The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia arriva in un momento in cui il genere dei brawler game ha il suo re indiscusso, ovvero Dragon Ball FighterZ. Peccato che non si avvicina a quest’ultimo nemmeno lontanamente.
The Seven Deadly Sins, dopo aver sbancato il mondo dei manga nel 2012 grazie a Nakaba Suzuki e quello degli anime con Netflix, è da poco giunto nel panorama videoludico grazie a Sony. In questo modo è possibile raccontare al grande pubblico occidentale e orientale le avventure dei Sette Peccati Capitali, un gruppo di invincibili eroi il cui compito è quello della salvaguardia del reame di Liones e della Britannia. In realtà un piccolo accenno di narrazione videoludica si ebbe nel 2015 su 3DS con Unjust Sin, ma questa volta Bandai-Namco ha deciso di ampliare le proprie ambizioni sbarcando su PlayStation 4. Solo che le ambizioni sono rimaste solo sulla carta, perché di fatto il gioco è altamente deludente e il fatto che sia uscito dopo Dragon Ball FighterZ non aiuta di certo.
The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia si presenta come un classico brawler game (per chi non sapesse cosa significhi, sono tutti quei giochi dove vi è un combattimento testa a testa tra un protagonista e una serie di nemici di quantità variabile), ma il punto di forza è la modalità Avventura. Infatti al primo avvio del gioco avremo solo la possibilità di selezionare la voce “Avventura” o “Duello” con quest’ultimo pieno di tasselli da sbloccare proprio nella prima modalità. Per certi versi questo è un punto a favore del titolo perché ci dà quella brezza di soddisfazione nel giocare non solo per il gusto di scoprire la storia, ma anche di sbloccare a poco a poco tutti i vari personaggi che non sono pochi. L’avventura, inoltre, ripercorre tutti gli eventi del regno di Liones, suddivisa in varie regioni, solo che non lo fa in maniera molto completa anzi a tratti risulta acerba e priva di mordente. Tutto si basa su schermate statiche e dialoghi estremamente riassuntivi i quali impediscono a chiunque non ricordi a menadito la trama dell’anime di comprendere del tutto lo svolgimento delle vicende e ancora meno a chi non ha mai letto un manga o visto un anime, ma vorrebbe tuffarsi in questo nuovo fantastico mondo. Lo Story Mode di Knights of Britannia segue sì con buona fedeltà il canovaccio originale, ma lo infanga pesantemente con cortissimi quanto inutili dialoghi e zero video che possano in qualche modo raccontare meglio la vicenda.
A questo punto, da lettore del manga, cerco di aiutarvi a comprendere meglio la storia: dopo un colpo di stato ad opera dei Cavalieri Sacri, la figlia del re, Elizabeth, parte alla ricerca dei leggendari Sette Cavalieri dei Peccati Capitali, gli unici in grado di rimettere a posto le cose, ma anche coloro che sono stati accusati di aver tramato contro il regno e per questo sono ricercati. Proprio per questo motivo sono dispersi in giro per la Britannia e c’è addirittura chi dice che siano morti di stenti nei quattro angoli del regno. Elizabeth non crede a queste voci, non demorde e infatti all’inizio del gioco si imbatte proprio nel primo cavaliere, Meliodas. Il suo aspetto è quello di un ragazzino dai capelli biondi e dalla lingua lunga, che cerca di vivere conducendo una sorta di balera insieme al suo amico Hawk… un maiale rosa dall’appetito inesauribile e noto Cavaliere degli Avanzi. Fingendosi una ragazza qualunque, Elizabeth inizia a lavorare per Meliodas e s’imbarca con lui in un’avventura che porterà i due a cercare i rimanenti componenti del gruppo tra mille combattimenti e avventure.
Detto questo, passiamo al gameplay. Quest’ultimo è molto semplice, troppo per l’esattezza. Fin da subito veniamo catapultati nei primi basilari combattimenti di tutorial in cui impareremo l’uso di ben sette mosse offensive e una difensiva. Con la speranza che possano poi essere incluse combo particolari o la difficoltà possa aumentare, in realtà rimaniamo fortemente delusi perché tutto il gioco scorre sugli stessi binari mostrati con il tutorial. Dopo poche missioni, veniamo introdotti nel sistema di spostamento che avviene in visuale isometrica dall’alto come nei vecchi GDR e ci fornisce una visione abbastanza ampia di tutte le aree navigabili che si rifanno, ovviamente, a tutte le principali zone del manga. Peccato che ognuna di queste non possono essere in alcun modo esplorate, ma potremo solo muoverci a cavallo di Mamma Hawk, il grande maiale con la taverna Boar Hat in groppa, che ci porterà in giro alla ricerca di numerose missioni principali, battaglie, prove e commissioni.
