Grand Theft Auto: The Trilogy – The Definitive Edition, la Recensione
Circa una ventina di giorni fa, Rockstar Games con un trailer da oltre 11 milioni di visualizzazioni e quasi 600.000 like aveva sorpreso un po’ tutti presentando al pubblico la remaster di tre capolavori tanto attesi nella loro Grand Theft Auto: The Trilogy – The Definitive Edition. E tra l’entusiasmo di poter finalmente rigiocare a delle versioni aggiornate e migliorate di questi grandi classici, tornando a Groove Street, al Sex Club 7 di Luigi o nell’esotica Vice City, l’onda dell’entusiasmo era molto alta.
Da fan dei titoli della software house americana e soprattutto avendo giocato ad ogni GTA uscito fino ad oggi, il mio entusiasmo per questa edizione era particolarmente alto. Grazie a Rockstar Games, ho avuto modo di provare la loro remaster su PlayStation 4 Pro, ma sarà riuscita la software house di New York a confezionare un titolo degno di tre capolavori mastodontici usciti in un’epoca d’oro? Mettetevi comodi e andiamo a scoprirlo in questa recensione di Grand Theft Auto: The Trilogy – The Definitive Edition.
Il titolo affidato alle mani della software house Groove Street Games (Bully: Anniversary Edition, Ark: Survival Evolved), non si tratta di una semplice remaster di GTA III, Vice City e San Andreas, ma anzi, bisogna precisare che quello che ci troviamo davanti è quasi un totale remake delle versioni originali. Con un motore grafico completamente nuovo in Unreal Engine 4 che va a sostituire il precedente RederWare di Criterion, troviamo un gioco rimodernizzato nei controlli e con diversi cambiamenti anche nell’aspetto grafico con texture completamente nuove.
Tra le novità di questa edizione, troviamo sicuramente il sistema di illuminazione del gioco, dove a primo impatto potremo notare una qualità nettamente migliore e gradevole, soprattutto quando i colori saranno più accesi e vivi come nei tramonti in Vice City o nella soleggiata Los Santos riportandoci ai ricordi nostalgici mentre guidavamo ore ed ore con la musica a palla. Ma se l’illuminazione fa tanto bene in quei contesti, in altri invece noteremo notevoli disquilibri quando entreremo in zone eccessivamente più scure, oscurando troppo la visuale di gioco e risultando abbastanza sgradevole da vedere.
Inoltre tra le novità sono state anche introdotte parecchie migliorie interessanti prendendo spunto da GTA V, come la ruota della selezione delle armi e delle stazioni radio, una navigazione più leggibile e semplice attraverso la minimappa di gioco e la possibilità di riprovare una missione in caso di fallimento. Infine troviamo anche diversi accorgimenti sul sistema di shooting grazie all’aggiunta della mira assistita che ho trovato davvero notevole e con un ottimo sistema di lock-on del bersaglio. Detto ciò, andiamo a scoprire meglio i tre titoli che ci aspetteranno in questa trilogia rimasterizzata:
GTA III
Ambientato a Liberty City nei primi anni 2000, Claude è un fuorilegge muto (si perché non dice una parola dall’inizio alla fine) che durante una rapina in banca con la sua ragazza Catalina, viene tradito dalla sua partner e crivellato dai colpi prima che la donna fugga con un boss del Cartello Colombiano in cerca di ambizione che il nostro povero protagonista non potrebbe darle. Claude, rimasto in seguito ferito gravemente e senza soldi, sopravvive miracolosamente e viene arrestato. Successivamente mentre viene trasportato verso il penitenziario di Liberty City, durante il trasporto, il convoglio su cui sta viaggiando viene attaccato dal Cartello Colombiano intento a fare evadere un altro detenuto, con Claude insieme ad 8-Ball (altro carcerato a bordo del furgone blindato) ad approfittare del momento e fuggire a bordo di un auto.
Ha così inizio la rivincita del nostro protagonista che dovrà iniziare a farsi un nome svolgendo inizialmente missioni per criminali minori, fino ad arrivare alla mafia più importante di Liberty City per riuscire a vendicarsi di Catalina e riprendersi il suo denaro. Tra i tre titoli, GTA III è sicuramente il capitolo della Definitive Edition a cui è andata sicuramente meglio se si può dire. Nonostante sia uscito 20 anni fa, il fascino del titolo rimane lo stesso, perlomeno all’inizio, ma sfortunatamente non ci si può basare solo sulla nostalgia dei ricordi passati con ore e ore spese su PC.
