Un’estate può cambiare tutto.
A due anni di distanza dalla seconda stagione, lo scorso 4 Luglio è stata rilasciata in tutto il mondo la terza serie di Stranger Things, il prodotto fantascientifico creato dai fratelli Duffer e uno dei prodotti di punta di Netflix.
Un’eccelsa prima stagione e una seconda che non ha convinto lo stesso numero di persone, sono le premesse di questo terzo ritorno ad Hawkins. Saranno riusciti i Duffer ad imparare dai propri sbagli? La risposta è fortunatamente positiva: Stranger Things 3 è come una montagna russa e rivaleggia tranquillamente con la prima serie.
Avevamo lasciato i nostri ragazzi al ballo d’inverno, dopo aver sconfitto il Mind Flyer e liberato per sempre Will (Noah Schnapp) dall’influenza del Sottosopra. Il portale chiuso da Eleven (Millie Bobby Brown) ha decretato anche la chiusura dei laboratori di Hawkins, in cui sembra essere tornata la pace.
Perché succede tutto ad Hawkins?!
Il nemico questa volta viene dall’altra parte del pianeta, dalla fredda Russia, in cui scienziati e militari cercano un accesso verso il Sottosopra. Questa stagione dà subito una risposta ad uno dei quesiti più posti dagli spettatori “Perché succede tutto ad Hawkins?!” e lo fa nella maniera più chiara e semplice possibile. Ed è proprio uno dei punti di forza di Stranger Things, riuscire a dare risposte comprensibili raccontando una trama altrettanto semplice con una facilità sconcertante, incollandovi allo schermo per tutti gli otto episodi.
Questa volta infatti non ci sono pause prima della battaglia finale. Stranger Things 3 parte reintroducendo lo status quo dei personaggi: tra Mike (Finn Wolfhard) e El e il loro amore adolescenziale, un gelosissimo Hopper (David Harbour) a tenerli sott’occhio, una Joyce (Winona Ryder) che cerca di superare il lutto per Bob (Sean Astin), Steve (Joe Keery) Nancy (Natalia Dyer) e Jonathan (Charlie Heaton) impegnati coi rispettivi nuovi lavori, Will che cerca di convincere i suoi amici a giocare piuttosto che uscire con le proprie ragazze ed un Dustin (Gaten Matarazzo) di ritorno dal campo scientifico con una cotta enorme.
La prima puntata ci mette subito di fronte alla prima verità: gli anni sono passati e i protagonisti non sono più bambini, sono entrati in piena adolescenza con ovviamente la fase ormonale che ne consegue. Un ulteriore prova di buona scrittura, perché i personaggi sono più umani che mai, sbagliano, si arrabbiano, cadono e poi si rialzano. Stranger Things 3 conferma l’ottimo lavoro di caratterizzazione del cast, in un crescendo di emozioni nel corso delle otto puntate, fino ad uno struggente finale e ad una post credit che apre su un altro futuro.
Stranger Things 3: La Spiegazione della scena Post Credit.
I Duffer, insieme agli altri sceneggiatori dello show, evitano la stessa frenata anticlimatica della seconda stagione, ma mantengono la formula di dividere i protagonisti in diversi gruppi, con le dovute aggiunte, raccontandoci le diverse storie che collideranno immancabilmente nel finale di stagione. Il tutto con i punti di forza di Stranger Things: la musica con My Bologna e Material Girl tra le altre, le atmosfere e le citazioni al 1985. E così passiamo da Terminator a Ritorno al Futuro, in una nuova caccia all’easter egg mai invasivo.
Questa terza stagione da anche più spazio ad alcuni dei personaggi introdotti due anni fa, come Erica (Priah Ferguson), la sorella di Lucas (Caleb Mclaughin) e Murray (Brett Gelman) ma la new entry che più lascia il segno è sicuramente Robin (Maya Hawke) collega di Steve alla gelateria e altro personaggio che si unisce alla schiera di caratterizzazioni riuscite di Stranger Things.
E a proposito di caratterizzazioni, anche Billy (Dacre Montgomery) ha finalmente una rivalsa dopo l’introduzione come bullo belloccio vessato dal padre nella seconda serie. E lo stesso si può dire di Max (Sadie Sink) ormai perfettamente integrata nel gruppo e determinata a diventare la migliore amica di El. Anche nel loro caso c’è quindi una crescita, uno sviluppo e una conclusione ad alcune delle trame di due anni fa.
Stranger Things 3 impara da quanto sbagliato nella seconda stagione e torna ai fasti della prima, non dimenticando per strada i pregi della precedente. Esempio lampante il rapporto tra Hopper e Eleven, sebbene meno sotto i riflettori rispetto a due anni fa dove era il punto cardine (e l’aspetto migliore) , continua ad evolversi grazie all’adolescenza della ragazza, in un crescendo toccante che culminerà nell’ottava puntata.
Insomma la produzione dei fratelli Duffer è ancora una volta una delle punte di diamante di Netflix, imperdibile e capace sempre di ammaliare. Il futuro è incerto, e se la serie si fermasse così, con questo finale, potrei ritenermi anche soddisfatto. C’è però la già citata scena post credit, è abbastanza per dare un ulteriore spunto alle avventure dei ragazzi di Hawkins?