Ogni missione ci garantisce ricompense diverse con cui potremo accumulare materiali sufficienti per ottenere diversi potenziamenti dell’ampio albero delle abilità. Queste abilità potranno, poi, essere equipaggiate nei tre slot liberi dei personaggi prima di ogni battaglia in modo tale da aumentare alcune statistiche quali magia, forza o difesa. Sempre sulla carta tutto ciò sarebbe anche interessante, peccato che la ripetitività è alle stelle. Tutto si concentra sugli stessi concetti: sconfiggere gli avversari entro un tempo limite, duelli 1vs1 (o 2vs2) e sequenze che si avvicinano alle logiche dei musou, nelle quali saremo obbligati a far piazza pulita di nemici a schermo prima che il contatore dei secondi si esaurisca. Al massimo avremo le tanto noiose quanto comunque utili commissioni in cui dovremo usare Elizabeth per raccogliere vari ingredienti in un’area ben delimitata e dovremo stare attenti a non farci colpire dai nemici chiedendo aiuto, in caso, al fidato Hawk che ci seguirà. A questo punto l’unico motivo per cui continueremo a giocare sarà di sbloccare i personaggi del roadster da usare per giocare con gli amici, ricevendo anche a questo punto una brutta delusione, ma ci arriveremo con calma. In ogni caso alcuni personaggi non sono semplici da sbloccare e addirittura verranno sbloccati solo al termine dell’avventura attraverso missioni bonus. Per quanto concerne gli incarichi opzionali, d’altronde, l’avanzamento è regolato dalle “dicerie”: in pratica, alla fine di ciascuna battaglia, verremo valutati con un punteggio che influenza l’opinione del popolo nei confronti dei Sette Peccati Capitali. Maggiore sarà la percentuale delle “dicerie” e più attività compariranno magicamente sulla mappa, dandoci l’opportunità di proseguire nel nostro viaggio. Sarebbe una soluzione certamente originale, se non fosse che la già citata ridondanza ludica non finisca per ridurre drasticamente qualsiasi coinvolgimento.
Una volta conclusa la modalità avventura e sbloccati tutti i personaggi, potremo finalmente giocare o con gli amici o fare duelli online. Ed ecco che a questo punto riceveremo un’altra bella mazzata. Nonostante il numero alto di personaggi, ben 25, essi saranno divisi in tre classi specifiche: velocità, magia e potenza. A seconda della tipologia avranno delle caratteristiche diverse quali assalti fulminei, attacchi dalla distanza o forza bruta. A questo punto ci renderemo conto del loro enorme sbilanciamento che ci porterà a prediligere immediatamente i personaggi veloci piuttosto che un personaggio potente e lento. I comandi, dopotutto, sono gli stessi per ogni personaggio, cambia solo il moveset. Facile comprendere la frustrazione nelle battaglie online. Sarebeb anche possibile l’uso di trappole magiche durante i combattimenti, ma oltre ad essere altamente inutili, non fanno che confondere ulteriormente la battagli e affaticare il motore grafico.
Ebbene sì, nonostante il motore grafico non sia di altissimo livello e per certi versi anche al di sotto del potenziale di una PlayStation 4 o addirittura 4 Pro, The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia ha serie difficoltà nei momenti con più elementi su schermo quali personaggi o elementi di distruzione. Graficamente non è male, non è assolutamente all’altezza di Naruto o Dragon Ball, ma è comunque godibile. Non si capisce il perché di questa realizzazione tecnica approssimativa. Approssimazione che si nota anche nei dettagli visivi e nelle mappe di gioco, delle vere e proprie arene alcune delle quali a dir poco dimenticabili. Se poi aggiungiamo una telecamera ballerina e un sistema di aggancio dell’avversario a dir poco farfallino, ecco che il peccato di ira si accende fortemente in noi.
Pur non avvicinandosi neanche per un attimo ai livelli dei giochi sopracitati, gli sviluppatori di The Seven Deadly Sins sono comunque riusciti a ricreare in maniera convincente la caratterizzazione dei personaggi originali. Lo stesso purtroppo non si può dire degli scenari e della mappa, che risultano a dir poco scarni e dimenticabili. Un motore grafico da rivedere e un gameplay troppo semplice e ripetitivo, rendono questo The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia un’occasione decisamente persa e una cocente delusione per gli amanti del manga e/o dell’anime.