Spesso l’illuminazione gioca brutti scherzi nelle parti più buie della città e con una pioggia letteralmente imbarazzante per una remaster di questo calibro. Anche i bug e glitch sono veramente troppi, con gli NPC che spesso e volentieri incappano in situazioni assurde. Il modello grafico di Claude è notevolmente migliorato e a primo impatto mi era anche piaciuto, ma ritornando a giocare e riscoprendo il personaggio, il viso risulta un po’ troppo cartoon andando a stonare con l’ambientazione del titolo e dalla caratterizzazione del personaggio schivo e serioso.
Infatti durante la prima produzione del titolo, gli sviluppatori avevano già in mente una grafica cartoon che poi sostituirono con una più realistica che difatti si amalgama molto meglio con la storia e il nostro protagonista. A livello di gameplay troveremo come al solito tantissime armi, il nostro rifugio, parecchie auto e missioni abbastanza basilari e lineari. Sinceramente era il titolo da cui mi aspettavo di più vista l’età del gioco originale, ma sfortunatamente ne sono rimasto assai deluso trovando un titolo stilisticamente demolito nella sua vera essenza e tecnicamente veramente poco curato.
GTA: Vice City
In Vice City è il 1986 e il protagonista del gioco è Tommy Vercetti, un criminale italoamericano che dopo 15 anni di galera per l’omicidio di sette persone a Hardwood, decide di ritornare alla ribalta nel mondo della malavita. Tommy che viene richiamato da Sonny Forelli, potente boss della mafia di Vice City, viene ingannato nuovamente cadendo in un’imboscata della stessa famiglia Forelli durante uno scambio di droga, ma riuscendo a sopravvivere, si unirà a Lance Vance iniziando la sua scalata al potere e a vendicarsi del torto subito dai Forelli. A differenza del titolo uscito nel 2002, le colorazioni accese e ancor più sgargianti sono la parte migliore del gioco, con tramonti mozzafiato e colori al neon che ricordano la vera città di Miami nelle sue giornate assolate e notturne degli anni 80′ stile Miami Vice.
Il restyle di Tommy invece l’ho trovato anche qui poco bello e con i movimenti che risultano più goffi e meno eleganti al personaggio che strizzava l’occhio al Tony Montana di Al Pacino. Nonostante questo e un gameplay sempre basilare e lineare come il precedente ed i soliti cali di frame e bug, questo è sicuramente stato il titolo a cui ho rigiocato più piacevolmente, anche se diversi crash in cui mi sono imbattutto mi hanno portato spesso e volentieri a spazientirmi. Una delle note più dolenti però va al comparto sonoro che per via dei diritti d’autore, molte fantastiche canzoni presenti nel titolo originale sono state di conseguenza rimosse da questa remaster. Ed ahimè, non posso che esprimere enorme rammarico, visto che la colonna sonora di questo gioco era uno dei punti più forti del titolo.
GTA: San Andreas
Ci troviamo nel 1992 e Carl Johnson, detto CJ per gli amici è un ragazzo afroamericano nato e cresciuto nel ghetto di Ganton a Los Santos assieme al fratello Sweet, capo della gang di Grove Street e con gli amici Big Smoke e Lance Wilson. CJ trasferitosi a Liberty City, dovrà ritornare a Los Santos in seguito alla morte della madre Beverly uccisa dalla gang rivale dei Ballas. Ma al suo ritorno, si ritroverà subito braccato da una volante di polizia e da Frank Tenpenny, uno sbirro corrotto che decide di accusare CJ per omicidio di un agente e costringendolo a lavorare per lui sotto ricatto. Ha così inizio GTA: San Andreas.
Parlare di San Andreas, vuol dire di parlare di uno dei titoli più belli e amati della saga di Rockstar Games, nonché anche il mio titolo preferito in assoluto della saga. Il gioco uscito originariamente nel 2004 è quello che tra i tre, sorprendentemente soffre maggiormente il lavoro di restyle di questa Definitive Edition, con i modelli dei personaggi sfasati e che spesso e volentieri risultano veramente brutti da vedere. Il look del protagonista poi a tratti è veramente irriconoscibile anche durante le cutscene dove CJ a volte sembra più un alieno senz’anima che un essere umano.
Nonostante il gioco abbia comunque tantissime missioni principali con una trama avvincente e ricca di colpi di scena, molte missioni secondarie e tantissime cose da fare che non ha nulla da invidiare ai giochi usciti precedentemente, le sbavature tecniche, i bug e i crash del gioco sono veramente troppi da poter ritenere godibile l’esperienza di un ritorno a Los Santos. Andare a cazzeggio qua e là per Los Santos e San Fierro alla ricerca del Big Foot, rubare il Jet Pack dentro l’Area 51 e combinarne di ogni era uno dei miei obiettivi primari in questa remaster, che sfortunatamente non mi ha trasmesso lo stesso effetto della versione originale rigiocata qualche mese fa a distanza di 17 anni.
