In fin dei conti siamo persone semplici: esce un nuovo titolo ispirato alle opere di Lovecraft?! Noi lo giochiamo e lo spolpiamo fino alla fine!
Questo breve antefatto non è solamente per motivare il leggero ritardo dell’uscita della recensione di The Sinking City, ma per evidenziare come l’ultima fatica di Frogwares sia stata molto complessa da analizzare, soprattutto dal punto di vista narrativo e delle atmosfere. Ormai non è più un segreto per nessuno: The Sinking City non raggiunge la qualità del trailer che tanto è rimbalzato sul web, ma proprio da quel video prende alcuni elementi che lo rendono potenzialmente interessante.
Ma andiamo per ordine.
Versione testata: PlayStation 4
La città che affonda
Una volta preso in mano il controller, vestiremo i panni di Charles Winfield Reed, veterano della Prima Guerra Mondiale che, una volta tornato in patria, ha deciso di utilizzare le proprie abilità per diventare un detective privato. Dopo essere stato invitato nella cittadina di Oakmont (Massachussets) dall’intellettuale Johannes Van Der Berg, Charles dovrà scoprire cosa si nasconde dietro la misteriosa alluvione che ha colpito il paese e, soprattutto, indagare sulle terribili visioni che negli ultimi tempi lo stanno facendo letteralmente impazzire.
Insomma: The Sinking City ha tutte le carte in regola per riuscire a soddisfare sia gli amanti degli scritti di H.P. Lovecraft, che tutti coloro che apprezzano “semplicemente” gli horror dall’atmosfera disturbante e completamente folle.
I problemi, però, non tardano ad arrivare.
Salvo qualche raro caso, nessun personaggio residente a Oakmont saprà minimamente coinvolgervi e rimanervi impresso una volta spenta la vostra console, protagonista compreso. La scrittura dei dialoghi, infatti, appare sempre piatta, ridondante e incapace di caratterizzare diversamente i vari comprimari, che parlano tutti nello stesso modo e che peccano proprio di quella personalità che dovrebbe permettere loro di trasmettere la follia insita nei loro animi. La recitazione vuota e poco espressiva, ovviamente, non aiuta in nessun modo, ma fidatevi quando vi diciamo che vi troverete spesso a voler saltare i dialoghi, in modo da annoiarvi il meno possibile.
Discorso leggermente diverso per quanto riguarda la trama vera e propria, che presenta più di qualche momento interessante. Per prima cosa permetteteci di elogiare Frogwares per la conoscenza delle opere di Lovecraft, che non solo vengono spesso citate nell’avventura, ma che hanno subito un rimaneggiamento tale per cui alcuni racconti sono stati presi e adattati all’universo narrativo messo in piedi dalla software house ucraina. Detto questo, la trama principale vanta alcuni spunti e alcune tematiche davvero riuscite, in primis dovute all’odio razziale che serpeggia tra i vicoli di Oakmont e che ricorda alcune situazioni attuali un po’ troppo da vicino.
A causa di un ritmo altalenante e di uno sviluppo narrativo un po’ troppo frettoloso, The Sinking City non è riuscito però a convincerci fino in fondo, soprattutto nelle ultime ore di gioco, davvero confuse e mal raccontate. Nonostante la sequenza migliore di tutta la produzione si trovi a circa dieci minuti dalla fine, i tre possibili finali non sono riusciti minimamente a soddisfarci, presentando tre differenti cut-scene dirette in modo approssimativo, confuse dal punto di vista narrativo e dall’impatto emotivo quasi inesistente. Nella media anche le missioni secondarie, che presentano buone idee, ma che non riescono mai a stupire a causa di un cast di personaggi davvero scialbo e privo del benché minimo carisma.
Un grandissimo spreco, purtroppo, che dura una decina di ore se si dovesse decidere di completare solamente la quest principale, ma che possono tranquillamente raddoppiare nel caso si preferisse perdersi tra le vie di Oakmont.
Un mondo vuoto
Nonostante la qualità altalenante del comparto narrativo, abbiamo appena cominciato la nostra discesa nell’abisso. Dal punto di vista prettamente ludico, The Sinking City risulta essere un pastiche di belle idee, gestite dannatamente male. Se i ragazzi di Frogwares hanno deciso di mantenere il sistema d’indagine usato nei loro titoli dedicati a Sherlock Holmes (cosa buona e giusta), sono purtroppo le aggiunte a quel gameplay a danneggiare del tutto la produzione.
Il gunplay è, semplicemente, imbarazzante. La telecamera alla spalla, tipica dei TPS post Resident Evil 4, dovrebbe poter garantire un minimo di dinamicità ai combattimenti, ma nulla di quanto visto nell’ormai datato titolo Capcom funziona come dovrebbe. Le hit box appaiono spesso sbagliate, i nemici non sembrano percepire minimamente i proiettili che gli scaglierete contro (vi accorgerete del danno inferto solamente quando cadranno a terra) e i combattimenti corpo a corpo sembrano provenire da un (pessimo) titolo dell’era PlayStation 2. A questo va aggiunto un open world vuoto, noioso e pensato solo per farvi “perdere tempo” negli spostamenti tra una zona di missione e l’altra. Spostamenti che, una volta attivati i vari punti per il viaggio rapido, smetterete di fare a piedi, preferendo di gran lunga i (non brevi) caricamenti.
Come dicevamo prima, però, non possiamo non elogiare il sistema d’indagine proveniente dai titoli del passato di Frogwares. Mettere in ordine i vari indizi per trarre così delle conclusioni è spesso appagante e divertente, per quanto sembra che gli sviluppatori abbiano deciso di lavorare con il freno a mano tirato, senza mai dare il giusto merito a un gameplay che avrebbe potuto dare molto di più. Tutto, in The Sinking City, da l’idea di essere potenzialmente valido, ma gestito nel peggiore dei modi. Peccato.
L’abisso che non ti aspetti
Lo diciamo apertamente: fino all’arrivo delle prime patch, The Sinking City era quasi ingiocabile a causa di rallentamenti, pop up, caricamenti eccessivamente lunghi e feedback delle armi da fuoco ancora peggiore rispetto alla situazione attuale. Di aggiornamento in aggiornamento, però, il team ucraino è riuscito a salvare il salvabile, presentando un titolo, quantomeno, funzionante.
I modelli poligonali dei personaggi, però, rimangono tragicamente scadenti e vi capiterà spesso d’incontrare lo stesso personaggio visto pochi istanti prima nell’area precedente. Le texture risultano essere spesso piatte, gli interni delle location sono tanto vuoti quanto ripetuti, il design dei nemici privo di fascino e le loro animazioni rigide in ogni aspetto, trasmettendo un feeling molto vicino ai titoli d’inizio scorsa generazione.
Nemmeno il comparto sonoro riesce a spiccare in qualche modo, con una colonna sonora solamente mediocre e un doppiaggio di basso livello, incapace di valorizzare momenti chiave e/o di caratterizzare i vari personaggi che incontreremo nel corso dell’avventura.
Ultimo, ma non ultimo, evidenziamo come siano tutt’ora presenti dei cali di frame, un tearing pressoché costante e continui pop up che faranno comparire cose e persone a distanza di pochi metri da voi.