquila”), altri lasciano spazio all’umorismo (“Il dominio dello Yoghurt”, “Alternative Storiche”), al romanticismo (“Buona Caccia”, “Dolci Tredici Anni”) e all’avventura (“Tute Meccanizzate”, “Punto Cieco”).
Insomma: annoiarsi guardando questa serie è del tutto impossibile, grazie a storie sempre differenti che, proprio se guardate una in fila all’altra, riescono a dare il loro meglio. Il susseguirsi di emozioni che riescono a suscitare nello spettatore, infatti, è qualcosa che raramente si può trovare in una serie tv e che, una volta terminata la visione dei 18 episodi, vi farà desiderare di averne ancora.
Potremmo stare ore a raccontarvi episodio per episodio, spiegandovi la potenza della metafora dello stupro del primo episodio o la distopica avventura di un cacciatore nella Cina feudale, costretto ad adattarsi rapidamente a un mondo sempre più tecnologico e privo della magia (metafora, in questo caso, della fantasia) di un tempo. Potremmo analizzare insieme il messaggio nascosto dietro la scalata al potere globale dello Yoghurt o la perfetta sintesi dell’arte nell’episodio intitolato “Zima Blue”.
Potremmo parlarvi di tutti questi elementi, ma preferiamo non farlo.
Questo non per pigrizia, sia chiaro, ma perché Love, Death & Robots riesce a ragionare su più livelli, parlando a differenti tipi di pubblico e lasciando spazio a interpretazioni diverse. Interpretazioni che preferiamo voi maturiate in autonomia, per poterne poi parlare nei commenti sui social, dando così vita a un dibattito che, di fronte a una serie come questa, può solo fare del bene.
Permettetemi, però, di esprimere una preferenza tra tutti gli episodi di questa prima (e spero non ultima) stagione: ho trovato “Buona Caccia” un piccolo capolavoro, capace in meno di 20 minuti di caratterizzare personaggi, di tessere importanti rapporti tra di loro e, allo stesso tempo, di lanciare un messaggio molto forte rivolto a un pubblico sempre meno disposto a sognare in un’epoca sempre più digitale. Evidenziamo, infine, come più di qualche episodio di Love, Death & Robots si presti per essere un episodio pilota per un’intera serie. Da questo punto di vista, “Tute Mecanizzate”, ne emerge sicuramente a testa alta, con un World Building ben preciso e caratterizzato da personaggi e atmosfere semplicemente stupendi.
Come la prendereste se, dopo quanto avete appena letto, vi dicessi che il comparto narrativo è la cosa meno interessante di questa serie?
IL FUTURO DELL’ANIMAZIONE
Come per il precedente paragrafo, potremmo spendere ore per analizzare ogni singolo episodio, caratterizzato da stili visivi completamente differenti tra loro. Senza però rovinarvi la sorpresa, possiamo tranquillamente affermare che non esiste nulla, in tutto il mercato dei serial d’animazione, di paragonabile a Love, Death & Robots. Nei 18 episodi di questa prima stagione si passa da una grafica in CGI che sembra fuoriuscire dalle migliori produzioni video targate Blizzard, a episodi al limite del fotorealismo e che settano i nuovi standard del genere. Il tutto, come se non bastasse, inframezzato da puntate che vantano uno stile più cartoon, più grottesco o che sperimentano nuove tecnologie.
“La Testimone”, per fare un esempio, potrà non esaltare per la narrazione, ma saprà lasciarvi a bocca spalancata dopo i primi dieci secondi grazie al suo stile carismatico e, per certi versi, simile al già citato Spider-Man: Into the Spider-Verse (il regista, Alberto Mielgo, ha infatti lavorato ai primi concept del film di Spidey). Evidenziamo come, in mezzo a tutti questi esperimenti visivi, sia anche presente un episodio con attori in carne e ossa (Mary Elizabeth Winstead e Topher Grace), diretto proprio dal produttore della serie Tim Miller. Vero orgoglio nazionale, invece, è Gabriele Pennacchioli che non solo collabora attivamente con Blur Studio (autori di 4 episodi di questa stagione), ma che si è occupato anche della regia di “Mutaforma”, puntata numero 6 a tema lupi mannari (ma che siamo certi saprà stupirvi).
Ormai l’avrete capito molto bene: Love, Death & Robots è un prodotto che non potete assolutamente lasciarvi sfuggire!
Ogni singolo episodio ha la straordinaria abilità di lasciarvi a bocca aperta; talvolta grazie a una trama avvincente e talvolta attraverso un comparto visivo magistrale. Ovviamente non tutte le puntate riescono a emozionare nello stesso modo, ma qui si entra nel delicato campo dei “gusti personali”, in quanto, oggettivamente parlando, ci troviamo comunque di fronte a un piccolo capolavoro dell’animazione moderna.
Fatevi un favore: se non avete ancora visto la nuova produzione Netflix, prendetevi una sera libera e sparatevela tutta d’un fiato. Ne uscirete col cuore carico di emozioni differenti e con gli occhi pieni di quella magia che solamente le migliori opere legate al cinema d’animazione sanno trasmettere.