Cobra Kai – La Recensione della Stagione 3

Disponibile su Netflix la terza stagione di Cobra Kai

Cobra Kai, la serie è arrivata su Netflix

Il 2021 non poteva iniziare nel migliore dei modi se non con il rilascio su Netflix della terza stagione
di Cobra Kai, in anteprima rispetto a quanto inizialmente previsto dal colosso dello streaming. La seconda
stagione ci aveva lasciato, infatti, con un grosso cliffhanger e tutti i fan della serie stavano fremendo
per sapere come sarebbe andata a finire. Fortunatamente, l’attesa non è stata vana e anche stavolta
i nuovi episodi di Cobra Kai si sono dimostrati all’altezza delle aspettetive, nonostante qualche
difettuccio.

Ricordiamo che Cobra Kai è la serie spin-off del film Karate Kid, uscito originariamente nel 1984, e
vede tra i protagonisti, ancora una volta, Daniel LaRusso (Ralph Macchio) e Johnny Lawrence
(William Zabka). In Cobra Kai, diversamente da quanto visto nei film di Karate Kid, la storia è
incentrata su Johnny Lawrence, l’eterno rivale di Daniel LaRusso, uscito sconfitto dal torneo dell’All
Valley. Al verde, alcolizzato e senza prospettive, con una ex moglie e un figlio con cui non ha mai
avuto un rapporto, Johnny non riesce ad accettare che LaRusso abbia avuto una vita perfetta.

Nel caos della sua esistenza però, Johnny si imbatte in Miguel, un ragazzino bullizzato dai suoi
compagni di scuola, che lo spinge a rimettere in piedi il vecchio dojo del quale faceva parte, il Cobra
Kai, con l’intenzione di riscattare se stesso in quanto figura autorevole e quella di insegnare a Miguel
di farsi rispettare, se necessario, proprio grazie al karate.

Cobra Kai, tra bullismo e introspezione psicologica

Nella terza stagione di Cobra Kai tornano i temi tanto cari alla serie, come il bullismo, il rapporto
genitori/figli e il ribaltamento della prospettiva dei personaggi. Per quanto riguarda il bullismo, non
solo ci viene mostrato il mondo dagli occhi di un bullo, facendoci comprendere – senza mai però
giustificare – i motivi di certi gesti e del perché alcuni ragazzi diventano così. Ma ci fa vedere quanto
questa problematica possa essere devastante per le persone che la subiscono, proiettandoci nella
sofferenza provata dai ragazzini vittime di violenza, spingendoci a farci capire la loro rabbia e il loro
desiderio di riscatto e vendetta.

Per la prima volta in una serie con al centro degli adolescenti, vediamo il tema del bullismo vissuto
da entrambi i punti di vista, motivo per cui lo spettatore riesce a immedesimarsi e empatizzare con i
protagonisti, senza giudicare le azioni che compiono in modo superficiale. La lezione fondamentale
che Cobra Kai ci impartisce è che, dietro ad un bullo, c’è sempre un altro bullo, a prescindere dal
fatto che siano motivi giusti dietro azioni sbagliate.

Questo perché la serie, con i personaggi della storia, dagli adulti, ai ragazzi ci insegna a non pensare in
maniera schematica; cioè non che sia tutto bianco o tutto nero, ma ci siano tante sfumature di
grigio. E ciò lo si vede persino nel villain per eccellenza, John Kreese, approfondito in
maniera perfetta in questa stagione, facendoci comprendere le ragioni della sua cattiveria. Dagli
strascichi che ancora si porta dalla guerra in Vietnam e la sindrome da stress post-traumatico.

Infine, come citato all’inizio di questo paragrafo, la serie dà un ritratto estremamente brillante del
rapporto genitori/figli, e più in generale di quello adulti/ragazzi. A differenza da quanto visto altre
volte, qui i più grandi cercano un dialogo costante con i più giovani, mettendosi nei loro panni,
alleandosi con loro all’occorrenza, ma rimando sempre autorevoli nel loro ruolo. In questo senso, fa
molto riflettere l’importanza che hanno gli insegnanti e la serie ci mostra come loro
possano influenzare positivamente (o negativamente) il proprio allievo, soprattutto se hanno a che
fare con soggetti fragili.

La narrazione

La terza stagione di Cobra Kai scorre bene ed è avvincente al punto che il binge watching diventa
inevitabile. Certo, non mancano alcune puntate di transizione, ma sono necessarie a far respirare la
storia, a far ritrovare nello spettatore più maturo quei vibe anni ‘80 – grazie ai tanti riferimenti ai film
– che tanto avevano amato. Inutile negarlo, Cobra Kai strizza l’occhio ai fan della vecchia trilogia
cinematografica, ma non arriva mai a fare fan service in maniera fine a se stessa. Il tutto, insomma,
risulta piacevole.

Anche la prevedibilità di quello che succede nei nuovi episodi non è fastidiosa, perché è studiata in
modo tale che chi li guarda tragga appagamento dall’esito degli stessi. È proprio la struttura
dello show televisivo che ti porta a tifare per determinati personaggi e sulle loro sorti, per questo
una soluzione diversa sarebbe risultata deludente.

Conclusioni

Concludendo, Cobra Kai si conferma un’ottima serie per adolescenti, e non solo. Un progetto
realizzato con il cuore, in cui anche i difetti passato in secondo piano, perché la qualità rimane
sempre molto alta. Una serie blockbuster? Forse. Una terza stagione meno politically correct delle
precedenti? Anche. Scazzottate esagerate? Pure. Ma la magia di Cobra Kai è quella di riuscire a farti
immergere completamente nella storia, divertendo e facendo riflettere e – perché no – commuovere
sempre in modo brillante.