No Time To Die – La recensione del venticinquesimo film di James Bond

L'ultima volta di Daniel Craig nei panni di James Bond

No Time To Die chiude l’era di Daniel Craig nei panni di James Bond

Venticinquesima pellicola della spia di sua maestà più famosa del mondo, ultima pellicola con Daniel Craig nel ruolo dell’iconico James Bond. Dopo tanti rinvii, arriva finalmente nelle sale l’attesissimo No Time To Die, nuovo capitolo di 007. Durante la proiezione in anteprima a cui ho partecipato ci sono state raccomandate due cose importanti: No Time To Spoiler, niente spoiler in nessuna forma e direttamente da Daniel Craig ci è arrivata la richiesta di dire a tutti che la pellicola di Cary Fukunaga va vista in sala perché è il luogo che veramente gli appartiene. Ed è vero, No Time To Die merita davvero di essere visto sul grande schermo dove tira fuori sicuramente il meglio di se. Lo spettacolare ultimo capitolo che chiude i 15 anni di era Craig nelle vesti di Bond, lo fa anche abbastanza bene e con una messa in scena straordinaria.

Sinossi

In “No Time To Die”, James Bond si gode una vita tranquilla in Giamaica dopo essersi ritirato dal servizio attivo alla MI6. Il suo quieto vivere viene però bruscamente interrotto quando Felix Leiter, un vecchio amico ed agente della CIA, ricompare chiedendogli aiuto. La missione per liberare uno scienziato dai suoi sequestratori si rivela essere più insidiosa del previsto, portando Bond sulle tracce di un misterioso villain armato di una nuova e pericolosa tecnologia.

 

Quello che colpisce fin da subito la venticinquesima pellicola di Bond è la sorpresa. Sorpresa che si protrae per tutta la durata della pellicola, sorpresa che veste dei comodi completi in un Bond ormai al crepuscolo. La scelta di Fukunaga, anche alla sceneggiatura, è quella di tenere fede all’eredità lasciatagli da Mendes ma adattando completamente il film al suo stile. Il regista di True Detective, centra tutto sui personaggi, sulla loro emotività mostrandoci un Bond umano come mai prima. Il risultato è un’ottima chiusa dell’era Craig non priva però di difetti e problemi.

Quello che è toccato a Fukunaga non è stato sicuramente un complito semplice. La saga dei Bond di Craig è una della più apprezzate e longeve. Dover dirigere il capitolo conclusivo, dandogli senso e profondità nel mondo creatosi introno a questo ruolo è stata sicuramente una prova di grande complessità. Il regista ne esce bene, lo fa con stile e con assoluta consapevolezza di quello che sta trattando. Tecnicamente la pellicola di Fukunaga è praticamente perfetta. Visivamente stupenda e sonoramente imponente. La fotografia è in alcuni punti davvero suggestiva e ben studiata per dare il meglio in particolari scene d’azione. Il film si suddivide in due macro parti, la prima dove l’action è predominante e la seconda dove si può invece assaporare il lavoro sui personaggi fatto in fase di scrittura. Le parti più action alternano momenti di straordinaria qualità sia dal punto di vista della coreografia sia dal punto di vista della tensione, a momenti dove l’eccesso tipico dei film di James Bond viene portato a livelli altissimi con momenti al limite dell’assurdo ma giustificati e desiderati dallo spettatore.

Il soundtrack, la colonna sonora e la canzone di apertura, canonica in ogni buon Bond, sono ad altissimi livelli. Poco c’è da dire su Hans Zimmer, il compositore sbaglia davvero raramente e reduce da Dune anche qui da prova di tutto il suo talento con sonorità sempre calzanti e strutturare con le immagini. La tensione è merito anche suo, nelle scene di pathos il suo accompagnamento è immancabile e riesce a dare quella spinta in più. La canzone di aperture, tipicamente accompagnata da titoli di testa stupendi, è stata interpretata e composta da Billie Eilish che eredita un compito pesantissimo (i suoi ultimi due predecessori sono stati canditati agli oscar) ma che porta a termine con un pezzo stupendo e affascinante. Chissà se anche la giovane cantate attirerà le attenzioni dell’Accademy aggiungendosi a Sam Smith (candidato) e Adele (che ha vinto con Skyfall).

 

 

No Time To Die è un lungo viaggio di quasi 3 ore. Come ci si può immaginare data la durata la carne al fuoco è davvero tanta. E qui cade, o almeno in alcuni momenti, il film. La sceneggiatura non ha evidenti problemi, la storia viaggia spedita, viaggia bene e scorrevole. Bond è trattato come mai prima, con rara umanità e con un’inaspettata tenerezza. Non è più solo 007 che deve salvare il mondo ma è un uomo, un amico, che si mette in gioco perché vuole salvare tutti. Però oltre a Bond e a Madeline, il resto è superficiale. Se si guarda al quadro nel complesso ci si accorge poco di quelle sbavature che con uno sguardo più accurato sono ben evidenti. Il voler inserire tanti elementi, tante storie e tantissimi personaggi non lascia a tutte queste storie secondarie il giusto spazio. Anche Safin, interpretato da Rami Malek, non incide mai e rimane sempre in ombra. Questo non preclude la funzionalità di No Time To Die, che rimane perfetto come capitolo conclusivo del filone iniziato nel 2006 con Casino Royal.

Insomma, No Time To Die è un film imperdibile sia per gli appassionati della saga che vedranno momenti davvero Bondiani, sia per chi non ha sempre trovato piacevoli i film della saga ispirata dai racconti di Ian Fleming che troveranno un film dove vedranno un Bond fuori dagli schemi e diverso dal solito che lascerà tutti senza parole. La conclusione perfetta per Craig, con un mix di azione e pathos perfetti come in poche pellicole prima. Ma soprattutto un Bond tenero e umano, una versione della spia più famosa del cinema di rara umanità e profondità. Se volete recuperare tutte le pellicole di James Bond potete acquistare questo meraviglioso cofanetto.

No Time To Die arriva nelle sale cinematografiche il 30 settembre distribuito da Universal Pictures. Ecco il trailer della pellicola: