Noi – Us la recensione del film di Jordan Peele
Due edizioni degli Oscar fa Jordan Peele si aggiudicava ben quattro statuette, tra cui quella alla miglior sceneggiatura originale per il suo ottimo Scappa- Get out, horror grottesco che metteva al centro della storia il concetto di razzismo, esplorato su più livelli. Due anni dopo ecco che il comico e regista ci riprova, con un’opera forse più ambiziosa, rafforzata dalla consapevolezza che ormai il suo nome è diventato sinonimo di garanzia, dopo un solo film.
Noi è un horror psicologico fortemente contaminato da altri sottogeneri, come l’home invasion, lo slasher e addirittura lo zombie movie, citato più che altro in alcune atmosfere. A contraddistinguere quest’ultima fatica del regista è l’elemento comico, decisamente più presente che in Get Out, dove già era stato inserito in più di un’occasione. Nonostante questo Noi è un horror a tutti gli effetti, con scene di violenza, seppur misurata, e una tensione palpabile per tutta la sua durata, che tiene lo spettatore sulla corda, portandolo a cercare di spiegare perchè tutto quelle che vede sullo schermo stia accadendo. Peele ha deciso di giocare su una delle figure più affascinanti che siano state trattate in ambito cinematografico dall’alba dei tempi: il doppelganger. Anche comunemente definito semplicemente “il doppio”, il doppelganger è un personaggio che rappresenta una copia identica del protagonista, ma che spesso e volentieri si rivela esserne la versione malvagia e distorta, anche a livello fisico. Ampiamente trattata da David Lynch, sia nei suoi film che in Twin Peaks, dove i doppelganger hanno un ruolo centrale, e molto prima ancora da un mostro sacro come Murnau nel suo Metropolis e in generale spesso presente nel cinema espressionista, questa figura enigmatica e inquietante ha sempre rappresentato un certo fascino. Per fara breve, peele non si è inventato nulla e l’idea di rendere i doppi dei protagonisti la vera minaccia del film, non è niente di originale in sé. Ad esserlo, invece, è il modo in cui il regista ha deciso di trattare la tematica, inserendo numerosi riferimenti alla cultura pop, infarcendo il film di citazioni a certo Cinema e giocando con lo spettatore dall’inizio alla fine. La regia qui è ancora più serrata rispetto all’opera precedente, più frenetica e giocata su campi lunghi dall’estetica inquietante, con una fotografia improntata sull’uso frequente dei chiaroscuri, soprattutto nelle scene ambientate di notte. Se possibile sono ancora più inquietanti le scene diurne, che si rifanno direttamente a capolavori come Zombi e Il Giorno degli Zombie o La Città Verrà Distrutta all’Alba, in cui la fotografia diventa satura, quasi bruciata, volta a sottolineare la totale follia dell’intera situazione.
I doppelganger, in questo film, sono più che mai grotteschi e spaventosi, caratterizzati da movenze quasi inumane e mossi da una motivazione controversa: se tradizionalmente il doppio è sostenuto da intenzioni puramente malvagie, in questo caso rappresenta una visione utopistica della società, con connotazioni fortemente politiche, che si concretizzano in una stoccata alla presidenza Trump fortissima ed evidente. Come in ogni film in cui viene trattata la tematica del doppelganger, ciò che più stupisce è la bravura degli attori, che sono chiamati ad interpretare due versioni differenti e diametralmente opposte dei medesimi personaggi. In particolar modo Lupita N’yongo si è calata nel ruolo in maniera immersiva, soprattutto perchè sia la protagonista che l’antagonista rappresentano una forza magnetica per entrambe le fazioni e risultano importanzi allo stesso modo. Spicca anche Winston Duke, già noto per aver interpretato il monumentale M’baku nel Marvel Cinematic Universe, la cui imponent statura viene messa alla berlina e diventa quasi un handicap per il personaggio, andando così a decostruire la figura del maschio alfa che da solo è in grado di proteggere la propria famiglia da qualunque minaccia.
Nonostante Noi sia un film horror molto particolare, ben diretto, citazionista e politicamente e soocialmente impegnato, pur non spingendo sulla questione razziale in maniera evidente come in Scappa- Get Out, è adombrato da un solo enorme difetto: il finale. Per gran parte del film non è ben chiaro cosa stia accadendo, ma è lampante che si tratti di qualcosa di inspiegabile. Il problema sorge proprio qui: Peele ha commesso l’errore di andare incontro all’esigenza di un pubblico generalista sempre più viziato e ormai abituato a veder spiegato qualunque mistero, anche laddove non sarebbe necessario. Gli ultimi venti minuti del film fanno chiarezza su una stuazione che non necessitava di alcuna spiegazione, contravvenendo alla regola aurea di alcuni dei film che vengono citati, in particolar modo quelli di Romero. Eccezion fatta per La Città Verrà Distrutta all’Alba, nei suoi zombie movie la causa non è mai messa al centro della storia: si parla al massimo di un meteorite che ha diffuso un virus, ma il tutto è solo accennato. Addirittura in Diary of the Dead o Survival of the Dead nemmeno si sa cosa sia ccaduto, perchè è irrilevante ai fini della storia. Soprattutto, è la natura della spiegazione che Peele fornisce a rendere insensato un finale che solleva più dubbi di quante siano le risposte. Ogni aspetto dei doppelganger perde di significato, compreso il valore metaforico delle forbici dorate, vero e proprio simbolo del film, tato quanto il cucchiaino ipnotico lo era diventato per l’opera precdente del regista.
Naturalmente questo non rende Noi un brutto film, ma ne annienta il fascino a un passo dalla fine. Per fortuna tutto ciò che viene prima è talmente di alto livello da renderlo un prodotto sensazionale, anche sem alla luce di quanto accade nel fnale, una seconda visione potrebbe portare lo spettatore a valutarlo in maniera leggermente differente. Ma, diciamocelo, ad avercene di horr particolari come questo, finale geniale o meno che sia.