Rusty Rabbit – La Recensione

Rusty Rabbit

Conigli e misteri post-apocalittici nel metroidvania di Gen Urobuchi

Nel marasma generale delle uscite di questi ultimi mesi ci ha incuriosito una in particolare, quella di Rusty Rabbit. Non tanto per il gioco in sé, un metroidvania indie di stampo giapponese abbastanza classico nella formula, quanto più per uno degli autori che ha lavorato alla storia, Gen Urobuchi, che per chi non lo conoscesse è il responsabile della grande rivoluzione del genere delle Magical Girl avvenuta nei primi anni 2000 con Puella Magi Madoka Magica e scrittore di opere altrettanto importanti come Psycho-Pass e Fate/Zero.

Spinti dalla curiosità ci siamo avventurati nel mondo di Rusty Rabbit, disponibile dallo scorso Aprile su Nintendo Switch, PlayStation 5 e PC.

Versione Testata: PlayStation 5

Immaginate in futuro non troppo distante dal nostro dove la razza umana ha dovuto abbandonare il pianeta a causa di una nuova glaciazione globale e la Terra è finita sotto il controllo di una specie antropomorfa di conigli senzienti. In questa nuova società i conigli esplorano i resti della civiltà umana alla ricerca di qualcosa di raro e prezioso da poter rivendere e ricavare qualche soldo per poter vivere. Uno di questi cercatori è Stamp, un coniglio di mezza età abbastanza solitario e poco incline alla comunicazione che si ritrova nel villaggio ai piedi della Smokestack Mountain, pronto ad iniziare una nuova giornata di lavoro alla ricerca di qualche tesoro.

Nonostante la sua attitudine alla solitudine, Stamp incrocerà il proprio cammino con un gruppo di giovani avventurieri, i B.B. (il cui significato verrà storpiato ogni volta dai vari membri del gruppo), anch’essi intenzionati ad aprirsi una strada nelle profondità della Smokestack Mountain in cerca di fortune. Vedendo in loro un potenziale vantaggio, Stamp decide di unirsi momentaneamente al gruppo, affrontando insieme tutto quello che li aspetta.

Rusty Rabbit

Le prime ore di gioco appaiono abbastanza tranquille in controtendenza con lo stile catastrofico e decadente di Urobuchi, con uno Stamp intento ad esplorare le aree iniziali del gioco e a fare la conoscenza dei vari membri del B.B., i quali ci forniranno qualche informazione iniziale e i primi rudimenti del gameplay.
Per quanto proceda lentamente all’inizio, la storia comincia a mostrare qualche spunto interessante quando Stamp scopre all’interno di un terminale, un messaggio scritto da sua figlia. Un breve frammento di testo che mette immediatamente in allerta il protagonista, lasciando intuire che la figlia, scomparsa da anni, possa essere in pericolo e aver bisogno del nostro aiuto.

Non vi sveleremo oltre del racconto, ma giusto spendere altre due parole sul mondo di Rusty Rabbit e dei suoi protagonisti. Dove la penna di Gen Urobuchi si fa riconoscibile è nella ricchezza di dettagli del racconto, nel saper creare quel velo di mistero per poi concedersi quelle due o tre rivelazioni ad effetto tipiche del suo stile.
In questa storia c’è una complessa riflessione sulla religione con un rapporto abbastanza complicato e conflittuale con il suo protagonista e la figlia scomparsa, e sarà proprio questo uno dei tempi che vi accompagnerà nella vostra sete di scoperta nella Smokestack Mountain. Molti degli elementi narrativi del gioco ci vengono raccontati attraverso dei dialoghi opzionali e dei file sbloccabili che precludono l’accesso a decine di pagine di testo che contribuiscono a creare una propria lore e a modellare la caratterizzazione dei vari personaggi, cosa che si perde se si affronta il gioco in maniera superficiale, senza scalfirne scorza.

Questo però è dovuto principalmente al suo gameplay che resta abbastanza statico fin dall’inizio e che non spinge i giocatori ad approfondire il resto. Quello di Rusty Rabbit è un genere abbastanza competitivo e dalle mille sfumature, che negli anni ha mostrato quanto sia malleabile e personalizzabile in base alle esigenze. Rusty Rabbit si presenta quindi come un metroidvania 1.0, un classico platform nel quale la progressione è scandita dagli upgrade che potremo eseguire al nostro inseparabile mech, e che una volta fatti ci permetteranno di proseguire verso nuove strade.

