Sweet Tooth: recensione della serie Netflix tratta dal fumetto DC
Sweet Tooth, serie tratta dal fumetto di Jeff Lemire, è finalmente sbarcata su Netflix. La serie è disponibile sulla piattaforma streaming dal 4 giugno 2021 ed ha già conquistato tantissimi spettatori. Tra fiaba e realtà Sweet Tooth è un’avventura che scalda i cuori. La serie post-apocalittica prodotta da Robert Downey Junior è ricca di speranza e di coraggio. Un prodotto ambizioso ed estremamente attuale. Ecco la nostra recensione senza spoiler di Sweet Tooth.
Ecco il trailer di Sweet Tooth
La recensione di Sweet Tooth
Sweet Tooth è la trasposizione seriale del famoso fumetto targato DC comics di Jeff Lemire. L’adattamento è fedele al corrispettivo cartaceo ma i toni cupi e la violenza sono stati per forza di cose smussati al fine di rendere il prodotto seriale fruibile anche per un pubblico di piccini. La serie è infatti visibile da tutta la famiglia, nessuno escluso. Nonostante i necessari cambianti Sweet Tooth rispecchia l’atmosfera di tensione, ansia e discriminazione che il fumetto trametteva mediante le sue tavole ed i suoi accurati dialoghi. Sweet Tooth è il perfetto mix tra fiaba e realtà. La storia di Gus è commovente ed estremamente attuale.
La serie post-apocalitta prodotta da RDJ e moglie si apre mostrando come l’umanità è stata sterminata da un virus che continua a diffondersi anche a distanza di anni. Contestualmente alla comparsa del virus si sono verificate inusuali nascite di bambini soprannominati ibridi: metà umani e metà animali. Gus (Christian Convery) è il bambino protagonista della storia. Per 10 anni è cresciuto con il padre al sicuro nella foresta. “Al sicuro” poiché gli ibridi vengono temuti e cacciati dai cosi detti “ultimi uomini”. A Gus è proibito superare la recensione che circonda la foresta. La sua vita è monotona e all’insegna della semplicità finché qualcosa non cambia le carte in tavola e costringe il piccolo Gus ad uscire dalla sua bolla.
Il bambino, inesperto e sognatore, non vivrà le sue avventure in solitaria ma ad affiancarlo avrà due valorosi compagni di viaggio: l’uomo grande Tommy Jepperd (Nonso Anozie), uomo solitario dal cuore tenero che decide di prendersi cura del piccolo Golosone (traduzione del titolo della serie) e Bear (Stefania LaVie Owen), ragazza orfana cresciuta nel mito e nell’adorazione degli ibridi. Gus crea legami profondi con questi due nuovi compagni di vita, legami destinati a durare ed a consolidarsi come rapporti famigliari veri e proprio, se pur non di sangue. La famiglia composta da Gus, Bear e l’uomo grande è una famiglia per scelta.
Il pov di Gus non è però l’unico che seguiamo durante la serie. Alla storia del piccolo si aggiunge quella del dottore Aditya Singh (Adeel Akhtar), colui che scopre per primo il virus ed è probabilmente l’unico che saprà trovare una cura; e la storyline di Aimee (Dania Ramirez), colei che ha creato la riserva, luogo sicuro per i piccoli ibridi.
La scelta dei toni mediate i quali viene narrata la storia è l’aspetto più interessante della serie. Essendo una serie post-apocalittica ci si potrebbe attende un unico tono cupo e drammatico, invece Sweet Tooth alterna i registri affiancando la fiaba al dramma reale. Le avventure di Gus hanno decisamente il tono più divertente e spensierato dell’intera serie. La sua storyline è a tutti gli effetti una vera e propria fiaba, sia per gestione della narrazione che per trama e costruzione del personaggio. Diversamente la realtà si palesa con tutta la sua forza e crudeltà nella storyline del medico. Le difficoltà, le paure e le costrizioni che il virus ha portato con se vengono esplorare ed analizzate nel profondo tramite il pov del medico e dalla moglie Rani Singh (Aliza Vellani).
I temi di Sweet Tooth sono più attuali che mai. La pandemia e le sue problematiche sono all’ordine del giorno di tutti noi da ormai più di un anno. L’uso delle mascherine e la prevenzione dal contagio a cui assistiamo nella serie sono abitudini che purtroppo ci appartengo e vederle rappresentate in un prodotto seriale crea immediatamente empatia nello spettatore. Inoltre se aggiungiamo il fatto che la serie è tratta da un fumetto scritto anni fa rende il tutto ancora più bizzarro e curioso di quanto non sia già.
La diversità e l’odio verso ciò che è non conforme alle regole imposte dalla società su cosa dovrebbe essere normale sono gli altri due temi portanti di Sweet Tooth. I bambini ibridi vengono temuti e disprezzati in quanto tali, poiché diversi e non per un qualche altro motivo logico o documentato. L’odio per il diverso e la scelta di distruggere ciò che non si accetta sviene esplorata per tutta la serie analizzando le ragioni che ne stanno alla base ma finendo per arrivare all conclusione che una vera ragione non sussiste.
Interessante è la prospettiva di discussione etica e morale che si profila sul finale di stagione in merito alle sperimentazioni scientifiche. È l’uomo la causa di tutti i mali? L’ambiente si adatta soltanto alle decisioni dell’uomo e reagisce di conseguenza?
Un difetto che si può riscontrare nella serie riguarda gli effetti visivi non sempre al massimo per quanto riguardano gli ibridi, uno in particolare appare fin troppo creato digitalmente. Inoltre la durata degli episodi poteva essere ridotta magari concentrando i fatti più salienti e tagliando alcuni eventi che si ripetono all’interno della serie. Il primo episodio per quanto fiabesco e commovente è un grande preambolo iniziale. Le vicende cominciano a diventare incalzanti solo più avanti nella storia, per questo un minutaggio inferiore avrebbe giovato ad una migliore scorrevolezza degli episodi.
Il finale è decisamente aperto ed il cliffhanger preannuncia una seconda stagione non ancora ufficializzata da Netflix. Critica e publico hanno apprezzato molto la serie quindi non ci resta che sperare nel rapido rinnovo della serie da parte della piattaforma dalla grande N.