Cobra Kai 5: Recensione

Ecco la recensione della quinta stagione di Cobra Kai

Cobra Kai 5, ecco la recensione

Ad un anno dall’uscita della quarta stagione, è tornata su Netflix Cobra Kai, la serie spin-off della trilogia cinematografica Karate Kid. Le nuove puntate riprendono esattamente da dove l’ultimo episodio ci aveva lasciato: Miguel alla ricerca di suo padre, Johnny e LaRusso che hanno lasciato i rispettivi dojo e Terry Silver al massimo della sua popolarità e ascesa in tutta l’All Valley. Tra i nuovi arrivati troviamo il buon vecchio Chozen, un tempo rivale di Daniel LaRusso e adesso chiamato a difendere l’amico nella lotta contro l’egemonia di Silver, che intende espandere i suoi dojo addirittura oltre confine.

Come le stagioni precedenti, anche questa si fa riconoscere subito per il ritmo incalzante. Se da un lato troviamo i “maestri” alle prese con i loro problemi, dall’altro anche i ragazzi si trovano in momento molto particolare, in cui devono decidere – non solo da che parte – ma anche chi vogliono essere. Miguel, Sam, Tory e Robbie intraprenderanno un viaggio alla ricerca di se stessi, affrontando faccia a faccia le proprie paure, facendo un passo indietro quando necessario e cambiando le regole del gioco.

Personaggi in crescita

In generale, l’intera stagione è molto focalizzata sui personaggi e la loro introspezione psicologica, a partire da LaRusso, che non teme di mostrarsi debole e insicuro di fronte alla minaccia di Silver, colui che da ragazzino lo ha ingannato col solo fine di distruggerlo.
D’altro canto, anche Johnny viene preso alla sprovvista da un evento che lo costringerà a cambiare drasticamente il suo stile di vita, ma dal quale non si tira indietro. Siamo davanti a un sensei Lawrence maturo, attento ai bisogni degli altri, che ha imparato a trovare un equilibrio tra la sua indole rude e il mondo esterno. Ma niente paura, non mancheranno momenti in cui lo vedremo comportarsi come siamo stati abituati a vedere in passato. 

Anche il personaggio di Tory, finalmente, in questa stagione viene fortemente approfondito e, se già nell’ultimo episodio avevamo visto la sua lealtà verso il Cobra Kai vacillare, qui assistiamo a una Tory che non agisce più secondo i suoi istinti rabbiosi ma, per la prima volta, facendo autocritica. Segno che anche i ragazzi stanno crescendo, un po’ per l’età, un po’ per le esperienze del passato.
Finalmente vediamo una Tory umanizzata, tanto che a un certo punto entriamo letteralmente nella sua sfera privata, toccando con mano il dramma che sta vivendo. Noi, come Sam, facciamo da spettatori all’inferno che Tory ha intorno a sé; da una semplice inquadratura, senza fronzoli, senza patetismi, ma ricca di forte realismo, scopriamo il suo microcosmo fatto di disordine, pasti in scatola lasciati a metà e una madre da accudire da sola. Un mondo lontano da quello di Sam, in cui quest’ultima viene catapultata, dal quale però non fugge ma impara e forse per la prima volta comprende le ragioni dietro alla violenza di Tory. Se prima avevamo appreso la sua situazione soltanto dalle parole della ragazza, adesso che l’hanno mostrata, anche lo spettatore è in grado di empatizzare con lei; tutto grazie ad una scena semplice, ma potente e carica di drammaticità. 

Tornando a parlare di villain, con questa stagione non ci sono dubbi che Terry Silver sia quello meglio riuscito in quanto a caratterizzazione. Silver si è fatto strada in maniera subdola, prendendo il posto di Kreese illegittimamente, tramando nell’ombra e approfittando delle debolezze dell’ex compagno d’armi. Diversamente da quanto visto nel terzo film di Karate Kid, però, la sua cattiveria non è immotivata e da antagonista senza spessore, Silver acquista nuovo spessore grazie alla scrittura impeccabile degli autori, che gli conferiscono tridimensionalità. Come nel caso di Tory, anche qui lo spettatore capisce il perché delle sue azioni senza, ovviamente, giustificarle. 

Le origini del Cobra Kai

Per la prima volta scopriamo le origini del Cobra Kai, o meglio di questo stile controverso di combattimento, e soprattutto del perché Silver sta facendo di tutto per portarlo alla ribalta.
Un dettaglio non da poco che ancora una volta conferma l’attenzione degli sceneggiatori alla contestualizzazione temporale e alla concordanza degli eventi mostrati nei film. Ogni storia, ogni personaggio che compare nella serie non è mai messo lì per caso, non viene scelto soltanto per fare “effetto nostalgia” ma ha sempre una ragione ben precisa e soprattutto utile allo sviluppo della trama. 

Conclusioni

Cobra Kai intrattiene senza mai eccedere, è bilanciata: divertente, drammatica e all’occorrenza romantica al punto giusto. Stessa cosa vale per le scene d’azione, che non sono mai troppe e spesso servono a spezzare i forti momenti di tensione, diventando catartici.
Cobra Kai è la serie comfort per eccellenza, che arriva al cuore di grandi e meno grandi; una puntata tira l’altra e, come ogni volta, è davvero difficile staccarsi dalla schermo prima di arrivare alla fine. 

Leggi la nostra recensione di Cobra Kai 4!