Riusciranno Link e Zelda a impedire che l’Era della Calamità si abbatta su Hyrule? La risposta potrebbe stupirvi.
Dal prossimo venerdì sarà disponibile nei negozi, in esclusiva per Nintendo Switch, Hyrule Warriors: L’era della Calamità, nuovo capitolo dell’omonima serie, ambientato nel mondo di The Legend of Zelda Breath of the Wild.
Dopo avervi offerto un assaggio dei contenuti con una breve anteprima e avervi invitato a provare la demo gratuita contenente il primo capitolo su Nintendo eShop, è finalmente giunto il tempo di valutare l’ultimo lavoro di Omega Force in collaborazione con Nintendo.
Ideatori della serie Warriors, Omega Force ha sviluppato negli anni decine di titoli beat-em up in tre dimensioni ad arene che il grande pubblico ha iniziato a classificare sotto l’etichetta Musou. Che sia visto in maniera dispregiativa o un successo (soprattutto tra i fan a cui ogni titolo su licenza è dedicato), fino a oggi i lavori di Omega Force puntavano solo verso una specifica cerchia di giocatori. Con L’era della Calamità, in collaborazione con la squadra guidata da Eiji Aonuma, il team al soldo di Koei Tecmo prova a fare un grande passo, cercando di parlare a un pubblico più ampio: coloro che hanno adorato il mondo di The Legend of Zelda Breath of the Wild.
Tempo di pagelle quindi, con la recensione di quello che è, salvo sorprese, l’ultimo grande titolo del 2020 per Nintendo Switch. Ho concluso il mio ritorno a Hyrule e sono pronto a raccontarvelo, senza spoiler alcuno della trama che, per la prima volta, fa da vero e proprio collante alle battaglie.
Come si evince già dalla demo, gli eventi di Hyrule Warriors: L’era della Calamità ruoteranno attorno a un piccolo guardiano che, durante la distruzione del castello di Hyrule, riesce a viaggiare nel tempo e a tornare nel passato, per avvisare Zelda e il regno dell’infausto destino.
L’arrivo del meccanico visitatore da il tempo sufficiente ai nostri eroi di organizzarsi, arruolando i migliori esponenti delle quattro grandi tribù e risvegliando gli altrettanti Colossi Sacri. Inoltre c’è ancora tempo per trovare la spada che esorcizza il male e per risvegliare il potere assopito della principessa. Al loro fianco anche una giovane versione di Impa, praticamente la star del titolo di Omega Force, consigliera di corte e abile guerriera, la cui caratterizzazione non è inferiore a quella degli altri protagonisti, colpendo subito l’appassionato del brand.
Il tutto è narrato con una cura e un attenzione particolare che trova una corerenza narrativa con quanto narrato dal team di Eiji Aonuma nei flashback di Breath of the Wild. Omega Force confeziona una trama rispettosa dell’originale ma capace anche di essere usufruita in maniera stand alone, non lasciando quasi niente al caso, e raccontando nel frattempo anche qualcosa di nuovo.
Per capire se e come riusciranno i nostri eroi a salvare Hyrule dovrete però, per forza di cose, giocare il titolo.
Tolto dalle spalle il Vah Ruta della trama (il colosso a forma di elefante), posso finalmente concentrarmi su quello che è il vero fiore all’occhiello di questo Hyrule Warriors, il gameplay. Per troppi anni la serie Warriors (per l’appunto Musou in giappone) è stata tacciata di far spegnere il cervello al giocatore e lanciarlo nella mischia contro migliaia di nemici senza cervello. Sebbene le migliaia di nemici stupidi rimangano, Omega Force è andata a migliorare ulteriormente rispetto quanto fatto nel 2014 con Hyrule Warriors (e versioni successive) e nel 2017 con Fire Emblem Warriors. Ne L’era della Calamità le battaglie contro i generali e soprattutto contro i boss degli stage sono quasi strategiche.
Certo, non ci troviamo di fronte a un trattato di fisica quantistica ma, una volta ottenuti i quattro poteri della tavoletta Sheikah, ogni nemico a capo di presidi o ondate potrà essere contrastato da un’arma specifica che ne aprirà le difese. Ecco quindi che ci troveremo a calcolare i giusti tempi coi Lynel, cercando di immobilizzarli con Stasys o congelandoli in corsa, oppure riempiremo uno Sciamanyx di bombe mettendo fine alla sua sfortunata carriera di mago.
Ci sono poi nemici elementali, che andranno contrastati con l’attributo opposto, una volta sconfitti lasceranno cadere materiali del proprio elemento, permettendoci di utilizzarlo contro altri avversari in un circolo vizioso di combattimenti.
Leggi anche l’anteprima di Hyrule Warriors: L’Era della Calamità
Nei suoi lavori con Nintendo, Omega Force ci ha abituato a un cast di personaggi più ristretto ma molto più diversificato. L’era della Calamità non fa eccezione e anzi, si dimostra il miglior lavoro di diversificazione mai fatto dal team in un musou. Ogni protagonista ha la sua mossa peculiare con il dorsale sinistro, che va a potenziarlo o a conferirgli ulteriori abilità. Nel caso di Link poi, ne avremo una per ogni tipo di arma disponibile.
