Beowulf, solo la Gloria è Eterna – Recensione

Beowulf

Beowulf è il più antico (si pensa intorno al XVII secolo) e lungo poema epico in lingua inglese arcaica sopravvissuto fino ad oggi, un racconto di gesta, di eroi e di mostri. La storia narra di questo eroe, omonimo del poema, figlio di Edgetho che arriva in terra danese per aiutare il re Hrothgar ad eliminare una bestia demoniaca, il Grendel (e poi la madre), che per molti anni ha ucciso e divorato il suo popolo. Il poema quindi è un classico racconto di eroi, di ideali valorosi, di guerrieri e di nemici da affrontare, con le classiche morali sottopelle che infondano ogni poema epico mai scritto.

Per Santiago García, quindi, la trasposizione fumettistica che oggi prendiamo in esame, non è stato altro che un sogno nel cassetto tenuto sottochiave per troppo tempo. García infatti aveva già elaborato una sua versione tempo fa, ma per vari problemi logistici non era riuscito a pubblicarla. Dopo anni e con l’aiuto delle splendide e significative matite di David Rubín, è riuscito a portare a termine la sua impresa, ricca, matura, nuova ed al contempo che rispetta il classico, l’epico ed il poema d’origine.

La storia in sé infatti non ha nulla di nuovo: il nostro eroe Beowulf, dopo 12 anni trascorsi dal primo attacco del Grendel, giunge in terra scandinava per aiutare il re Hrothgar a sconfiggere il mostro. [Piccola parentesi: per chi si chiedesse come mai tutta questa generosità, il re Hrothgar aveva aiutato il padre dell’eroe, Edgetho, che si trovava in difficoltà, e questo spiega il ricambio di spada.] Ovviamente Beowulf riesce a sconfiggere la bestia a mani nude, dato che nessun arma costruita dall’uomo poteva ucciderlo, staccandogli un braccio e lasciandolo morente. Questa non è la fine della storia, ma proprio l’inizio, poiché la madre del mostro, per vendicarsi, ritorna alla dimora, a Heorot, del re danese, per mietere altre vittime e riprendere il braccio del figlio, ormai defunto, solo per onorarne il corpo.

Il nostro amato nipote del re dei Geati dunque, con una metafora ad indicare la discesa negli inferi, affonda nei meandri della palude, dal quale provengono i ripugnanti mostri, discendenti da Caino, per uccidere finalmente anche la madre e porre fine, dopo molti anni, al terrore danese. Con un repentino salto avanti nel tempo troviamo Beowulf che da 50 anni è re dei Geati, ma il suo tempo ormai è giunto. Dopo essersi accorto dell’assenza di una coppa d’oro dal suo tesoro, un altro mostro, un lindworm, un drago serpentiforme si risveglia e aggredisce il regno del figlio di Edgetho. Pur essendo conosciuto, non vogliamo rivelarvi e rovinarvi il finale, ma ovviamente è un finale che porta con sé una morale importante. Appunto per i più curiosi: questo drago sarà da ispirazione ad un nostro amato e conosciuto scrittore che influenzerà il suo Smaug in Lo Hobbit.

In tutto questo trambusto, García è stato prima spettatore, poi analizzatore attendo dell’opera, l’ha frammentata e ricomposta usando, in modo molto circoscritto, il termine in “chiave moderna“. Si perché di moderno in fin dei conti non ha nulla, gli ideali che tratta sono dei valori imprescindibili della società dell’uomo. La lettura in chiave moderna è principalmente da attribuire al modo in cui lo scrittore ha voluto renderci partecipi degli orrori raccontati nell’opera: con una certa semplicità di comprensione, anche i più innocui animali, in questo fumetto riescono a prendere la via dell’orrido e dell’inquietudine. Si aggiunge poi l’ottima e singolare scelta di costruzione delle pagine: con queste sorta di vignette di ingrandimento che, qua e là, in ogni panel, mettono in risalto, un rumore, un suono, una breve azione oppure le percezioni della bestia del mondo circostante. Un incasellare di immagini, suoni e sensazioni a noi sconosciute, ma che ci vengono mostrate attraverso dei disegni. Sembrerà strano ma attraverso l’opera sono riuscito a percepire, sensorialmente parlando, ciò che l’eroe faceva; tramite questo escamotage si viene catapultati all’interno di un’opera muta ed apparentemente inanimata.

