Ritorno al Futuro usciva 35 anni fa, ecco la teoria del complotto che ha fatto parlare di sé
In un discorso sullo Stato dell’Unione del 1986, Ronald Reagan, allora presidente degli Stati Uniti, inserì una citazione dal film Ritorno al Futuro.
Non c’è mai stata un’epoca più entusiasmante di questa in cui vivere, un tempo di crescenti meraviglie e di progressi eroici. Come dicono in Ritorno al Futuro: “Strade?! Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade!”
Ed è proprio da questa citazione che sono partite le speculazioni riguardo al fatto che, Ritorno al Futuro, fosse stato menzionato da Reagan, perché film che veicolava il tipo di ideologia propugnato dall’ex Presidente degli Stati Uniti. Se volontariamente o no, non ci sarà mai dato saperlo.
Eppure, in Ritorno al Futuro, c’è un dialogo tra Marty e Doc in cui Reagan non viene propriamente elogiato:
Doc: Chi è il presidente degli Stati Uniti?
Marty: Ronald Reagan
Doc: Ronald Reagan? L’attore? Ah, ah. E chi è il vicepresidente? Jerry Lewis?
Quindi, o il Presidente era un uomo di spirito e aveva accolto bonariamente la battuta, oppure si era veramente convinto del fatto che la pellicola potesse, anche indirettamente, favorire la sua politica, per cui non si è mai preoccupato di doverla boicottare, nonostante questa allusione.
Numerose sono state le analisi a favore di questa specie di teoria del complotto; una su tutte la ritroviamo in un documento di Fred Pfeil, noto critico letterario e romanziere americano, che nel suo libro Politics and Narratives in Postmodern Culture, accusa Ritorno al Futuro di veicolare un messaggio conservatore.
Secondo Pfeil infatti, quando Marty torna al 1950, nel film questo periodo storico viene dipinto come il migliore possibile, a differenza degli allora correnti anni ’80. Ed è proprio quello a cui Reagan ambisce a fare come Presidente degli Stati Uniti: riportare il popolo americano al modello di vita di quell’epoca. In Ritorno al Futuro, gli anni ’50 sono descritti con grande entusiasmo e nella narrazione sono assenti riflessioni critiche agli stili di vita di quel tempo; prendiamo ad esempio l’ambizione verso il raggiungimento del Sogno Americano, da doversi compiere ad ogni costo, per non parlare della precaria condizione femminile, con donne non emancipate, e una religiosità spinta fin quasi al bigottismo.
Non solo, anche la musica degli anni ’50 in Ritorno al Futuro appare come la miglior musica mai creata. Ricordiamo tutti la scena cult in cui Marty sostituisce il chitarrista infortunato, durante il ballo “Incanto sotto il mare”. Il protagonista si cimenta in pezzi che hanno fatto la storia degli anni ’50, come Earth Angel, di Marvin Berry and the Starlighters (1954) e il brano di Chuck Berry del 1958, di cui dà un’interpretazione estrosa anni ’80. Una commistione di elementi che, ancora una volta, richiamano quel voler tornare al passato.
In quest’ottica, ecco che la citazione del Presidente nel suo discorso acquisterebbe di senso. Cioè, non esistono nuove strade per il futuro, semplicemente perché non era l’obiettivo di Reagan andare in contro ad esso. O meglio, non c’era bisogno di nuove strade, perché esistevano già ed erano quelle del passato, verso cui lui voleva tornare.
Chissà, magari al film sarà stato concesso di diventare un grande cult proprio perché all’epoca Reagan si rese conto che la pellicola poteva (senza che nessuno se ne rendesse apparentemente conto) far tornare nel pubblico quella vena di nostalgia del passato che li spingesse ad aderire, proprio grazie al cinema, alla politica che egli stava mettendo a punto per il popolo americano.
In ogni caso, teorie del complotto a parte, è innegabile che Ritorno al Futuro abbia fatto la storia del cinema. Forse, insieme a Star Wars, è quello che più ha segnato l’immaginario collettivo, confermandosi uno dei film che, anche se a distanza di anni, continua a coinvolgerci, divertirci e farci sognare. Trentacinque anni portati benissimo.