Sulla mia pelle racconta la tragica morte del giovane Stefano Cucchi e mostra le ingiustizie del nostro belpaese.
15 ottobre 2009, Stafano Cucchi viene arrestato dai carabinieri per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico dodici confezioni di hashish di un peso complessivo di 21 grammi, tre dosi di cocaina, una pasticca di sostanza inerte e una pasticca di un medicinale antiepilettico. Per questa ragione, il giorno successivo all’arresto, viene condannato per direttissima alla custodia cautelare e l’udienza fissata al mese successivo. Stefano si presenta in tribunale con una condizione fisica parecchio precaria con lividi e percosse in tutto il corpo ed una evidente corporatura esile segno di denutrizione. Il trentunenne non dice nulla, ma passa i prossimi cinque giorni tra un carcere e un altro soffrendo atrocemente, per poi morire nella notte tra il 21 e il 22 ottobre dello stesso anno a causa di danni fisici gravi tra cui un’emorragia alla vescica e due fratture alla colonna vertebrale. La famiglia non si è mai arresa, non ha mai accettato di averlo visto entrare in carcere e una settimana dopo vederlo disteso all’obitorio dell’ospedale Sandro Pertini solo per confermare l’autopsia consapevoli che Stefano non si sarebbe mai potuto fare quei danni da solo.
Sono passati quasi nove anni dal tragico evento e la ferita è ancora aperta. È impossibile ricucire un dolore del genere correlato da ingiustizie che hanno portato addirittura all’apertura dell’inchiesta solo nel 2015 dopo anni e anni di battaglie da parte della famiglia. Alla luce di quanto è accaduto si è deciso di realizzare un lungometraggio dal titolo Sulla mia pelle diretto da Alessio Cremonini che è stato scelto come film di apertura per la sezione Orizzonti nel corso della 75^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il 12 settembre è stato mostrato in alcuni cinema italiani in contemporanea con l’uscita su Netflix che ha inaugurato, per l’occasione, una nuova sigla limitata solo a “N” e che sicuramente servirà per la condivisione di opere di questo calibro. Al termine della riproduzione a Venezia, il film è stato accolto con una lunga e calorosa standing ovation anche per la presenza della sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, ma vediamo insieme i pregi e i difetti di questo film.
Sulla mia pelle racconta esattamente la vicenda di Stefano Cucchi, ma il rischio era quello di prendere uno scivolone e cadere nel burrone della retorica di basso livello facendo divenire il film una sorta di documentario con lo scopo di denunciare raccontando solo le verità che fanno più breccia nell’opinione pubblica. Per fortuna l’abilità di Cremonini ha permesso di glissare questo pericolo limitandosi a raccontare i fatti documentati. Ad esempio il pestaggio descritto dal protagonista non viene mostrato e ogni menzione ad esso e ai carnefici si riferisce al punto di vista di Cucchi (Alessandro Borghi). Il corpo di Stefano è al centro di quasi tutto il film, poiché diviene sempre più malconcio ed esile fin dal prologo in cui viene raccontata la scoperta del suo cadavere per giungere alla conclusione con un lungo flashback in cui viene mostrata l’agonia e la sofferenza del protagonista ed è la parte più cruenta di tutto il film. La scelta registica è quella di raccontare l’evento con empatia, ma senza ergersi a deus ex machina, ma con uno sguardo da uomo a uomo. Non vi sono giudizi, non vi sono supposizioni o teorie e nemmeno accuse, si concentra semplicemente sulla sofferenza fisica e psicologica del protagonista.
Qui entra in gioco inevitabilmente un magistrale Alessandro Borghi che ha trasformato in maniera impeccabile il suo corpo per rientrare nella fisicità di Stefano Cucchi. Alessandro è il vero fulcro del film, dominatore emotivo e recitativo del film. La sua trasformazione è impressionante sia a livello fisico che soprattutto a livello vocale: la prova arriva nei titoli di coda con un estratto audio del vero Cucchi a dimostrazione dell’eccelso lavoro svolto. L’attore protagonista non potrebbe, però, compiere tutto senza il cast composto a sua volta da ottimi attori del calibro di Jasmine Trinca e Max Tortora nei panni della sorella e del padre di Stefano. Ognuno di loro ha un minutaggio incalzante all’interno di un clima chiuso, cupo e angosciante. La visione domestica forse non dona le stesse emozioni che invece darebbe la sala di un cinema, ma il regista è riuscito anche a limitare questo problema attraverso una colonna sonora e un montaggio che rende la visione universale.
Sulla mia pelle è un film meraviglioso, senza troppi fronzoli, inutili moralismi e santificazioni post mortem. È semplicemente vero e reale, crudo ed empatico e mostra senza motivi propagandistici le ingiustizie provate dal ragazzo in quella triste e terribile settimana. Non c’è bisogno di idealizzare, non c’è bisogno di stravolgere la realtà per dare la corretta giustizia ad un dramma, basta saperla raccontare ed è quello che è riuscito a fare Alessio Cremonini. Forse si poteva osare di più, forse si poteva raggiungere la potenza narrativa di 87 ore di Costanza Quatriglio, ma con l’iter giudiziario ancora in corso e con il rischio di rovinare il film, meglio non averlo fatto. Si tratta comunque di un film che rafforza l’intera cinematografia italiana che dimostra di essere più viva che mai.