Il giornalismo è l’insieme delle attività e delle tecniche volte a diffondere e a commentare notizie tramite ogni mezzo di pubblicazione. I mezzi con il quale ciò viene fatto sono molteplici anche grazie allo sviluppo tecnologico. La legge italiana afferma una cosa importantissima per quanto riguarda i compiti del giornalista:
“[Il giornalista] è tenuto ad assicurare ai cittadini un’informazione qualificata e caratterizzata da obiettività, imparzialità, completezza e correttezza; dal rispetto della dignità umana, dell’ordine pubblico, del buon costume e del libero sviluppo psichico e morale dei minori nonché dal pluralismo delle fonti cui [i giornalisti] attingono conoscenze e notizie in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni, avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti.” (Sentenza n. 112/1993 della Corte costituzionale.)
Da qualche anno alcuni mezzi di informazioni, anche molto autorevoli, hanno trovato un nuovo nemico: i videogiochi! Trovano collegamenti irreali per giustificare eventi terribili, li accusano di incitare alla violenza o all’odio e li demonizzano come meglio credono. Come esempio non si può che citare l’ultima perla proveniente dal TG4 (per i più maliziosi: sì, esiste ancora!):
Il video in questione è andato in onda il 19 maggio e il TG4 si occupa di un servizio sui jihadisti in Puglia condendolo con una serie di informazioni quanto mai fantasiose. “Nel suo computer c’era di tutto” afferma la giornalista, che prosegue: “Questo è il suo videogame preferito, che simula l’attacco dell’ISIS al Louvre di Parigi“, e le immagini che scorrono sullo schermo mostrano una scena tratta proprio dal videogioco Assassin’s Creed Unity. Ricordate l’articolo di legge mostratovi poco sopra?
Non si tratta del primo caso, tanti sono stati i servizi contro i videogame mandati in onda da diversi telegiornali (o pseudo tali) e giornali. Tra questi impossibile non citare Striscia la Notizia (il video lo trovate qui), TG1, TG2, Studio Aperto (2 febbraio 2017), Le Iene e tanti altri.
Alcuni video sono stati prontamente rimossi dal web, ma comunque il danno è stato fatto a livello nazionale e a questo punto viene da chiedersi semplicemente: perché?
Perché tutto questo odio e questa mancanza di professionalità nei confronti di un tema tanto caro soprattutto ai giovani? Non si sa e non si capisce. Soprattutto perché sono stati svolti tanti studi riguardo alla correlazione tra videogiochi e violenza e tutti hanno dato esito negativo affermando che in alcuni casi addirittura la criminalità è calata con la diffusione di massa dei videogiochi:
Uno studio condotto nel 2013 da Christopher J. Ferguson (tutte le sue ricerche) ha dimostrato che nella maggior parte di casi di aggressività incontrollata e culminata con atti violenti, dove è stato confermato e dimostrato l’utilizzo di videogiochi da parte dell’aggressore, si riscontrano anche diversi disturbi psicopatologici e situazioni famigliari problematiche a priori dell’utilizzo degli stessi. A questo punto si dichiara che l’utilizzo di videogame potrebbe incentivare, e quindi non determinare, comportamenti violenti, ma devono anche seguire altre caratteristiche:
- Un individuo di sesso maschile;
- Una forma psicopatologica conclamata, tra cui disturbi della condotta e disturbi da deficit d’attenzione;
- Aver assistito o subito esperienze traumatiche, tra cui abusi fisici e sessuali;
- Basso livello di autostima;
- Casi di depressione;
- Influenza negativa dei coetanei;
- Situazioni famigliari a rischio, come casi di separazione, divorzio ma anche violenza domestica;
Vi sono anche studi più recenti che confermano esattamente le stesse cose e anzi affermano che i videogiochi in molti casi sono più utili di quanto si possa immaginare poiché aiutano a combattere la depressione (studio condotto da Brian Sutton-Smith), la dislessia e la memoria (Simone Kühn, scienziato superiore del Center for Lifespan Psychology del Max Planck Institute for Human Development) e come questi esempi potrei portarvene a decine.
I videogiochi, però, non sono totalmente innocui poiché in alcuni soggetti possono provocare dipendenza la quale può diventare una vera e propria malattia certificata. Inutile nasconderci dietro un dito, alcuni studi affermano che una minima correlazione tra violenza e videogame esiste. Il più importante è di Craig Anderson, del Centro per lo studio della violenza alla Iowa State University di Ames (ricerca visualizzabile qui) la quale afferma che i videogiochi riducono l’empatia e aumentano il rischio di atti violenti anche in soggetti mentalmente stabili. Ovviamente ciò avviene quando si fa un uso prolungato di videogiochi i quali portano oggettivamente ad una estraneazione dalla realtà e dal mondo esterno che, se interrotta, potrebbe incidere nella psicologia dell’individuo anche in modo negativo. Facciamoci caso con un esempio molto semplice: proviamo a giocare per più di due ore ad un videogame e attendete l’amico di turno o il genitore che vi disturba, la reazione nostra quale sarà? Come minimo ci arrabbiamo e ci innervosiamo. Trasponetelo in casi più estremi e in soggetti particolari ed ecco come potrebbero reagire violentemente.
Questa non deve essere una giustificazione per demonizzare i videogame, ma un modo per sensibilizzare. Lo si deve fare, però, con cognizione di causa e dati alla mano, altrimenti si rischia di fare figure barbine da incompetenti che potrebbero avere ripercussioni legali di una certa rilevanza. Mettere a paragone un attentato terroristico con l’uso dei videogiochi è oltremodo da incoscienti.