Di base ci ritroveremo un una trivella che permette di scavare fra i detriti. Man mano che avanzeremo aggiungeremo al nostro arsenale anche una spada e un martello, ognuno dei quali servirà ad attraversare un preciso ostacolo, mentre il modulo fucile ci rende più facile affrontare i nemici che infestano i cunicoli della Smokestack Mountain. Il tutto si svolge però senza troppi guizzi, né creativi né a livello di meccaniche. Si distruggono le macerie, si trovano materiali per gli upgrade e si procede esplorando nuove zone, ogni tanto intervallando combattimenti, qualche avanzamento di storia o le boss fight. Quest’ultime poi sono abbastanza piatte e poco ispirate a livello di idee e di concept, lasciandovi come unica alternativa quella di scaricare contro il nemico tutto il vostro arsenale e poco più.

Se sulla semplicità del gameplay potremmo anche chiudere un occhio considerando come principale l’aspetto narrativo, quello che non ci è andato molto giù è la progressione e la gestione degli upgrade, specie per quelli finali che consentono di completare il gioco al 100%, chiusi dietro una modalità secondaria, che obbliga ad affrontare ben 100 livelli di un dungeon generato randomicamente e che utilizza gli asset del gioco base, un espediente macchinoso per allungare forzatamente la durata del gioco. Anche le risorse necessarie per i vari potenziamenti del mech sono sempre ben esose e sarete costretti a cercare i materiali necessari in più sortite, sperando che qualcuno dei mostri decida di “dropparvelo” per poter finalmente potenziare una delle parti. Sempre relativo alle risorse ottenute c’è poi tutta una parte dedicata alle missioni secondarie, una serie di richieste da portare a termine che ci conferiranno soldi e altri vantaggi.

Abbiamo poi un sistema di skill da sbloccare, legato all’aumento di livello e ai punti abilità che otterremo ad ogni salita, che ci permetterà di acquistare nuove abilità sia attive che passive, rendendoci l’esplorazione e la vita all’interno delle varie zone della montagna più godibile.

Rusty Rabbit

Stilisticamente ci troviamo tra le mani un titolo che sulla carta, letteralmente, gode di un buon character design, il cui tratto è abbastanza distintivo ed intrigante, che si scontra con una realizzazione tecnica abbastanza blanda. Ogni macro area si diversifica per uno tema, che però resta praticamente identico per tutto il livello senza troppe varianti. Anche il level design si dimostra molto lineare, senza mai mettere in difficoltà il giocatore nelle sezioni platorm, i cui unici ostacoli solo i paletti messi dalla mancanza di abilità o upgrade per poter proseguire, influendo pesantemente sul backtraking. Per fortuna c’è una buona rete di spostamenti rapidi che ci permette di rivisitare le vecchie zone riducendo i km percorsi per raggiungerle. Nemmeno i boss, che di solito in questo tipo di giochi si distinguono dalla massa, riescono a fare altrettanto, perdendo l’occasione di fruttare le abilità combattive di Stamp e del suo mech.

Chi ha un buon orecchio riconoscerà subito il doppiatore di Stamp, che altri non è che Takaya Kuroda, la voce di Kazuma Kiryu della serie di Yakuza, che con i suoi versi e il suo tono da protagonista dannato riesce ad infondere in Stamp un’aurea e un fascino unici.

Purtroppo Rusty Rabbit non è adattato in italiano, cosa che può rendere complessa la lettura dell’enorme quantità di testi sparsi qua e là nel racconto, e la comprensione della storia nel suo insieme, unico vero punto di forza di questa produzione NITRO PLUS e NetEase Games.

Rusty Rabbit è uno di quei giochi nella media che non fa nulla nel tentativo di elevarsi nella mare di metroidvania in cui galleggia come foglia morta. A tenere in piedi il tutto ci pensa fortunatamente la storia scritta da Gen Urobuchi, anche se fatica nel compito a causa di un racconto che viene sminuzzato e frammentato all’interno del gioco, lasciato a prendere polvere dietro alcune attività opzionali, con il rischio che si perdano. A livello di gameplay abbiamo trovato un gioco molto limitato che non fa nulla per stimolare il giocatore, che si troverà ad avanzare superando di volta in volta i vari paletti imposti dallo sviluppo e niente di più complesso. Un peccato, perché il tutto poteva essere confezionato con un minimo di cura in più per tirare fuori dal cilindro un titolo che fosse anche stimolante da giocare.

Rusty Rabbit è disponibile su Nintendo Switch, PlayStation 5 e PC.

Rusty Rabbit
Rusty Rabbit – La Recensione
Pro
Sebbene parta lentamente la storia di Gen Urobuchi si fa notare.
Character design piacevole.
Kazuma Kiryu "rivive" in Stamp.
Contro
Progressione del gioco limitata da troppi paletti.
Gameplay da metroidvania veramente basilare.
Scontri con i boss dimenticabili.
7
Voto