A contornare la forte presenza e il forte protagonismo delle immagini, dei suoni e dei colori vi è la scarsità dei dialoghi che, quando presenti, sono incisivi, diretti e senza troppi giri di parole:

García vuole farci vivere l’opera attraverso noi stessi, lui l’ha scritta ed immaginata, ma siamo noi che dobbiamo interpretarla secondo la nostra visione personale.

Cosa dire dei disegni di David Rubín. Iniziamo subito dalle basi, dai colori: rosso in tutte le sue tonalità, fino ad imbrunirsi e diventare castano e marrone, con le sue varie sfumature. Sono questi i colori della paura, del terrore e dei massacri che il nostro caro fumettista vuole sottolineare ed imprimerci nella memoria. Da una parte uno stile quasi goffo, che può far apparire il tutto molto infantile, dall’altro lo stesso stile goffo insieme a delle linee marcate, contorte e spesso alcuni dettagli in maggior risalto rendono il macabro il protagonista di quest’opera, che trasforma questo poema largamente in una sorta di, concedetemelo, “gothic poem” alla Tim Burton, dove gli opposti si incontrano. Piccolo appunto: inizialmente ad una prima lettura, molto fluida e ben bilanciata, le immagini possono spesso sembrare contorte e senza spiegazione in alcuni casi, ma se visto sotto una diversa chiave di lettura, solo di immagini, ecco che ottengono maggior importanza, spesso catapultandoti in illustrazioni del tutto astratte, ma che riescono a turbarti o disturbarti.

CONCLUSIONE

Non è un racconto da sottovalutare, non è un racconto che un amante del fumetto in generale può farsi perdere e secondo me è un buon esperimento per un neofita che si vuole avvicinare al mondo del fumetto: la lettura è piacevole e lineare, non c’è molto da capire di primo impatto; il muro lo si ha con le immagini. Purtroppo infatti, chi non è molto abituato a saper leggere le immagini perderà una chiave di lettura molto, ma molto intesa, che avvolge completamente il lettore e lo rende un personaggio della storia, ma che guarda da una bolla di vetro l’avvenirsi dei fatti. Unica pecca è la mancanza di una vera e propria caratterizzazione dei personaggi, questo perché ci si basa pressoché sugli stereotipi, sul fatto che Beowulf è l’eroe così per come ci è stato raccontato fin dall’infanzia: coraggioso, forte, impavido, dal cuore puro e saggio; per il resto dei personaggi ognuno possiede un proprio sosia nell’epica classica. Sarebbe stato interessante magari, analizzare maggiormente la psicologia di certi personaggi, senza addentrarsi troppo ovviamente, ma senza lasciare che il lettore si sforzasse di collegare una figura ad uno stereotipo già conosciuto.

I complimenti per l’opera vanno comunque anche a Tunué che ci ha portato questo graphic novel in Italia di una fattura, come sempre, eccellente: cartonatone robusto, spesso massiccio, che ha il suo peso di nome e di fatto e con una carta di qualità che non fanno mancare ai disegni uno spessore ed un peso in più

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Beowulf
Pros
Storia classica rivisitata con una chiave di lettura moderna
Disegni ed organizzazione delle pagine singolare
Cartonato di pregio, con il suo peso di nome e di fatto
Cons
Personaggi poco caratterizzati e facilmente ricollegabili ad uno stereotipo preesistente
8.7
Voto