Mai come in questo titolo, se guardiamo i trascorsi del team di Koei Tecmo, è stato possibile trovare un personaggio adatto ai propri gusti o modi di giocare. Impa ad esempio può creare dei cloni con cui attaccare l’avversario, Zelda non ha bisogno di utilizzare i poteri della tavoletta Sheikah, perché sono implementati nel suo gameplay, Revali può sollevarsi in cielo e Urbosa può utilizzare i fulmini. Questo lavoro certosino è stato fatto con l’intero cast di personaggi utilizzabili, tra scelte riuscite e alcune purtroppo non del tutto convincenti.
Queste piccole aggiunte, vanno ad abbattere, almeno parzialmente, una delle maggiori critiche fatta ai prodotti musou, ovvero l’eccessiva ripetitività. Tra una battaglia e l’altra inoltre, sarà possibile guidare i Colossi Sacri in vaste arene chiuse, in cui l’obiettivo principale sarà quello di eliminare il maggior numero di avversari possibile (o sporadicamente difendere delle strutture).
Purtroppo le fasi a bordo dei Colossi Sacri sono un po’ scialbe se confrontate con il resto dell’offerta: ci si trova alla guida di un enorme macchinario in grado di decimare migliaia di nemici con un colpo energetico, in una sorta di monster movie Hyruliano. Un’esperienza che all’inizio colpisce ma che, come già anticipato, mostra il fianco rispetto alle battaglie “classiche”.
Anche questo secondo Hyrule Warriors offre ovviamente missioni classiche con solamente orde di nemici oppure a tempo, da ripetere per collezionare il materiale utile a completare delle richieste testuali sulla mappa di Hyrule, la cui ricompensa offrirà bonus nelle statistiche e nuove combo ai nostri eroi. Si tratta di un aspetto gestionale del gioco, già visto in passato in altri lavori di Omega Force, come avevo evidenziato anche in fase di anteprima. Si tratta di un’extra che va ad aumentare il contatore delle ore del titolo, aggiunta che sarà richiesta solamente se vorrete completare tutte le regioni al 100%. Gli stage principali invece, quelli che seguono la storia, cercano in tutti i modi di diversificarsi tra loro, anche grazie a un sapiente utilizzo del level design.
Omega Force ha ricreato con cura gli ambienti visti in Breath of the Wild, riuscendo a renderli adatti ad affrontare di volta in volta le orde di nemici. Tra montagne, fiumi, foreste, villaggi, grotte e castelli, vi ritroverete in contesti familiari anche grazie ai Korogu nascosti in ogni stage principale. La diversificazione delle zone però non esclude la presenza dei presidi, sebbene in questo caso saranno solamente un extra da conquistare durante i livelli principali, salvo rarissimi e sporadici casi.
La pecca principale, che tutto sommato difetto non è, è la presenza di pareti invisibili che circondano la zona. Questa limitazione, confrontata con la libertà di Breath of the Wild, potrebbe darvi un lieve fastidio, qualora non consideriate che si tratta di due produzioni completamente differenti e che condividono solamente i personaggi e le location. Fortunatamente non mancano zone molto vaste, come il deserto Gerudo anche se in questo caso potreste trovare fastidioso l’effetto pop-up dei nemici, dovuto per lo più alle caratteristiche tecniche di Nintendo Switch.
Differente invece il problema della telecamera, spesso troppo vicina negli spazi stretti e contro nemici enormi. Questo porta a momenti disordinati a schermo e non garantisce una facilità di lettura delle battaglie. Se poi deciderete di utilizzare personaggi ingombranti allora il problema raddoppierà, rendendo davvero illeggibile l’azione e spingendovi a cambiare (laddove possibile) l’eroe utilizzato.
Restano invece traballanti i frame, quanto meno in modalità docked: alcuni stage riversano in una condizione non proprio ottimale (come potete vedere nella già citata demo) mentre altri, dove il numero di nemici è anche maggiore, restano fluidi senza cali. A seconda del livello quindi ci troviamo di fronte a un framerate ballerino: spero vivamente che in uno dei prossimi aggiornamenti venga introdotta la modalità performance, già presente in Hyrule Warriors Definitive Edition e in Fire Emblem Warriors.
A differenza del suo predecessore, L’era della Calamità è anche doppiato in italiano, riprendendo dove possibile le voci del mondo di Breath of the Wild, ma aggiungendo al cast anche Giulia Bersani nei panni di Impa. Per gli amanti della lingua originale, il titolo è ovviamente disponibile anche con le voci in giapponese. Ottimo lavoro infine anche per la colonna sonora, che oltre a riproporre le melodie dei campioni si prende qualche libertà con pezzi vecchi e inediti.
Omega Force ha dimostrato che raccogliendo le critiche si può davvero migliorare, confezionando quello che probabilmente è il loro titolo migliore di sempre (quantomeno tra quelli su licenza).
Se non vedete l’ora di tornare a Hyrule, non fatevi spaventare dal fattore musou, perché L’era della Calamità è un ottimo antipasto ambientato nello stesso mondo, nell’attesa della portata principale rappresentata dal sequel ufficiale.