Ormai i Marvel Studios sono sinonimo di garanzia di ottimo intrattenimento, inutile dirlo. Nell’ultimo anno il Marvel Cinematic Universe ci ha regalato pellicole del calibro di Guardiani della Galassia Vol.2, che ha riconfermato il genio di James Gunn, e Spider-Man: Homecoming, che finora è stato il cinecomic che ha incassato di più nel 2017 e ha rilanciato al cinema la figura di Spidey nella nuova incarnazione più adolescente di Tom Holland. All’appello, per concludere la stagione cinematografica di casa Marvel, mancava solo l’ultimo fil della trilogia dedicata al personaggio di Thor, il tanto acclamato da pubblico e critica, oltreoceano, Thor: Ragnarok. Diretto dal regista, attore e sceneggiatore Taika Waititi, questp nuovo film dedicato al Dio del Tuono è stato enormemente apprezzato negli U.S.A., da cui arrivavano recensioni entusiastiche e si parlava già di capolavoro visivo, del film più divertente del Marvel Cinematic Universe e del film migliore tra quelli finora realizzati sul personaggio. Ora che ho visto il film posso dire di trovarmi d’accordo solo sulla terza affermazione: Thor: Ragnarok è indubbiamente superiore rispetto al primo film diretto da Kenneth Branagh e a Thor: The Dark World, che di recente ho rivalutato ancora più in negativo, dopo averlo riguardato. Ma il fatto che sia migliore non lo rende un capolavoro visivo, per quanto esteticamente sia notevole e i riferimenti allo stile visivamente splendido dell’immenso e mai dimenticato Jack Kirby risultino più che graditi. Il film offre senza ombra di dubbio un intrattenimento di alto livello, fa ridere e nel complesso la maggior parte del pubblico penso che uscirà soddisfatta dalla visione, ma per quanto mi rguarda ha due problemi non indifferenti.
innanzitutto la pellicola dura due ore e dieci minuti, ma la trama principale subisce uno stop violentissimo nella prima mezz’ora, per presentare una situazione estemporanea sicuramente divertente e ricca di momenti action sapientemente diretti dal regista, che si è anche riservato di interpretare il ruolo del buffo gladiatore di pietra Korg, comic relief parecchio divertente in effetti. Questo fa sembrare tutta la parte sul pianeta del Gran Maestro, personaggio relativamente utile ma bizzarro e deliziosamente ben interpretato da Jeff Goldblum, di dubbia utilità, come se togliesse tempo prezioso allo sviluppo della storia più importante. In sostanza, in Thor: Ragnarok la spettacolarità e il divertimento sono inseriti a discapito della narrazione. Il secondo problema parecchio ingombrante è il fatto che non solo il tono del film cozzi completamente con la solita atmosfera relativa al personaggio di Thor, ma addirittura hanno cercato di rendere il tutto molto – anzi, troppo – simile a Guardiani della Galassia. Che piacciano o meno, i film del Marvel Cinematic Universe si sono sempre contraddistinti per avere personaggi molto variegati tra loro, ciascuno con un suo specifico stile. Il fatto che qui abbiano completamente eradicato Thor dal suo ambiente per metterlo in un ambito che non gli è esattamente familiare è stata una mossa azzardata, che ha sicuramente pagato per quanto riguarda il puro intrattenimento, ma ha depauperato il personaggio della sua identità, che riacquista solo nel finale, quando infatti si torna alle atmosfere che gli sono proprie. Intendiamoci, Thor fa parte della linea cosmica del Marvel Cinematic Universe, ma il suo mondo segue un’estetica più vicina all’epica, mentre qui ci troviamo nel contesto delle ambientazioni coloratissime figlie degli anni ’80. Il punto è che nei film sui Guardiani l’atmosfera anni ’80 era contestualizzata in maniera precisa, soprattutto anche per via della colonna sonora giustificata dalla passione di Star Lord per la musica dell’epoca. Inserire Thor e i suoi comprimari in tale contesto, con tanto di Led Zeppelin in sottofondo, non ha poi così senso, anzi. Il tutto risulta sì tamarro, sì divertrnte, ma non molto sensato.
