La Recensione di SKAM Italia 5
A due danni dalla quarta stagione, torna su Netflix SKAM Italia, il remake dell’omonima serie norvegese creata da Ludovico Bessegato. La nuova stagione, però, è inedita rispetto all’originale e ha come protagonista Elia (Francesco Centorame), costretto a fare i conti con il proprio corpo, l’ansia da prestazione e la propria identità. Una tematica di certo inusuale e poco toccata sullo schermo, soprattutto in prodotti italiani per la televisione. Ma si sa, SKAM Italia è famosa per rompere gli schemi e affrontare in maniera semplice ma potente le problematiche del mondo giovanile.
Chiunque, ragazzi e ragazze, dovrebbe guardare SKAM, proprio per la normalizzazione di certi temi e per la normalità con cui le storie e le situazioni si delineano; tutto viene gestito in maniera sana – senza tuttavia risultare una serie paternalistica – lasciando comunque spazio a momenti più leggeri e spensierati. Il risultato è un ritratto quanto più fedele delle nuove generazioni.
La trama
Elia è stato bocciato e si trova a dover ripetere l’ultimo anno di liceo. Senza i suoi amici tra mura scolastiche, è per la prima volta da solo, in un limbo dove i suoi ex compagni adesso sono studenti universitari, fidanzati e con le idee chiare sul futuro. Lui, invece, è costretto a frequentare una scuola che ormai non gli interessa più, mentre scappa da una storia all’altra perché una ragazza non riesce ad averla, anche se vorrebbe. Infatti, nonostante dall’esterno Elia sembri un ragazzo approfittatore e senza cuore, che usa le ragazze per poi mollarle dopo qualche appuntamento, in realtà nasconde una profonda insicurezza legata al proprio corpo.
Elia è affetto dall’ipoplasia peniena (nota come “micropene”), una condizione che riguarda lo 0,6% della popolazione e che non gli permette di superare i 7 centimetri di lunghezza del pene quando si trova in erezione. Tutto ciò è per lui causa di una profonda sofferenza e insicurezza, che per anni ha preferito mascherare con l’immagine di un ragazzo insensibile e menefreghista.
Analisi
La serie ci racconta un punto di vista insolito, sfidando le leggi del politically correct, raccontando il disagio di un ragazzo che da lontano sembrerebbe uno come tanti. Piano, piano, invece, ci mostra i danni causati dal patriarcato e quanto sia dannoso non solo per le donne, ma anche per la controparte maschile, che molto spesso non si rende conto di essere anch’essa vittima. Lo rivediamo nei comportamenti degli amici di Elia, quando pensano che sia omosessuale perché passa da una ragazza all’altra, e nei discorsi di Viola (Lea Gavino) – il suo principale interesse amoroso – perché vive con quattro ragazzi gay. Emblematica la sua risposta: “Solo perché non salto addosso alle ragazze, non vuol dire che non mi piacciano”.
Perché è vero, non esistono soltanto “ragazzi bianchi etero” tossici. SKAM ci dimostra che il motivo per cui spesso si hanno questi preconcetti, è dovuto proprio ad una società fondata su una cultura patriarcale delineata in base a specifici ruoli maschili e femminili, dove la lotta virilità/femminilità si consuma sui rispettivi genitali: quali si hanno, come si hanno, di che dimensioni dovrebbero essere; per quelli maschili contano anche la durata, la durezza, l’uso. Tutte caratteristiche che diventano prima norme e poi meccanismi di potere.
Come detto in precedenza, vittime di questo sistema sono anche gli uomini, soltanto che ne sono meno consapevoli, ma anch’essi non sono esenti dalle conseguenze. Repressione e violenza ne sono un esempio.
Elia stesso è represso, ha paura di non soddisfare le aspettative imposte dalla società in quanto ritenute “giuste”. L’essere a disagio con il proprio corpo, lo porta ad essere a disagio anche quando è in mezzo agli altri e nel modo in cui si relaziona con il mondo. Elia è l’esempio perfetto di come anche gli uomini siano vittime di body shaming e pregiudizi, è il primo a credere che per appagare sessualmente una donna, la lunghezza del pene è fondamentale. Salvo poi scoprire di sbagliarsi.
In questo viaggio alla scoperta del sé, ancora una volta SKAM sottolinea l’importanza dell’incontro uomo/donna, del dialogo e dell’ascolto reciproco. L’apertura, il superamento dell’imbarazzo è quello che ci spinge ad affrontare il problema e cercare di accettarlo e superarlo.
La bravura di Centorame è stata proprio nel restituire allo spettatore quel senso di malessere e disagio che un ragazzo adolescente si porta dentro. Il suo volto, la sua espressività, ci raccontano ogni sfumatura del suo personaggio, anche quando rimane in silenzio.
SKAM Italia 5 è un racconto commovente in cui lo spettatore fa il tifo per Elia dall’inizio alla fine, in cui lo comprende anche quando sbaglia, accogliendo e accettando le sue fragilità. Perché tutti, almeno una volta, siamo stati “Elia” – magari per motivi diversi – e in lui sappiamo immedesimarci. Conosciamo già quel dolore perché prima di lui lo abbiamo visto in faccia.
Conclusioni
Ancora una volta, SKAM si dimostra una serie che dà importanza all’andare oltre le apparenze, ci insegna a scavare a fondo negli altri. E questa stagione con Elia protagonista è forse quella che più riesce a lanciare questo tipo di messaggio.
La penna di Bessegato, delicata e mai fuori posto, anche in questa stagione sa parlare alle nuove generazioni come nessun altro aveva saputo fare finora, riuscendo nell’intento di sensibilizzare a temi coraggiosi rimasti inespressi e inascoltati. Più in generale, SKAM Italia ha rotto gli equilibri della televisione generalista aprendo ad una sperimentazione visiva dirompente che ha unito giovani (e meno giovani).
Un esempio da cui le produzioni mainstream dovrebbero imparare per ripartire.