Anche l’assenza del fantastico multiplayer locale, l’ho trovata una scelta a dir poco folle, visto che era divertentissimo da giocare con gli amici proprio per fare le cose più pazze insieme e ridere di gusto lanciandosi da aeroplani, facendo esplodere ogni cosa o fare voli assurdi con veicoli di ogni tipo. E questo a dirla tutta è un vero peccato, perché sono sicuro che una remaster di San Andreas gestita in maniera diversa non solo a avrebbe fatto rivivere momenti unici ai fan di vecchia data, ma avrebbe fatto scoprire un titolo mastodontico alle nuove generazioni che hanno perso questo capolavoro uscito nel 2004 e che è di fatto il titolo più venduto di tutti i tempi per PlayStation 2.
Verdetto Finale: The Disaster Edition
Per quanto riguarda il comparto tecnico il lavoro svolto è veramente troppo svogliato sia graficamente che a livello sonoro, dove gli errori sono veramente troppi. Su PlayStation 4 Pro, troviamo il frame rate del gioco fissato a 1080p, con cali veramente esagerati e crash continui che mi hanno portato più volte a voler rimettere i titoli originali che avevo già nel mio catalogo su PS4 o rigiocarli direttamente su PS2. La quantità di bug e glitch è veramente troppa, anche più dei titoli originali usciti su PlayStation 2. Inoltre la scelta artistica del team di Grove Street Games troppo cartoonesca dei nuovi modelli grafici anche se pur con maggior risoluzione risultano essere meno realistici e sembrano essere realizzati con troppa pigrizia.
Non solo per i protagonisti, ma soprattutto per personaggi secondari che a volte risultano veramente brutti da vedere in game ma anche durante le cutscene dove invece dovremmo trovare dei miglioramenti. La scelta poi di non delineare la mappa di gioco con la classica nebbia l’ho trovata una scelta senza senso, se Rockstar Games aveva optato per questa scelta quasi 20 anni fa, in modo da mascherare e dare la sensazione di avere una mappa gigante al giocatore, senza di essa sembra di giocare ad un gioco con una mappa piccolissima e sempre visibile dall’inizio alla fine. In tutto questo, grazie anche a questa scelta, il caricamento degli asset e delle texture risultano fastidiosi e con tantissimi pop-up in fase di caricamento veramente fastidiosi da vedere.
Essere troppo critico con questa trilogia mi fa male al cuore, soprattutto per un nostalgico e romantico come me che non si fa problemi di grafica se un titolo risulta comunque valido. La struttura di gioco è rimasta si, quella degli originali, ma qui si parla di una remaster che oggettivamente ha avuto una gestione ed uno sviluppo non all’altezza di ciò che Rockstar Games ha sempre garantito ai suoi giocatori. Avendo giocato fin dal primo GTA uscito nel 1997 sulla prima PlayStation, sono sempre stato un fedelissimo della serie e ho amato tutti i titoli di Rockstar, compresi i suoi Red Dead Redemption, Max Payne, Canis Canem Edit, The Warriors e anche il tanto bistrattato L.A. Noir, quindi parlarne male soprattutto di questi tre titoli che mi hanno accompagnato in un periodo videoludico che mi ha formato e cresciuto, credetemi che fa male il doppio.
Nel complesso, nonostante i tantissimi difetti, Grand Theft Auto: The Trilogy – The Definitive Edition mantiene comunque l’animo dei capitoli originali anche se la classica operazione di marketing ad effetto nostalgia fatta in questo modo e soprattutto a questo prezzo, rischia di farci rovinare un ricordo che fino ad oggi era indelebile e bellissimo. Se questa operazione serviva anche ad avvicinare un nuovo target che non è assolutamente abituato a giochi così vecchi e non solo i vecchi fan, il risultato finale allora è da considerare ancora più impietoso. Nonostante abbia giocato al titolo anche dopo la prima patch, siamo ancora ben lontani dalla sufficienza e da un titolo gradevole da giocare, anche se i ragazzi di Rockstar si sono messi subito ai lavori intenti nel migliorare al più presto l’esperienza di gioco.
La mia speranza è di vedere come annunciato da Rockstar Games dopo le scuse ufficiali, delle patch che risolveranno non dico tutto, ma in parte i tanti problemi che affliggono questa nuova remaster. Conoscendo le potenzialità e la cura al dettaglio della software house newyorkese, che stavolta ha preso sottogamba un lavoro che stento a credere abbia revisionato, le possibilità di ridare il giusto lustro che meritano questi tre pilastri videoludici che nell’ultimo ventennio hanno avuto ruoli sempre da protagonisti ci sono sicuramente. Se questo succederà, sarò il primo a ricredermi volentieri e mi auguro con tutto il cuore che questo succeda pure, perché stavolta mia cara Rockstar Games mi hai tradito per la prima volta e devo dire che come tutte le prime volte, fa veramente molto male.