Mortal Kombat, la nuova trasposizione cinematografica del famoso videogame
Dal cabinato alla console, passando dal cinema. La gloriosa saga videoludica di Mortal Kombat si avvicina al suo trentesimo compleanno. La nuova pellicola diretta dall’esordiente Simon McQuoid, sarà disponibile dal 30 maggio su Sky e Now in anteprima.
Dopo l’annuncio della produzione della pellicola ho iniziato subito a fremere per vedere questa pellicola. L’attesa era tanta e non vedevo l’ora di poter andare al cinema per godermi una nuova versione cinematografica (sperandola migliore delle ultime) di Mortal Kombat. Di contro avevo anche la consapevolezza e la lucidità che si trattava di un film su Mortal Kombat, con un cast di attori poco conosciuti, diretto a scritto da due esordienti, prodotto da Warner in un momento di grande difficoltà per il genere. Nonostante ci fosse James Wan a supervisionare il progetto, iniziava a sembrare un progetto meno ambizioso di quello che si poteva credere. Le aspettative cambiarono, almeno in me. Volvevo qualcosa che almeno non avesse le pretese di essere un film che si prendesse sul serio ma che con leggerezza riuscisse ad intrattenere almeno il giusto per non avere la delusione di una pellicola completamente sbagliata.
Sinossi
Il lottatore di MMA Cole Young, abituato a prendere botte per lavoro è inconsapevole dell’eredità che gli appartiene, e del perché l’imperatore di un altro mondo, Shang Tsung, abbia mandato il suo guerriero più forte, Sub-Zero, per andare a prendere Cole. Preoccupato per la sicurezza della sua famiglia Cole parte alla ricerca di Sonya Blade guidato Jax, a capo di una forza speciale, e che possiede lo stesso marchio del drago con cui è nato anche lui. Presto Cole si ritroverà presso il tempio di Lord Raiden, un anziano dio e protettore che permette l’accesso al santuario a chi possiede il marchio. Qui Cole si allenerà con Liu Kang, Kung Lao e Kano per prepararsi a combattere con i migliori lottatori della Terra contro le forze dell’Outworld, in uno scontro per il dominio dell’Universo. Riuscirà Cole a combattere abbastanza forte da liberare i poteri nascosti nella sua anima per poter salvare, non solo la sua famiglia, ma il mondo intero dall’Outworld?
Mortal Kombat è un film a metà, piacevole a tratti e deludente e noioso in molti altri momenti. Nel complesso, purtroppo, le parti che salvo della pellicola sono davvero risicate e si potrebbero racchiudere in una manciata di minuti a ridosso dell’inizio e della conclusione della pellicola. Il film di McQuaid non riesce a spingere sull’acceleratore, non ci prova nemmeno in realtà. Il ritmo della pellicola non riesce mai a decollare se non nei minuti finali dopo un parte centrale deludente. Il dinamismo che ci si aspetta da una trasposizione cinematografica basata su Mortal Kombat non arriva mai, se ne vedono alcuni sprazzi che ci fanno intravvedere il potenziale del brand ma la pellicola si perde nello script attorcigliandosi su se stessa.
Dopo un introduzione che lascia presagire una storia potenzialmente interessante, la narrazione sembra completamente dimenticarsi le premesse dei primi 20 minuti di film, soprattutto dei primi interessantissimi 10 minuti. Inizia un discesa nella confusione, dove l’azione lascia sempre più spazio a momenti autoconclusivi che non portano mai da nessuna parte ne tantomeno portano davvero avanti la narrazione. L’impressione è di vedere diversi episodi di una serie tv scritta da persone diverse raggruppati, dove ogni puntata è legata alla precedente solo dai personaggi. L’intento della pellicola sembra in continuo mutamento, passando da voler essere un action movie su MK che non si prende sul serio, a diventare una pellicola che goffamente prova a darsi un tono lasciando spazio ai personaggi sorretti da dialoghi e momenti quasi completamente slegati al resto del film. L’altro grande problema di questo MK è la sua inconcludenza. Dopo averlo visto si ha quella sensazione di aver appena terminato la prima parte di una serie tv, quindi di aver appena guardato un prodotto non ancora terminato. Questa narrazione si può presentare per un prodotto che fa della serialità un suo punto di forza, ma per una pellicola (anche se parte di un progetto più grande) non è una formula vincente. Lo spettatore si trova a vedere qualcosa che lo lascia insoddisfatto narrativamente, qualcosa che sembra monco in modo forzoso e non ragionato.
Mortal Kombat fa salti nel tempo e nello spazio senza la minima ratio, le scene di lotta centrali sono costantemente interrotte da momenti di retroscena disarmonici che servono a Simon McQuoid per giustificare i personaggi che continua ad inserire nel film. Anche la scelta del rooster è a tratti misteriosa, soprattutto per alcuni che sono quasi degli totali sconosciuti. Aggiungeteci grossi problemi nella parte di computer grafica, nella gestione delle location che spesso ricordano una produzione low budget e lasciano molto a desiderare.
Queste problematiche evidenti cancellano completamente le parti interessanti. E ce ne sono sicuramente. Alcune scene di lotta sono gradevoli e di intrattenimento, il film si apre e si chiude le parti sicuramente più interessanti di tutta la pellicola che danno un pò di soddisfazione allo spettatore, la violenza non è ovattata ma anzi ha carta libera e in un film su Mortal Kombat non fa che bene. Senza giri di parole, le parti che funzionano della pellicola sono quelle che si racchiudono intorno al personaggio di Sub-Zero e a quello di Scorpion, che risultano essere le parti più curate e quelle su cui il film a voluto puntare quasi tutta la sua riuscita. Scommessa che si dimostra vincente, ma non sufficientemente solida da sorreggere sulle sue spalle l’intera riuscita della pellicola.