Mafia City: i videogiochi tornano sotto accusa dalla politica italiana

Mafia City è stato ritenuto “un prodotto subdolo e uno strumento di propaganda mafiosa e di istigazione alle pratiche delinquenziali”.

Mafia City

Non è la prima volta che i videogiochi finiscono nell’occhio del ciclone polemico, soprattutto politico. Spesso e volentieri succede quando un medium non si conosce bene e pertanto si cerca di cavalcare chissà quale onda giustizialista che, sinceramente, risulta inspiegabile e stucchevole. Ecco che dopo la saga di Grand Theft Auto, Call of Duty e un’altra manciata di titoli riguardante il filone, direttamente o indirettamente, sparattutto, la vena polemica si è spostata su un gioco incredibilmente inaspettato: Mafia City.

Stiamo parlando di un gioco per mobile che ha ottenuto una discreta popolarità grazie alle svariate pubblicità (al limite dello spam) che il team di sviluppo ha proposto in rete e nei social negli scorsi mesi. Il gioco, però, esiste già da qualche anno e sugli store dove è possibile scaricarlo è tutt’altro che graditissimo dall’utenza. Con colpevole e incredibile ritardo, ecco che un noto deputato di nome Carlo Miceli ha deciso di pubblicare un Tweet e un post su Facebook con delle accuse molto pesanti rivolte al gioco:

Su Facebook il post è ancora più rude, e dice:

“In queste ore sta girando molto sui social la pubblicità di uno schifoso videogame chiamato MafiaCity. Parliamo di un gioco al quale stanno partecipando milioni di ragazzini (la pagina Facebook ha abbondantemente superato 1 mln di Like!) che calandosi nei panni di un boss, tra saccheggi, occupazioni, pestaggi e omicidi puntano a fare diventare il proprio Clan tra i più forti della “mafia italiana” e a ottenere il titolo di Capo dei Capi”.

“Un subdolo strumento di propaganda mafiosa e di istigazione alle pratiche delinquenziali che da una accezione positiva della “mafia” e del “padrino” e che rischia di corrompere le giovani generazioni. Cosa che da siciliano, cittadino italiano e da componente la Commissione parlamentare Antimafia non posso accettare. Già da lunedì depositerò una interrogazione parlamentare per accertare come sia possibile che gioco così immorale sia libero di circolare sui social Italiani e ne chiederò immediatamente l’oscuramento”.

Come già avvenuto in passato, i videogiocatori e gli utenti si sono subito indignati poiché, oltre a non trovare sensate le accuse mosse a Mafia City, non si comprende perché ancora si continui a generalizzare e accusare l’intero medium videoludico. Non si capisce, inoltre, perché altri prodotti di intrattenimento, molto simili nelle tematiche trattate, come film e serie TV che vanno in onda anche in prima serata sulla RAI, non subiscano giustamente lo stesso trattamento.

Chiedere, poi, l’oscuramento di un prodotto del genere è a dir poco insensato e filo-dittatoriale così come l’urgenza di depositare una interrogazione parlamentare nel bel mezzo di una situazione che inviterebbe ad usare le forze per delle battaglie più urgenti e importanti.

Non sta a noi, ovviamente, fare i paladini della giustizia e dire cosa va e non va fatto (visto dal lato morale potrebbe anche starci questa polemica), ma in un periodo come questo quando anche la stessa OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) pare aver ammorbidito il pensiero sui videogiochi e subito dopo che lo stesso partito ha provato a cancellare il First Playable Fund (fondo destinato alle startup e alle aziende videoludiche italiane), continuare su questo filone polemico è come spegnere un incendio con la benzina. Gli sviluppatori, comunque, ringraziano per l’ulteriore pubblicità, questa volta gratuita, fatta nei loro confronti.

Nel frattempo, per correttezza, segnaliamo una critica della suddetta polemica proveniente da un partito politico generalmente molto vicino agli ideali del primo: