Se Harry Potter rimane uno dei maghetti più apprezzati dell’ultimo ventennio, per chi è cresciuto negli anni Novanta è impossibile non fare il tifo per il protagonista di Simon the Sorcerer.
Sviluppato da Adventure Soft nel 1993, il primo Simon the Sorcerer è un’avventura punta-e-clicca scritta con grande competenza. Un titolo che prende le opere di Terry Pratchett e le fonde con quelle di Tolkien, buttandoci dentro pure un po’ di quella Rowling divenuta famosa solo qualche anno dopo con il primo Harry Potter. Il merito di questo successo è senza dubbio da attribuire a Simon Woodroffe, narrative e game designer che ha saputo farsi ispirare dall’intramontabile The Secret of Monkey Island per poi dare vita a qualcosa di più di un semplice clone. Simon the Sorcerer, infatti, ha un’identità propria molto forte, che nel tempo è stata declinata attraverso diversi titoli, tra i quali spiccano anche un flipper e una raccolta di minigiochi ambientati nel mondo di Simon.
Nonostante il successo raggiunto, la serie ha però subito un rallentamento nelle vendite dal suo passaggio alle tre dimensioni. Un passaggio che, a partire dal terzo capitolo, ha visto anche un cambio del team di sviluppo, con un conseguente calo qualitativo che ha lentamente danneggiato la nomea della proprietà intellettuale. Questo fino a quando i ragazzi di Smallthing Studios non hanno deciso di acquistare l’IP per dare vita a Simon the Sorcerer Origins, un vero e proprio ritorno alle origini della saga.
Nelle ultime settimane abbiamo potuto esplorare la nuova opera nata sotto l’attento controllo di Massimiliano Calamai. Un’opera che guarda inevitabilmente al passato, cercando di adattare il lessico delle avventure grafiche alle regole del mondo odierno, ma senza snaturarne i valori. Sarà riuscito questo talentoso team italiano nel proprio intento? Simon the Sorcerer Origins è davvero un titolo in grado di risollevare il brand e di ricordarci perché fosse così amato negli anni Novanta?

L’IRONIA ORIGINALE
Com’è possibile intuire dal nome, Simon the Sorcerer Origins è un capitolo che precede l’episodio originale del 1993. La trama vede protagonista ancora una volta Simon, che all’inizio di questa storia è però un ragazzino come tanti altri. In seguito a un (poco apprezzato) trasloco che lo vede allontanarsi dagli amici e dalla sua vita passata, Simon si ritrova catapultato all’interno di un mondo magico che non comprende appieno. Ha quindi inizio un’avventura che lo vedrà tentare di tornare a casa, cercando nel mentre di far fronte a una profezia legata a dei misteriosi tomi perduti.
Il comparto narrativo di questa nuova avventura è, senza dubbio, uno degli elementi meglio riusciti della produzione. Non solo i ragazzi di Smallthing Studios hanno dimostrato di aver studiato e compreso il materiale originale, ma sono persino riusciti a valorizzarlo ulteriormente. Il risultato è un’opera perfettamente in linea con i migliori capitoli della saga. Un’opera che gioca con l’ironia e l’umorismo inglese, divertendosi a fare da parodia dei grandi classici del fantasy.
L’elemento che ci ha maggiormente convinti della scrittura sono però i dialoghi, taglienti e diretti al punto tale da risultare essenziali. Giocando a Simon the Sorcerer Origins non si ha mai la sensazione di star perdendo tempo o di star vivendo delle lungaggini narrative. Tutto procede con il giusto ritmo, con diversi elementi di trama aggiunti gradualmente e con un costante equilibrio tra la battuta, la citazione e la frase necessaria per caratterizzare il personaggio interessato.
Insomma: dopo aver giocato all’ultima fatica di Smallthing Studios abbiamo capito perché il suo creatore originale abbia dato la benedizione a questo nuovo progetto. Non si tratta (solo) di una questione economica, ma di rispetto. Di rispetto nei confronti di un’IP tanto cara agli amanti delle avventure grafiche degli anni Novanta e che ora, finalmente, è pronta a riprendersi il proprio posto nel mondo.

UN’OPERA D’ALTRI TEMPI
Bastano pochi minuti all’interno di Simon the Sorcerer Origins per provare le medesime sensazioni dei punta-e-clicca del passato. La nuova opera del team nostrano pesca a piene mani dalle avventure della LucasArts, mettendo il giocatore di fronte a dei puzzle di diversa difficoltà da risolvere. Come accade da sempre nei titoli di questo genere, la soluzioni sono da ricercare nei dialoghi con i vari Personaggi Non Giocanti e negli oggetti da raccogliere. Oggetti che spesso devono essere combinati tra di loro e utilizzati nel modo corretto per poter accedere alla zona successiva.
Nel cercare di replicare le succitate sensazioni, gli sviluppatori di Smallthing Studios hanno deciso di seguire una precisa filosofia di game design. Scordatevi, infatti, di ricevere facili aiuti dopo pochi istanti dall’aver incontrato un nuovo enigma. Simon the Sorcerer Origins vuole farvi riflettere, mettendovi anche in difficoltà grazie a una struttura volutamente retrò. Alcune interazioni, per esempio, si attivano una volta parlato con un preciso personaggio e ottenuto una specifica informazione. Questo nonostante si abbia magari già l’oggetto con cui poter risolvere l’enigma in questione, che rimane però “bloccato” fino a dialogo effettuato.
Nonostante queste complessità tipiche del passato, Simon the Sorcerer Origins vanta enigmi brillanti e creativi. Il tutto costruito attorno a una mappatura dei tasti davvero comoda (e moderna), che permette al gioco di essere affrontato sia con la combinazione mouse/tastiera che attraverso un qualsiasi controller. Se siete giocatori console non fatevi quindi spaventare da questa avventura punta-e-clicca. I ragazzi di Smallthing Studios hanno pensato anche a voi.

L’IMPORTANZA DELL’ESTETICA
È innegabile: Simon the Sorcerer Origins è un vero e proprio piacere per gli occhi. Se da un lato è evidente che siamo di fronte a una produzione a basso budget, dall’altro è incredibile l’ottimo lavoro svolto dagli artisti del team italiano. Alcune animazioni risultano inevitabilmente limitate, ma il colpo d’occhio resta comunque ottimo e alcuni ostacoli tecnici sono stati abilmente aggirati grazie a soluzioni grafiche furbe ed esteticamente riuscite. Impossibile non innamorarsi poi del nuovo character design di Simon e dei vari comprimari. Un risultato che non era affatto scontato e che, alla fine, ci ha lasciati col sorriso stampato sulla faccia.
Buono anche il comparto sonoro di accompagnamento che, seppur senza rimanere in testa una volta spento il gioco, compie il suo lavoro egregiamente. Piacevolissimo, invece, il ritorno di Chris Barrie nei panni di Simon. Chris che, nonostante i suoi 65 anni, interpreta con grande maestria un adolescente di cinquant’anni più giovane. Segnaliamo, infine, che il titolo è doppiato in inglese, ma presenta i sottotitoli in italiano. Una scelta che, ne siamo certi, farà piacere a tutti i non anglofoni.
SIMON THE SORCERER ORIGINS, IL COMMENTO FINALE
Simon the Sorcerer Origins rappresenta il grande ritorno di una saga storica. Un ritorno che aggira i limiti di una produzione a basso budget, regalando al pubblico uno dei migliori capitoli della saga. La nuova opera di Smallthing Studios dimostra tutto l’amore del team nei confronti delle avventure punta-e-clicca e dell’IP nata ormai trentadue anni fa. Se anche voi sentite la mancanza delle produzioni tipiche della LucasArts, allora questo è il gioco che dovete regalarvi per Natale. Se, al contrario, non vi siete mai avvicinati a questo genere videoludico, Simon the Sorcerer Origins potrebbe essere un buon modo per cominciare (a patto di prendere atto della struttura di game design tipica delle produzioni degli anni Novanta). In ogni caso: siamo di fronte a un ottimo titolo, che ricorderemo anche in futuro con estremo piacere.