In sostanza, in Thor: Ragnarok la spettacolarità e il divertimento sono inseriti a discapito della narrazione.
Anche i personaggi soffrono di una caratterizzazione spesso superficiale, eccezion fatta per lo stesso Thor, che qui subisce una notevole e inaspettata evoluzione. Loki, interpretato dal solito Tom Hiddleston ormai è diventato una macchietta intrappolata nel solito schema “tradisco-faccio il buono-tradisco ancora-ma forse sono comunque un po’ buono sotto sotto”, già visto fin troppe volte sullo schermo e ormai non più così efficace. Salvo qualche momento interessante, la sua presenza si riduce ad una serie di siparietti ormai obbligati, in virtù dell’affetto che il pubblico nutre verso di lui. Hulk invece ha saputo stupirmi, perchè nel film è estremamente presente proprio come creatura: Mark Ruffalo, nei panni di Bruce Banner, compare ma nemmeno tanto come avrei pensato. Si cerca invece di esplorare Hulk come personaggio, mettendo a nudo il suo desiderio di apprezzamento e la difficoltà nel gestire una rabbia tanto incontrollabile.
Mi duole constatare, purtroppo, che sul fronte villain, dopo l’iteressante Ego interpretato da Kurt Russell in Guardiani della Galassia Vol. 2 e l’inquietante Avvoltoio di Michael Keaton in Spider-Man: Homecoming, abbiano fatto un passo indietro. Hela, la Dea della Morte che ha il volto di Cate Blanchett, è una cattiva insipida, tanto carismatica a livello di presenza scenica quanto povera di approfondimento psicologico. La storia che la riguarda è raffazzonata, spiegata in modo approssimativo e anche poco credibile. senza contare che ciò che lei fa avviene mentre Thor è altrove e il film ci mostra ciò che lo riguarda, lasciandoci intendere ciò che accade ad Asgaard nel frattempo off screen. Questo porta ad un’apparizione non poi così ben distribuita di Hela, che fondamentalmente compare in tre o quattro scene più il finale.
Non mancano certamente le sorprese, questo bisogna ammetterlo, e nel complesso Thor: Ragnarok non è un brutto film, ma per quanto mi riguarda non è nè uno dei migliori cinecomic dell’anno, nè tantomeno uno dei migliori tra quelli del Marvel Cinematic Universe, perchè si basa anche più del solito sulla forma, accantonando la sostanza. Ciò darebbe meno fastidio se non fosse che gli spunti per creare una storia d’impatto effettivamente c’erano e questo viene dimostrato negli ultimi venti minuti, pregni di un’atmosfera che mi sarebbe piaciuto vedere per l’intero film: se avessero sfruttato l’aura epica propria del personaggio e del mondo in cui si muove, avrebbero potuto realizzare un film con una sua fortissima e unica identità, senza bisogno di appoggiarsi ad un’estetica già vista e per giunta eccessivamente lontana da quella che lo ha sempre contraddistinto. Oltretutto dal penultimo film della serie prima di Avengers: Infinity War i riferimenti a quella tematica sono davvero troppo pochi, ancora, soprattutto se consideriamo che Black Panther difficilmente potrà introdurla come si deve, non seguendo la linea cosmica.
Infine, a rendere il tutto meno fruibile del solito, c’è la durata di circa due ore e dieci, che per gli standard di questi film non sono poi molte, ma nel contesto specifico si fanno sentire, appesantendo notevolmente il ritmo che già è rallentato di suo con il filler narrativo di cui sopra.
Insomma, Chris Hemsworth ha interpretato il suo Thor più maturo nel film su Thor meno maturo e, per questo, più divertente. Ma è il film su Thor che in molti volevano, o piuttosto un film sui Guardiani della Galassia, ma con Thro al loro posto? Scelga il pubblico, tanto risate e scene mozzafiato seppelliranno il disappunto dei pochi che si chiederanno che fine abbia fatto la coerenza di fondo.