Da questo momento in poi dovrò cercare uno stabile equilibrio tra quello che vorrei dirvi e quello che dovrei dirvi.
L’onestà, prima di tutto: io Yakuza Apocalypse l’ho adorato.
Vorrei dirvi di recuperarlo il prima possibile e abbandonarvi ad esso da soli o con qualche amico, ma non posso farlo. Non posso farlo perché se mai decideste di seguire il mio consiglio, rischierei il linciaggio da parte di chiunque al momento dell’acquisto non si aspettasse una pellicola del genere, di chi non avesse la più pallida idea di chi Takashi Miike sia e di chi, più semplicemente non sia, per gusti o indole, propenso ad assistere ad un’opera che mai sarà confinabile all’interno di una cornice che ne delimiti i caratteri essenziali.
Permettetemi di riformulare la metafora.
Una cornice, questo Yakuza Apocalypse, potrebbe anche averla; sarebbe però una struttura dal profilo incerto e contorto, mutevole e asimmetrico. Sarebbe un quadro che in nessuna galleria, in nessuna casa potrebbe trovarsi a suo agio, rimanendo sempre troppo diverso e casuale rispetto alle forme regolari che più comunemente potremmo osservare.
Forse solo nella folle e straripante galleria delle sue opere sorelle, partorite dalla mente vulcanica di Miike, riuscirebbe a ritagliarsi la meritata dignità.
Chiunque sia abituato ad osservare un film cercando qualcosa di ulteriore, qualcosa che non resti confinato al prosaico duo: trama, recitazione, troverà in queste due ore di film un bombardamento continuo di stimoli, una incessante valanga di generi che mano a mano vanno a sovrapporsi, senza mai sparire del tutto.
Vorrei dirvi tutto, preferisco dirvi il meno possibile. Miike ama sperimentare, ama sconvolgere lo spettatore e ama stupirsi lui stesso del risultato, solo fino ad un certo punto premeditato, delle sue opere.
Yakuza Apocalypse appartiene ad una tipologia di film che, personalmente, trovo irresistibili. È uno di quei film in continua metamorfosi, talvolta calibrata, altre volte all’apparenza casuale o addirittura non-sense.
Sono diversi i registi più o meno famosi che da sempre centellinano all’interno delle loro opere qualche schizzo di generi diversi, amalgamandoli in equilibrati distillati video. Si prenda come esempio Shyamalan e il suo ultimo Split. Tutti potrete senza dubbio riportare alla mente quelle scene che definireste inquietanti, altre magari grottesche, altre ancora orrorifiche e magari qualcuna divertente, o ridicola. Tutte queste realtà esistono in Split, vi ci convivono e lo rendono senza problemi un film quadrato, incasellabile in un paio, massimo, di generi.
Miike con Yakuza Apocalypse questo non lo permette. Il film è tutti, e non è realmente nessun genere.
È una ricetta elaborata, dalla base gangster alla cima Kaiju. Un mappazzone dal sapore convincente, che stranisce al primo morso, ma porta a finire voracemente il piatto, perchè i singoli strati potranno anche essere saporiti, ma solamente insieme possono davvero donare l’esperienza completa.
Il film porta con sé altri stimoli, attiva ragionamenti che forse nemmeno vorrebbe trasmettere. L’amore quasi da film noir fa capolino di tanto in tanto tra violenza, mostri e cultura popolare giapponese.
E qui incontriamo uno spunto di riflessione che, personalmente, ho trovato davvero interessante:la vendetta è perpetrata da violenti criminali, siano essi i buoni o i cattivi.
Associazioni criminali che, come sempre accade, fan la parte dei leoni sottomettendo un popolo con la promessa di proteggerlo da nient’altro che loro stessi, finendo per essere venerati e rispettati. La Yakuza, qui molto nobile e ricca di principi, è il gruppo di appartenenza tanto di chi abbia un cuore nobile, quanto di chi sia traditore o semplice criminale. È la contraddizione che vive di contraddizioni, inevitabilmente destinata ad autodistruggersi. O ad esplodere in fazioni, coinvolgendo l’intera popolazione. Ma quando tutti sono Yakuza, nessuno lo è più veramente, e soprattutto nessuno farà più la parte di quel popolo, risorsa primaria delle mafie. Si dovrà quindi tornare, in un logico delirio, all’auto-sostentamento. Servirà ricreare quel popolo, coltivarlo se serve, proprio come l’agricoltura fu la base delle società antiche, prossime al dominio sui territori vicini.
Come dicevo, uno spunto di riflessione personale e per me stimolante. Tanto interessante quanto possibilmente campato in aria e non previsto dall’autore dell’opera.
Chiudo il discorso con una breve citazione dello stesso Miike, intervistato proprio su questo suo Yakuza Apocalypse, un’ultima frase che spero possa trasmettere meglio di quanto l’abbia fatto io, quale sia la vera essenza del film.
«Quando vai a comperare un gelato, spesso chiedi due o tre gusti diversi, che ne so… il pistacchio, il cioccolato o il limone. Il sapore che si crea mangiando questi differenti componenti è qualcosa di nuovo e di gradevole. Così per me è lo stesso a proposito della fusione di elementi e generi diversi in un film.»
BLU-RAY
Durata: 115 min
Formato: 1:2:35; 1080p
Audio: Italiano-5.1 DTS HD master audio; Giapponese-5.1 DTS HD master audio
Sottotitoli: Italiano
Extra: Making Of; Trailer Originale
DVD
Durata: 110 min
Formato: 1:2:35
Audio: Italiano-5.1 Dolby Digital; Italiano-5.1 DTS; Giapponese-5.1 Dolby Digital
Sottotitoli: Italiano
Extra: Making Of; Trailer Originale